Elisabetta Sgarbi si sdoppia per raccontare la Resistenza

Michela Cescon è interprete di due lavori dell'autrice: il documentario Quando i tedeschi non sapevano nuotare e il film Racconti d'amore, entrambi a Cinemaxxi


Per ricordare l’eccidio del castello di Ferrara, avvenuto il 15 novembre del ’43 e rievocato da Giorgio Bassani e da Florestano Vancini (La lunga notte del ’43), Rai Cinema aveva chiesto a Elisabetta Sgarbi di realizzare un documentario. Ma quel progetto ha preso poi ben altre strade, si è “gonfiato, dando vita addirittura un dittico, ora ospitato in Cinemaxxi al Festival di Roma. Non solo il documentario Quando i tedeschi non sapevano nuotare, ma anche un film di (quasi) finzione, Racconti d’amore, che dell’altro lavoro riprende i luoghi, le atmosfere, il Po, gli echi letterari (in particolare Giorgio Bassani), le scelte musicali, affidate al talento evocativo di Franco Battiato, e che dà della Resistenza una visione poetica e antiretorica.
Direttore editoriale della Bompiani e animatrice di un originale festival di letteratura, musica, cinema e scienza come la Milanesiana, Betty Wrong (così ama farsi chiamare), è autrice di decine di lavori audiovisivi a partire dal ’99, ma è la prima volta che sconfina nella narrazione vera e propria. “In ogni documentario c’era questa vocazione a creare una storia e via via mi prendeva la mano. In particolare nel recente Il viaggio della signorina Vila ho sentito l’esigenza di partire dal Carso per raccontare Trieste e poi quando Rai Cinema mi ha commissionato quel lavoro sulla Resistenza ho concepito anche un film di fiction alla mia maniera”. In Racconti d’amore – che sarà distribuito da Istituto Luce Cinecittà – quattro narrazioni si susseguono con una forte unità di luogo, un luogo che per lei è “il centro del mondo, poetico anche nella sua desolazione”. Attraverso testi letterari scritti ad hoc da Sergio Claudio Perroni, Fausta Garavini e Tony Laudadio oltre al capolavoro di Giorgio Bassani quella pianura fluviale ci appare abitata da un senso di morte palpabile anche nel racconto degli amori.
Ed è proprio la rievocazione de Il giardino dei Finzi Contini la parte più riuscita con il fantasma di Micol che riemerge dalle nebbie ferraresi, tra alte mura di cinta e il cimitero ebraico, grazie a Elena Radonicich, mentre pagine del romanzo, già portato al cinema da Vittorio De Sica, vengono lette da Toni Servillo. L’attrice torinese, di recente vista nella fiction su Olivetti oltre che nel film di Alina Marazzi Tutto mi parla di te, si affida a una regia che definisce lei stessa “onirica”. “Non avevo testo, ero muta, quindi dovevo immergermi in una circostanza, un’emozione. Ma, essendo torinese, la nebbia mi è sorella, e sono affezionata ai Finzi Contini per ragioni personali”.
Nel secondo episodio (da un testo di Fausta Garavini) un fuggiasco è portato in salvo da due staffette lungo il Delta (con Sabrina Colle, Rosalinda Celentano, Tony Laudadio e Anna Oliviero), nel quarto, scritto da Tony Laudadio, un pescatore di Pila coltiva l’illusione che la donna più bella del villaggio, sposata con un altro, stia per cedergli (con Tony Laudadio, Anna Oliviero e Maurizio Giberti). Laura Morante introduce invece il primo episodio, il più vicino alla fiction, nei panni di una figlia ormai adulta che passeggia sul delta e intanto ripensa alla storia d’amore e di morte dei suoi genitori. A cui danno poi vita Michela Cescon e Andrea Renzi, amanti nei giorni dell’occupazione, traditi da una ragazza del villaggio che preferisce salvare trenta tedeschi da un attentato a costo della vita di otto partigiani. Il testo, di Perroni, dà coraggiosamente conto delle ragioni di un tradimento: “Voglio far riflettere. Del resto bisogna sempre calarsi nella psicologia del personaggio e chiunque, quando gli viene rinfacciata una colpa, cerca giustificazione, come facciamo da bambini. Quella donna ha denunciato 8 partigiani per salvare 30 nazisti, e dal suo punto di vista è una spiegazione sostenibile”. Per Michela Cescon, che aveva già incrociato lo scrittore per la Leonilde teatrale (il monologo sulla figura della Iotti scritto proprio da Perroni), questo autore “ha uno stile personale, anomalo, ma sento che mi appartiene. Le sue parole entrano nelle mie mani e mi arrivano fino alle unghie, così come i luoghi del Polesine mi sono rimasti dentro con la nebbia e i paesaggi lunari”, dice l’attrice di Romanzo di una strage.
E Michela Cescon è anche la voce recitante (con i testi di Lina Merlin) di Quando i tedeschi non sapevano nuotare. “Nonostante l’ultimo episodio di Paisà di Roberto Rossellini e i racconti di Giorgio Bassani, la Resistenza nel Basso Ferrarese e nel Polesine è stata poco frequentata. Invece anche qui ha avuto i suoi martiri e i suoi eroi, anche qui ha generato ferite e memorie”, dice Elisabetta Sgarbi. Ecco allora che il film raccoglie episodi e testimonianze. L’episodio avvenuto il 18 febbraio del ’45, quando duecento donne arrivarono alla spicciolata dalle campagne ferraresi, senza conoscersi, senza essersi organizzate, raggiunsero la piazza nascondendo manifesti sotto i vestiti e liberarono il Comune di Bondeno. O il vigliacco assassinio di Ludovico Ticchioni, ragazzo ferrarese di 17 anni. O le testimonianze di chi ha visto i tedeschi annegare a migliaia nelle acque del Po, da cui il film prende il titolo suggestivo. “Ho voluto raccontare al cinema alcuni episodi eroici e meno eroici – dice ancora la regista – cercando di raccogliere le testimonianze degli ultimi partigiani ancora in vita, Lidia, Velia, Emilio, che ricordano le missioni segrete, le staffette, la paura e la morte che convivevano con la scoperta dei primi amori e del ballo – il fox trot, il quick step e lo slow foot. Ma poi anche di alcuni storici, dei registi che hanno parlato di questi temi come Ermanno Olmi e Bertolucci. E di testimoni del tempo, come mio padre, Giuseppe Sgarbi, che con il mulino di famiglia, a Stienta, ha aiutato molte famiglie a sopravvivere in quei mesi difficili”. 

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