Dopo la fuga di Paul Atreides nel vasto deserto di Arrakis insieme a sua madre Lady Jessica e ai Fremen, seguita alla morte del duca Leto Atreides e alla riconquista di Dune dagli Harkonnen, il nuovo giovane duca si propone di vendicarsi e organizzare una guerra contro il perfido barone Vladimir Harkonnen. Questa guerra avrà come conseguenza diretta lo scontro con l’imperatore Shaddam IV della casa Corrino, che ha collaborato con il barone per distruggere la famiglia Atreides. Durante questo periodo, Paul rafforzerà il suo legame con Chani, incontrerà la principessa Irulan Corrino, figlia dell’imperatore, e approfondirà la sua comprensione dello spirito del deserto, seguendo la sua strada come il “Mahdi“, il messia profetizzato dalla popolazione locale e il Kwisatz Haderach, desiderato dalle sorelle Bene Gesserit. La guerra di vendetta condurrà Paul verso il futuro preconizzato nelle sue visioni.
In sala il 28 febbraio con Warner l’attesissimo Dune – parte 2 di Denis Villeneuve, basato sulla seconda parte del primo romanzo di Frank Herbert sul ciclo di Arrakis.
Girato a Budapest, Abu Dhabi, in Giordania e in Italia, il film vede confermato il cast corale del precedente episodio che rivede protagonista Timothée Chalametaffiancato di nuovo da Rebecca Ferguson, Zendaya, Josh Brolin, Stellan Skarsgård, Dave Bautista, Charlotte Rampling e Javier Bardem e l’inserimento per i nuovi di personaggi di Christopher Walken, Florence Pugh, Austin Butler, Léa Seydoux e Souheila Yacoub.
“La prima parte è un film contemplativo, mentre la seconda parte è un film di guerra epico e infarcito d’azione”, ha detto il regista, ed è vero.
Se il primo film pagava lo scotto di dover tradurre in pellicola la complessa struttura descrittiva del romanzo, molto basata su descrizioni fanta-etnografiche e geopolitica, questo riesce a decollare più facilmente, complice anche l’eccellente messa in scena, con scene d’azione di alto livello, come la memorabile cavalcata del verme delle sabbie, i ben coreografati combattimenti e la battaglia finale.
Ora si può ufficialmente dire che Villeneuve riesce dove avevano fallito prima Jodorowsky – che avrebbe dovuto realizzarlo dopo La montagna sacra, come colosso di dieci ore che avrebbe visto la partecipazione anche di Salvador Dalì e David Carradine, ma che ovviamente è caduto sotto il peso delle sue stesse ambizioni – e poi David Lynch, che riuscì a farlo uscire negli anni ’80 (con Sting e Kyle MacLachlan) in una versione accettabile come fanta-action ma sicuramente poco attinente alla complessa narrativa herbertiana.
A livello di curiosità c’è da dire che in questa seconda parte emerge più forte che mai l’influenza che ha avuto Dune– grazie anche al progetto abortito di Jodorowsky, finito su tutte le scrivanie dei maggiori produttori del tempo – sull’immaginario collettivo e sul cinema di fantascienza in particolare. Si pensi alle somiglianze molteplici con Star Wars, dal pianeta desertico alla similitudine del Barone Harkonnen con Jabba The Hutt.
“È molto più denso. Siamo andati in nuove location. Non volevo lasciasse una sensazione di ripetitività. Sono tutti set nuovi. Tutto è nuovo”, ha dichiarato Villeneuve ribadendo l’interesse per una trasposizione del secondo romanzo, Il Messia di Dune, e per una serie spin-off.
Che probabilmente arriveranno presto, vista l’ottima ricezione critica di questa produzione.
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