Era ora. Potrebbe necessitare un punto esclamativo per tonare più efficace, ma può funzionare anche quasi fosse uno sbuffo laconico. Le sfumature dell’ironia, insomma, sono intrinseche già nel titolo, non senza quella che andranno a scoprirsi, trama facendo, della tenerezza e, perché no, anche della malinconia.
Il tempo è il protagonista di questa commedia diretta da Alessandro Aronadio: storia di Dante (Edoardo Leo) – (prima) fidanzato di Federica, (poi) della naïf Alice (Barbara Ronchi), scambiata per quella in carica causa un abito identico – assicuratore, tipo sempre iper-impegnato, sempre iper-in ritardo, sempre nella perenne sensazione che lo svolgersi della vita gli sfugga di mano.
Nell’evocare trame come quella di Long Story Short – da cui Era ora è espressamente tratto – o Ricomincio da capo, qui il tempo però non porta indietro ma in avanti di un anno alla volta, per 9 di seguito, senza però che Dante conosca gli accadimenti dell’intermezzo. Così le prospettive sono sempre imprevedibili, la montagna russa delle note della commedia e del “dramma” è sempre pronta a scendere e salire, costruendo una suspence dalle tonalità lievi.
“È stato un processo di riscrittura abbastanza brutale, fatta insieme a Renato Sannio. L’idea del remake non mi vedeva così d’accordo, ma di Long Story Short mi interessava il salto nel tempo, e il tentativo era di farlo in maniera diversa. Ho proposto ai produttori la follia di riscrivere. L’idea era anche trovare una chiave originale”, spiega Aronadio.
Per Carlo Degli Esposti, produttore per Palomar: “non c’è stato alcun problema a concedere la riscrittura, soprattutto per la capacità di Aronadio di scrivere una storia sullo scorrere del tempo, qualcosa di fondamentale come centro in questo particolare momento storico”.
Dante compie il suo 40° compleanno – il 26 ottobre 2010, come appuntato sul post-it del calendario di Alice, con tanto di molletta a cuoricino – e tra un rum super invecchiato originario delle Barbados e una pianta di orchidee, Dante e Alice fanno l’amore, giocando “di ruolo” con lei abbigliata come un’elfa di 2700 anni de Il signore degli Anelli, finché lui s’addormenta e si risveglia lo stesso giorno del suo compleanno ma… del 2011, poi del 2012 e così via.
La scelta degli interpreti, spiega l’autore, nasce dal fatto che “provare a utilizzare questo tono richiede attori che abbiano una variante di colori molto ampia. Di Edoardo conosco bene le sue potenzialità; mentre Barbara la conoscevo più come interprete drammatica, ma non per il suo lato più da commedia: nel primo incontro, dopo 6 secondi, lei s’è versata il caffè addosso, è stata buffa, goffa, e lì ho colto ci fosse tutta Alice”.
Per Leo: “non capita spesso di leggere sceneggiature che facciano porre delle domande. Qui c’è un archetipo narrativo, il tempo, su cui il cinema s’è sempre interrogato e a me questo bastava per fare il film. E poi sapevo Alessandro l’avrebbe fatta diventare una riflessione sul profondo contemporaneo, non una commedia slapstick superficiale”.
Mentre per Ronchi: “Il tempo che lei, Alice, concede si rende conto non sia ricambiato: lei è una persona che attende, finché decide di mettere un freno al tempo che dà a un’altra persona; si tratta della consapevolezza, nella coppia, di una persona che decide di prendersi cura di sé”.I
Il film è una commedia, seppur abbia anche un fondo drammatico, perché perdere il tempo della propria vita è drammatico – perdere gli istanti del diventare padre e partecipare alla crescita di tua figlia; perdere la soddisfazione di un’importante promozione sul lavoro: “ci sono solo due giorni all’anno in cui non si può fare niente: uno si chiama ieri e l’altro domani”, riferisce a Dante il personaggio interpretato da Raz Degan citando il Dalai Lama, finché…“oggi è domani”, 27 ottobre 2019, per Dante “ma non basta un giorno all’anno per essere diverso”, gli fa notare Alice, ma per lui “c’è ancora tempo”…
“Una commedia deve partire dal dolore, e siamo partiti da questo ingrediente: la commedia ci permette di esorcizzare e noi italiani sappiamo trasformare tragedia in commedia. Sicuramente volevamo provare a esorcizzare paure personali ma anche comuni; la sfida del film era partire da una storia fantastica, cosa da far però dimenticare allo spettatore, che invece si accorge e riflette sul tempo, di come scorra troppo velocemente”, continua il regista.
Questione su cui Leo aggiunge: “la chiave che ci ha dato Alessandro è stata ‘vivetelo come un horror’, cosa che genera le risate nello spettatore”.
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