Ci siamo: il 17 gennaio sarà in sala, distribuito da Warner Bros., il primo colosso della corrente stagione cinematografica, appena iniziata. Django Unchained di Quentin Tarantino, pseudoremake di un classico western nostrano di Sergio Corbucci con Franco Nero – ripreso in realtà solo nel titolo. Come accadde già per il Bastardi senza gloria ispirato al film Enzo G. Castellari, la trama è completamente diversa – sta già facendo parlare di sé. Uscito in Usa poco prima di capodanno, il film è secondo sul podio degli incassi con 30,6 milioni di dollari, dopo Lo Hobbit di Peter Jackson. Insomma, il salto della prèmiere, annullata in segno di rispetto per le vittime della tragedia della Sandy Hook Elementary di Newtown, non si è fatto troppo sentire.
Unchained, aggettivo aggiunto al titolo del film di Corbucci, significa ‘scatenato’. Ma è piuttosto lui a scatenare polemiche: è a tematica antischiaschiavista (cosa a cui la pellicola italiana accennava appena), ma il modo in cui l’argomento viene trattato – con il tipico gusto tarantiniano per il genere e per l’eccesso – non è piaciuto all’impegnato collega Spike Lee, che ha considerato la trattazione troppo generica e poco seria: “Non andrò a vedere Django Unchained – ha detto sul suo profilo twitter – Sarebbe una mancanza di rispetto verso i miei antenati. La storia della schiavitù non è uno spaghetti western alla Sergio Leone. E’ stato un Olocausto, i miei antenati erano schiavi, rapiti dall’Africa. Io non andando a vedere il fim renderò loro omaggio”. In un altro messaggio, sempre Lee, attacca Tarantino di aver usato nel film le parole ‘negro’, o ‘nigger’ ormai da anni bandite dalla lingua scritta e parlata. Non proprio una novità: già negli anni passati il regista di Fa la cosa giusta, accusò di razzismo non solo Tarantino ma anche Clint Eastwood e perfino Walt Disney. Lo stesso Tarantino, parlando a Mtv, ha respinto al mittente ogni attacco di questo tipo. In particolare, ha definito “ridicola” l’accusa di aver messo nel suo copione la parola tabù: “Nessuno può rinfacciarmi il fatto di aver usato nel film quella parola, non più di quanto la gente facesse nel 1858, nello stato del Mississippi, il luogo e il tempo in cui è ambientato il film. Insomma – conclude Tarantino – c’é chi mi chiede di mentire. Ma io non lo faccio mai quando faccio parlare le mie storie e i miei personaggi”.
A difesa della pellicola e di Tarantino si è alzata poi la voce del regista di colore Antoine Fuqua (Training Day), che dal Capri Hollywood Film Festival ha dichiarato: “Tarantino non ha un osso razzista nel suo corpo. Lee non ha avuto tatto, non è questo il modo di fare. Se non sei d’accordo su come un collega fa qualcosa, lo chiami, lo inviti a bere un caffè e ne parli con lui. Non rilasci dichiarazioni pubbliche.
Fuqua non ha ancora visto il film, ma è convinto che la coerenza con l’ambientazione e il contesto siano molto importanti in una ricostruzione: “Si suppone che nei film venga presentata almeno una parte di verità e di realtà, e se ambienti un film negli anni cinquanta dell’ottocento, è normale che si senta la parola ‘nigger’. E’ il modo in cui parlavano all’epoca. Inoltre, è normale che si parli della schiavitù, perché faceva parte della realtà dell’epoca. Io voglio che i miei figli sentano queste parole nel giusto contesto, così da capire che quel linguaggio nel nostro contesto attuale non è corretto”.
Tarantino sarà nella Capitale il 4 gennaio per ricevere, dalle mani del compositore Ennio Morricone, il Premio alla carriera della settima edizione del Festival Internazionale del Film di Roma, a cui avrebbe dovuto partecipare lo scorso ottobre. “Lo sguardo di Quentin Tarantino ha influenzato radicalmente l’immaginario degli ultimi vent’anni – ha affermato il direttore del festival Marco Mueller – Tarantino è un cineasta profondamente americano e al tempo stesso molto europeo”. Nonché, come è risaputo, grande ammiratore del cinema di genere italiano: e a consegnargli il premio sarà uno dei suoi miti, Ennio Morricone, che ha anche composto una canzone per la soundtrack, il cui testo è stato scritto da Elisa e che sarà da lei interpretata.”Tarantino ha voluto la prima versione del brano – ha detto l’artista friulana – che ho scritto pensando ad un mio ricordo d’infanzia”.
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