VENEZIA. Ci sono due sedie lasciate simbolicamente “vuote” nella giuria di Venezia 71: una per la regista iraniana Mahnaz Mohammadi e l’altra per il regista ucraino Oleg Sentsov, entrambi al momento in carcere, la prima in Iran e il secondo in Russia mentre stava lavorando al suo secondo film, Rhino.
Il direttore Alberto Barbera, nella tradizionale conferenza stampa d’apertura della Mostra, sottolinea come la sedia vuota sia un evento che conosce una “frequenza inquietante”, riferendosi indirettamente alle vicende di un altro autore iraniano, Jafar Panahi.
La Mohammadi che lotta per il riconoscimento dei diritti delle donne nel suo paese, è stata arrestata il 7 giugno scorso per la quarta volta dal 2007. E’ stata condannata prima a 5 anni di prigione, diventati successivamente 7, con l’accusa di aver messo in pericolo la sicurezza nazionale e per propaganda contro il governo iraniano. La Société des Réalisateurs de Films ha promosso una petizione firmata da registi di tutto il mondo tra cui Asghar Farhadi e Xavier Dolan.
Sentsov è stato arrestato lo scorso 11 maggio dai servizi di sicurezza russi con l’accusa di atti terroristici ed è detenuto in attesa del processo. Nonostante un appello promosso dalla European Film Academy firmato tra gli altri da Roberto Benigni, Pedro Almodovar, Mike Leigh e Ken Loach, a Sentsov è stato negato il rilascio su cauzione e rimarrà in carcere fino al processo previsto a ottobre. Il regista si era pubblicamente opposto all’annessione della Crimea da parte della Russia. Barbera si augura che le due petizioni internazionali vengano presto unificate.
Venendo alle giurie il direttore della Mostra ricorda invece l’importanza dell’altro concorso, Orizzonti, guidato dalla regista di Hong Kong Ann Hui, che “non è il concorso di serie B”. E ricorda anche la giuria della sezione ‘Classici’, composta da 27 laureandi italiani in Storia e critica del cinema che, consigliati dall’autorevolezza di Giuliano Montaldo, sceglieranno il film restaurato che, a distanza di anni, evidenzia tuttora forza espressiva.
Mostra stupore e un po’ di fastidio a chi gli ricorda che per la prima volta un compositore guida la giuria del Concorso Venezia 71 il musicista Alexandre Desplat: “Mi auguro che la scelta si ripeta in futuro, del resto Morricone o a Rota, che hanno lavorato per tanti registi importanti, sono artisti di cinema di grande livello”. Come valuterà i film? In modo esigente e nel contempo benevolo, “spero di divertirmi e di scoprire nuovi mondi che ci vengono offerti da punti di vista diversi, potenti e originali. Del resto la ragione d’essere dei festival è quella di scoprire oggetti nuovi”.
Barbera racconta come non sia facile il compito di direttore di un festival in un panorama cinematografico mutato e non ancora consolidato dopo la rivoluzione digitale che ha trasformato distribuzione e marketing. “I festival non sono più la prima opzione per promuovere un’opera, vedi il caso degli ultimi due lavori di Christopher Nolan e Tim Burton che hanno scelto l’uscita diretta in sala senza il passaggio in un grande festival. Il mercato della sala si va rimpicciolendo, ma non diminuisce il consumo di cinema che verrà sempre più visto su altre piattaforme”. Quanto alla conflittualità permanente tra festival, con la corsa alle anteprime mondiali, Barbera è convinto che questa inutile competizione non interessi nessuno: “Mi chiamo fuori da questa logica, la nostra missione è un’altra, quella di sostenere il lavoro dei cineasti e il buon cinema”.
Il presidente della Biennale Paolo Baratta ricorda infine che il rinnovo della sala Darsena è un nuovo capitolo della programmata rinascita delle sale storiche della Mostra che in questa edizione vede quasi 1800 giornalisti italiani accreditati e più di 1200 stranieri. Ricorda infine anche che la Biennale Architettura propone una ‘sezione’ dedicata al cinema con oltre 80 schermi che presentano tracce della storia del nostro cinema.
"Una pellicola schietta e a tratti brutale - si legge nella motivazione - che proietta lo spettatore in un dramma spesso ignorato: quello dei bambini soldato, derubati della propria infanzia e umanità"
"Non è assolutamente un mio pensiero che non ci si possa permettere in Italia due grandi Festival Internazionali come quelli di Venezia e di Roma. Anzi credo proprio che la moltiplicazione porti a un arricchimento. Ma è chiaro che una riflessione sulla valorizzazione e sulla diversa caratterizzazione degli appuntamenti cinematografici internazionali in Italia sia doverosa. È necessario fare sistema ed esprimere quali sono le necessità di settore al fine di valorizzare il cinema a livello internazionale"
“Non possiamo permetterci di far morire Venezia. E mi chiedo se possiamo davvero permetterci due grandi festival internazionali in Italia. Non ce l’ho con il Festival di Roma, a cui auguro ogni bene, ma una riflessione è d’obbligo”. Francesca Cima lancia la provocazione. L’occasione è il tradizionale dibattito organizzato dal Sncci alla Casa del Cinema. A metà strada tra la 71° Mostra, che si è conclusa da poche settimane, e il 9° Festival di Roma, che proprio lunedì prossimo annuncerà il suo programma all'Auditorium, gli addetti ai lavori lasciano trapelare un certo pessimismo. Stemperato solo dalla indubbia soddisfazione degli autori, da Francesco Munzi e Saverio Costanzo a Ivano De Matteo, che al Lido hanno trovato un ottimo trampolino
Una precisazione di Francesca Cima
I due registi tra i protagonisti della 71a Mostra che prenderanno parte al dibattito organizzato dai critici alla Casa del Cinema il 25 settembre