CANNES – Ben venticinque anni di gestazione, costellati di imprevisti e catastrofi varie che hanno obbligato il regista a modificare copione e interpreti innumerevoli volte. Alla fine, pero’, nonostante gli ostacoli dell’ultimo minuto – le minacce legali del produttore Paulo Branco e l’ictus che qualche giorno fa ha colpito lo stesso regista – Terry Gilliam ha potuto vivere il compimento del sogno artistico di una vita venendo a presentare il suo The Man Who Killed Don Quixote al Festival di Cannes, che l’ha scelto come titolo di chiusura.
Gli spettatori dell’unica proiezione, stracolma, in Sala Bazin, avevano il fiato sospeso e vivevano un’emozione palpabile all’idea di assistere al capitolo finale – e risolutivo – della storia leggendaria del film “maledetto”, su cui tra l’altro, nel 2000, fu girato il bellissimo documentario Lost in La Mancha. Prima di entrare nel mondo magico di Gilliam, pero’, compaiono due cartelli. Uno avvisa che “questa proiezione non pregiudica in niente i diritti del produttore Paulo Branco…”, l’altro annuncia “E ora, dopo 25 anni di fare e disfare”… ecco finalmente The Man Who Killed Don Quixote.
Un film nel film nel film che esplora con approccio frenetico e divertito l’idea che si debba sempre cercare di realizzare i propri sogni fino in fondo, a ogni costo, ma che ricorda anche come un film possa distruggerti la vita. Protagonista della storia e’ Toby (Adam Driver), regista americano di successo, capriccioso e arrogante che sta girando uno spot ispirato al Don Chisciotte in Spagna. Proprio da quelle parti, dieci anni prima, Toby aveva realizzato il suo film di diploma sullo stesso tema, usando come protagonisti un anziano calzolaio di paese (Jonathan Price) e la giovane figlia dell’oste (Joana Ribeiro). Finira’ per ritrovarli e vedersi catapultare in una folle cavalcata tra passato e presente, tra accampamenti di immigrati clandestini e castelli di oligarchi russi, tra finzione e vita vera, in cui e’ facile veder riflessa la tragicomica avventura dello stesso Gilliam.
Il mitico regista di Brazil e’ infatti, a suo modo, un artista che lotta contro i mulini a vento di un mondo in cui i produttori sono alla merce’ di ricchi industriali e dove le persone del “popolo” vengono sfruttate e poi buttate via dal meccanismo spietato dello showbiz. Con The Man Who Killed Don Quixote e’ come se un cavaliere senza macchia e senza paura che si rifiuta di tracciare confini tra realta’ e fantasia cerchi di attirare la nostra attenzione sia dallo schermo e che al di fuori di esso, incastrato com’e’ in un sogno cinematografico ormai diventato anacronistico e impossibile.
“Don Chisciotte e’ una delle piu’ grandi icone esistenti – ha ricordato Gilliam in conferenza stampa – un personaggio che ti mette di fronte al fatto che sogno e realta’ convivono. Come si puo’ non farci un film? E’ una storia troppo divertente, e che dice molto della societa’”. Ora che la sua ossessione e’ stata portata a compimento, il 77enne regista americano naturalizzato britannico che inizio’ coi Monty Python spiega che il progetto “E’ cambiato molto nel corso di questi anni, ed e’ migliorato”. E si dice convinto che ci sia “molto bisogno di tanti Don Chisciotte, che sono piu’ reali e credibili delle dozzine di supereroi che vediamo al cinema di questi tempi. La realta’ e l’umanita’ di cui e’ capace il personaggio di Cervantes, pur senza avere superpoteri, e’ molto piu’ interessante”. Ora il regista, il cui film esce nelle sale oggi in Francia e presto in molti altri paesi, non ha piu’ davanti a se’ l’impresa impossibile che lo ha accompagnato per gli ultimi 25 anni e, dice, non sa cosa fara’: “Non ho idea di quale sara’ il mio prossimo film. E’ triste che ci voglia cosi’ tanto tempo… posso solo pensare alla morte”, ha concluso ridendo.
Nel team dei selezionatori troviamo l'italiano Paolo Bertolin, già attivo come consulente della Mostra di Venezia, insieme a Anne Delseth, Claire Diao, Valentina Novati e Morgan Pokée.
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