Do Ut Des, prodotto da Marco Gaudenzi, Pierpaolo Marcelli e Giovanni De Micco in collaborazione con Flat Parioli e TNM Produzioni è attualmente in sala.
Diretto da Dario Germani e Monica Carpanese, è un’opera cruda e psicologica che affronta il tema della violenza di genere. Il titolo, derivante dal latino, significa “Io do affinché tu dia”, ossia il desiderio di dare qualcosa in cambio di ciò che si desidera.
Dopo aver diretto film horror come Antropophagus II e The Slaughter – La mattanza, Germani si cimenta ora in un nuovo genere cinematografico, coadiuvato dalla sceneggiatrice Carpanese. La storia racconta le vicende di Leonardo, un uomo di successo che crede nel dare per ricevere ciò che desidera.
La sua vita si intreccia con quella di Francesca, una studentessa universitaria e modella part-time che, nonostante le sue difficoltà a fidarsi degli uomini a causa di un passato difficile, si sente attratta da lui. Il loro rapporto diventa sempre più ossessivo, fino a quando Emanuelle, una scrittrice impegnata in un esperimento sulla sessualità, entra in gioco e cambia tutto.Il film è stato selezionato per il Women Film Festival, che si occupa di promuovere tematiche contro la violenza sulle donne, e ha riscosso successo anche a Philadelphia.
Il cast vede la partecipazione di Beatrice Schiaffino, che ha vinto il premio come miglior attrice in un ruolo drammatico al Festival di Dubai, e Gianni Rosato, Ilaria Loriga e Luca Avallone.
Il lavoro di Germani, che ha curato anche la fotografia, è stato elogiato dalla critica e ha ricevuto una nomination per la regia presso il Festival di Madrid.
Do Ut Des è distribuito da Flat Parioli.
Per l’occasione abbiamo posto qualche domanda al protagonista Gianni Rosato:
Secondo lei Do Ut Des può essere classificato come thriller erotico?
E’ un po’ riduttivo, nel senso che chi lo ha visto si è potuto rendere conto che le componenti del film sono davvero tante. Innanzitutto ci tengo a precisare che è un crudo revenge movie psicologico che abbraccia quella tematica che va contro la violenza di genere e in questo caso, nello specifico, parliamo di violenza fisica e psicologia. Certo è, che all’interno del film ci sono scene di un pacato erotismo, ma anche tanta sensualità. Il personaggio di Emanuelle (Beatrice Schiaffino) per esempio, è una perfetta donna realizzata, a modo, sempre ordinata, ma che fa uno switch e tira fuori una carica di erotismo, seduzione e sensualità all’occorrenza. Se guardiamo invece Francesca (Ilaria Loriga), traspare immediatamente l’innocenza e la sensualità di una ragazza che guarda al mondo con diffidenza per le negative, esperienze passate, ma con una educata sensualità di chi crede che nella vita, ci si possa sempre innamorare ed essere ricambiati. Poi però, è la volta di Leonardo, da me interpretato, un uomo egoista, a tratti crudele, un personaggio tanto spregevole quanto pacato.. Lo hanno definito in una bellissima recensione, un lupo travestito da agnello. Ci penserà lui infatti a destabilizzare gli animi, incurante però, che tutto ha un prezzo nella vita e che stavolta per quanto alto che sia, potrebbe toccare a lui pagarlo… Ci riuscirà?
Qual è l’aspetto che maggiormente l’ha conquistata di questo film?
Sicuramente quello più importante è la possibilità che il film stesso ci da, poter parlare di violenza di genere. E qui, avendo affrontato un percorso per entrare nella psiche di chi purtroppo la violenza la esercita, mi voglio mettere con umiltà dall’altra parte per esprimere con rispetto una riflessione molto importante. Chi subisce violenza o maltrattamenti ne porta i segni a lungo, sia sul corpo che nella psiche. Per chi ha vissuto una condizione di violenza non è dunque semplice uscire da questa realtà che in qualche modo ha assunto una sua forma di equilibrio, un equilibrio doloroso, ma pur sempre un equilibrio “conosciuto” e a volte, purtroppo, anche familiare e che in quanto tale, dà l’illusione di poter essere gestito. Ma in questo presunto equilibrio molto spesso la vittima ha perso il senso di sé, della propria identità e della propria realtà. Si trova quindi invischiata in dinamiche dalle quali è difficile uscire. Per iniziare a pensare di uscirne bisogna prima di tutto riconoscere la violenza, e riconoscere che è ingiusta, che non è frutto della propria debolezza, incapacità, o colpa. La violenza non è colpa della vittima, la violenza è sempre responsabilità di chi la esercita. Bisogna realizzare quanto è accaduto, per quanto doloroso sia, riscattare il passato, riconoscere la verità di ciò che era inaccettabile e progressivamente con l’aiuto di un professionista, recuperare la propria forza e la propria identità. Perché solo il passato riscattato non ritorna, mai più.
Il suo ruolo ha diverse variazioni ed è stato anche fisicamente duro. Può raccontarci il momento più difficile della lavorazione?
Onestamente dico che i momenti fisicamente critici e difficili sono stai tanti, ma subordinati a momenti di goliardia… C’erano delle situazioni sul set, durante le riprese, in cui ho fisicamente sofferto ma con soddisfazione per il lavoro che stavo facendo. Ovviamente non posso raccontare più di tanto perché sarebbe uno spoiler gigantesco, ma quando vedrete il film, capirete a cosa mi riferisco. Per quanto riguarda invece la produzione Flat Parioli, ci tengo ancora una volta a ringraziarli per l’attenzione, la cura e il rispetto avuto nei miei confronti e dei miei compagni di viaggio, sia per la situazione Covid e tutte le restrizioni, ma soprattutto per l’agiatezza e il tatto a noi riservato durante le riprese e fuori dal set.
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