Dal 10 al 22 ottobre al Teatro Quirino di Roma Massimo Ghini e Francesco Bonomo interpretano Ciao di Walter Veltroni, con la regia di Piero Maccarinelli, scene e costumi di Maurizio Balò, luci di Umile Vainieri, una produzione Fondazione Teatro della Toscana in collaborazione con Q Academy.
Ciao è il racconto di un dialogo impossibile, dell’incontro fantastico tra un padre, morto giovane negli anni ’50, e un figlio, ormai sessantenne, che lo ha sempre cercato. Il padre è Vittorio e il figlio è Walter Veltroni. Ma i due protagonisti potrebbero essere ogni padre e ogni figlio di questo Paese meraviglioso e dannato.
Dal libro omonimo, Piero Maccarinelli dirige una pièce sull’assenza, sul bisogno di relazione, sulla dolorosa bellezza della ricerca delle radici. Si incontrano, nel palazzo dove le vite di ambedue si sono svolte, due persone che hanno età rovesciate rispetto ai ruoli: il padre è un ragazzo, brillantina nei capelli, e il figlio ha quasi il doppio dei suo anni, ha vissuto molto di più, ha esperienza da vendere. Ma è un figlio e deve ricevere, più che dare. Cerca di capire la vita, il carattere, la storia del padre. Cerca di comprendere se e come l’aveva immaginata, come gli amici gliel’avevano raccontata. Nel dialogo, che si svolge in un irreale tramonto che non finisce mai, si snoda anche la storia d’Italia di molti decenni, una storia di cui i due sono stati testimoni e protagonisti. Sono due Italie che si raccontano e si incrociano. E si interrogano sui grandi significati dell’esistenza umana, della relazione padre-figlio e della trasmissione della memoria.
“Due generazioni si confrontano – spiega Maccarinelli – quella del padre, che ha partecipato alla rinascita del paese nel secondo dopoguerra, e quella del figlio, che ha partecipato ad una stagione dove molti degli ideali nati nel dopoguerra sono entrati in crisi. Il gioco del teatro consente la realizzazione di questo incontro impossibile, che attraverso ricordi che si incrociano, testimonianze dolorose, autocritiche talvolta ulceranti, talvolta divertenti, porta a un confronto irreale ma profondamente realistico i due personaggi”.
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