Edoardo Leo: “Mia, meraviglioso artisticamente, devastante psicologicamente”

Il film di Ivano De Matteo “è stata una riunione con i miei figli”. La protagonista è la debuttante Greta Gasbarri, accanto a lei anche Milena Mancini, nel ruolo della mamma. Il film in sala dal 6/4


BARI – “…tanto lei è mia, non è più tua”. Il senso del possesso, il senso deviato della “proprietà”, soprattutto considerato che si tratti di un essere umano, Mia appunto – la debuttante Greta Gasbarri, particolarmente in parte in questo suo primo e delicatissimo ruolo, per cui è stata scelta da Ivano De Matteo, regista del film, scritto con la sceneggiatrice – e sua compagna – Valentina Ferlan. “È stato scritto quasi con i protagonisti – gli adolescenti – perché li abbiamo dentro casa: con Valentina c’è stata una fase di riunione con i nostri figli – ne abbiamo una di 16 e uno di 21 anni -, necessari anche per il linguaggio – “…m’ha pisciato … sottona”. Da genitore non potevo addentrarmi in un mondo che non conosco a fondo, mi sono avvicinato in punta di piedi, senza dare risposte ma anzi continuando a farmi domande. È un film sull’incomunicabilità”, spiega De Matteo, che annuncia: “ci saranno delle proiezioni con 90 ragazzi in una sala, e i genitori nell’altra accanto, che poi si riuniranno con una psicologa e parleranno. Per il film, ho parlato con psicologi e con un giudice, abbiamo cercato di fare un affresco”.

“Non ho una figlia, ho un alieno dentro casa”, così Sergio (Edoardo Leo), infermiere che conduce le autoambulanze, parla della figlia Mia, adolescente verso cui nutre un denso senso di protezione, ma al contempo con cui si destreggia un po’ goffamente. Valeria, invece, la mamma – interpretata da Milena Mancini –, seppur anche lei faccia i conti con l’adolescenza della figlia, si mostra più pragmatica e comunque più abile nel destreggiarsi tra gli equilibri famigliari, facendo da ago della bilancia tra padre e figlia, in ogni caso fotografia di una famiglia affiatata, affettuosa, presente reciprocamente.

Per Leo, “Sergio è un po’ più simile a come era mio padre, piuttosto che come sono io come genitore, ma quando stai su un set così… pensi poco a te stesso, sei in un processo in cui non hai tempo per riflettere sul tuo stato. Con Ivano devi entrare nel suo modo di leggere i sentimenti, perché se non gli stai dietro ti porta a un livello di esasperazione psicologica e fisica: il problema non è recitare le battute ma entrare nel suo mondo, così m’era capitato solo con Özpetek. È stato meraviglioso artisticamente ma devastante psicologicamente: arrivavo a casa la sera svuotato, ma ho riprovato la fatica di recitare, che è proprio bella”.

L’adolescenza, si sa, è spesso anche la stagione in cui sboccia ingenuo il senso dell’amore, così succede a Mia, che s’invaghisce candidamente di Marco (Riccardo Mandolini), poco più grande di lei, ma decisamente saldo – secondo i suoi canoni – sul terreno della vita, che morde, aggredisce, pur con i suoi momenti di silenzio e sguardo laterali a un presente più lieve, quello appunto di Mia, che lui – in un crescendo inquietante – segue, avvicina, controlla, rimprovera, isola, e fa propria giocando, consapevolmente, sul confine tra la sua inesperienza e il suo imbarazzo di non voler sembrare una bambina.

Mia, però, se sulle prime brilla per le attenzioni di Marco, man mano “si spegne”, finché i riflettori di una chat non accendono su di lei un pericolosissimo faro d’attenzione non cercata: la diffusione a macchia d’olio di una sua fotografia nuda, scattata e diffusa dal ragazzo, è il primo passo su un precipitosissimo crinale allo sprofondo.

Rispetto al complesso della sua cinematografica, Mia per De Matteo “s’inserisce nel contesto famigliare, volevo avvicinarmi a Gli equilibristi come sapore. Qui, ci toccava la tematica della paura, da genitori, tanto che è stato il primo film scritto da genitore prima che da sceneggiatore: ho avuto grossi dubbi sul finale, come su certe altre dinamiche. Volevamo fare un film d’amore, anche quello della figlia verso il padre, suo primo grande amore, e primo tradimento, perché inevitabilmente lei sceglie prima o poi un altro uomo. Poi, quello che accade nel film è l’impotenza e quello che fa Sergio è strampalato, può solo peggiorare la situazione”, continua il regista.

La morbosità di Marco aveva angosciato Sergio, non meno Valeria, ma l’episodio che innesca l’avvicinamento al culmine conduce il papà a cercare dapprima un dialogo col giovane, chiedendo di ritirare la foto della figlia: la tensione sale, paralleli corrono, s’intersecano, e esplodono i destini della figlia, così del padre, in un crescendo in cui De Matteo sceglie un punto di vista della giustizia, quello che mette alla gogna il padre: “Di fatto, lui – Sergio – il reato lo fa. Quello del ragazzo è ancor più delicato ma noi non l’abbiamo affrontato perché semmai è l’incipit di un altro film. Il personaggio di Marco non è un cliché del cattivo, noi giochiamo sul ‘sottile’: c’è qualcosa… una sopraffazione ma psicologica e infine la giustizia è tecnica, spesso non va a capire…“ e la giustizia, nel suo tecnicismo, condanna Sergio, una condanna “scritta da un vero giudice, Claudio Politi, della prima sezione penale del Tribunale di piazzale Clodio a Roma, e letta da lui. C’è quindi anche il tema della giustizia nel film, sì, e potrebbe appunto aprire un altro film, ma per noi adesso finiva là”.

Mia, in anteprima al Bif&st 2023, esce in sala dal 6 aprile con 01 Distribution.

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