Easy Living, vite al confine

Sono i migranti di Ventimiglia i veri protagonisti della commedia Easy Living, esordio al lungometraggio dei fratelli Orso e Peter Miyakawa


TORINO – Si intrecciano sulla linea di confine, fisica e mentale, che separa l’Italia dalla Francia, le storie dei protagonisti di Easy Living (quella “vita facile” che, poi, sempre così facile non è), esordio al lungometraggio dei fratelli Orso e Peter Miyakawa, commedia a tratti malinconica presentata al Torino Film Festival (Festa Mobile) e nelle sale dal 24 settembre con I Wonder Pictures e Unipol Biografilm Collection. Un racconto di formazione che si svolge in un punto di frontiera, tra la francese Mentone e l’italiana Ventimiglia, che negli ultimi anni si è completamente trasformato, passando da posto sonnolento e deserto adiacente a più famose località di villeggiatura, a punto di tensione e controllo militare, nonché spazio irreale di attesa per centinaia di migranti che si accalcano e rimangono lì anche per mesi, nella speranza di trovare il modo di arrivare in Francia. Sono proprio i migranti di Ventimiglia i veri protagonisti del film, rappresentati da Elvis, clandestino bloccato in Italia, che passa le giornate guardando l’orizzonte francese, con occhiali da sole da figo e la speranza di passare il confine e raggiungere la moglie incinta a Parigi. “Questo film è nato in un baracchino di caramelle – racconta Peter Miyakawa -. Io e Orso ci siamo guardati e ci siamo detti: facciamo un film su qualcosa che ci tocca da vicino. Abbiamo così deciso di girarlo in un posto dove abbiamo passato le vacanze da piccoli. Il modo migliore per farlo – continua il regista – è stato usare nostro fratello Brando, che era come noi quando eravamo piccoli. Negli ultimi anni abbiamo visto cambiare Ventimiglia, ora è tornata davvero ad essere una frontiera. Non solo, è piena di migranti fermi ad aspettare”.

Per una serie di circostanze la vita di Elvis si intreccia a quella di un quattordicenne, Brando (interpretato dal fratello minore dei registi), che vive a Milano sballottolato a destra e a manca dai membri di una famiglia sconclusionata, la sua sorellastra Camilla, cui è stato affidato per qualche giorno (una studentessa universitaria che contrabbanda alcol, medicine e sigarette sul confine franco-italiano), e un bizzarro maestro di tennis americano, Don, scappato dalla sua famiglia asfissiante, che lo voleva campione sportivo, mentre lui sogna di fare il pittore. Tutti insieme, spinti dall’entusiasmo del piccolo Brando, organizzano un piano rocambolesco per aiutare Elvis a varcare il confine, non tanto per compassione quanto per amicizia, in una commedia malinconica intrisa di avventura e gentilezza. 

“Brando è la lente un po’ ingenua, spontanea e innocente, attraverso la quale viene filtrata la trama della storia – sottolineano i registi – Abbiamo notato spesso, in questi anni carichi di conflitti ideologici, come i film che trattano il tema dell’immigrazione clandestina siano quasi sempre intrisi di dramma, tragedia, accuse e sensi di colpa. Indubbiamente, tutto questo può essere utile a rappresentare il dolore e la difficoltà nella quale versano queste vite. Non sempre, però, giocare sui sensi di colpa di chi guarda aiuta a creare empatia. Anzi, spesso finisce per allontanare il pubblico dal soggetto. Nel nostro film abbiamo provato ad approcciare il tema dell’immigrazione in maniera leggermente diversa”. 

“La volontà era quella di evitare un approccio documentaristico, cosa che ci sembrava presuntuosa-  aggiungono infine Orso & Peter Miyakawa – e concentrarci invece su una singola storia, senza dare lezioni ma, al contrario, ambientandola in un’atmosfera da favola, in una Ventimiglia quasi immaginaria”.

 

 

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