Depardieu-Huppert, appuntamento con la morte

Un viaggio iniziatico e una grande prova d'attore per Gérard Depardieu e Isabelle Huppert, protagonisti assoluti di Valley of Love di Guillaume Nicloux, quinto e ultimo francese in gara


CANNES – Un viaggio iniziatico e una grande prova d’attore per Gérard Depardieu e Isabelle Huppert, protagonisti assoluti di Valley of Love di Guillaume Nicloux, quinto e ultimo francese in gara. I due mostri sacri sono Gérard e Isabelle (stessi nomi, stessa professione): due attori famosi che si ritrovano per un appuntamento con la morte. Non si vedono da molti anni, da quando si sono separati, ma il figlio che hanno avuto insieme, e che sei mesi prima si è tolto la vita, ha lasciato una lettera a ciascuno di loro, chiedendo di trascorrere una settimana nella Valle della Morte. Dovranno seguire un programma preciso, rispettando gesti e orari, e lui si manifesterà, a un certo punto, come promesso. La donna, che ha sempre trascurato il figlio e non è neppure andata al suo funerale, è sconvolta e animata da una cieca fede in questo “miracolo”, pronta a espiare il suo senso di colpa; l’uomo, più razionale e apparentemente distaccato, è soprattutto preoccupato per la sua salute (gli hanno appena diagnosticato un cancro alla vescica) e ha voglia di voltare pagina, di ripartire quanto prima da quel luogo inospitale. Ma in quei sette giorni nel deserto più caldo del pianeta riusciranno a litigare, recriminare, piangere, spaventarsi, prendersi in giro, confidare l’uno nell’altra, ritrovare un barlume d’amore. 

Nicloux (La religiosa) ha riportato insieme la coppia di Loulou di Pialat (1980), chiedendo un impegno quasi sovrumano a Depardieu che ha perduto veramente il figlio Guillaume, morto a 37 anni dopo una vita travagliata. “Non avrei mai osato servirmi del mio lutto per costruire il personaggio – spiega Depardieu – e non considero questo lavoro più difficile di altri. Però posso dire che capisco bene il peso di queste lettere e di questo appuntamento”.

Il regista, per la prima volta in concorso con questa storia dalle venature soprannaturali, racconta di essere rimasto impressionato dalla Death Valley, che ha visitato nel 2012. “E’ stato come sognare a occhi aperti, un sogno che non svaniva ma continuava a turbarmi”. Da questa impressione il soggetto si è sviluppato progressivamente. “E’ stata effettivamente come una discesa all’inferno. Sono luoghi che agiscono sulle emozioni e sul metabolismo. Azzerano la vita quotidiana e, se sei disposto a perderti in territori non abituali, ti lasciano aprire verso qualcosa di sconosciuto, di imprevedibile, un abisso che ti nutre”.

Aggiunge Isabelle: “Nicloux mi ha parlato di questo progetto mentre giravamo insieme La religiosa e ho capito che per lui era un’ossessione. Ero già stata nella Valle della Morte, è un paesaggio fantastico, sembra quasi caduto da un altro pianeta, non si può paragonare a niente. Il caldo è incredibile e spesso i ranger, dopo aver controllato la temperatura, ci impedivano di lavorare, si arriva fino a 60° e oltre”.

Huppert spiega che il regista le ha chiesto di essere persona più che personaggio. “Questo ha evitato che qualcosa di astratto si sovrapponesse al lavoro, c’è quasi un aspetto documentaristico. E poi si crea una chimica tra la parte privata e l’immensità misteriosa e dolorosa del paesaggio”. Per Depardieu nel film accade qualcosa di incredibile, qualcosa che di rado si trova al cinema o in letteratura, forse solo in Lovecraft. “Del resto nessuno sa cosa succede dopo la morte, nessuno è mai tornato a raccontarcelo”. 

Come nel film anche in conferenza stampa, passa di continuo tra i due registri, quello serio e quello beffardo, l’attore che in Valley of Love mostra il suo enorme corpo – mentre la Huppert è sempre più emaciata e sottile – quasi nudo, suda, ansima, beve un’intera bottiglia d’acqua in un sorso: “Ho fatto l’attore perché non volevo lavorare. E posso lavorare se si mangia e si beve bene. Non voglio sottovalutare questo mestiere, ma per quanto mi riguarda meno lavoro, più vivo e meglio vanno le cose. Recitare è un piacere che mi ha facilitato le cose perché si guadagnano molti soldi”.

Gli chiedono un commento sul cinema contemporaneo, lui che ha lavorato con autori come Ferreri, Bertolucci e Truffaut. “Non vedo molti film francesi in tv o in dvd, adoro le serie, trovo straordinario Bruce Willis, i suoi film sono giocattoli, con effetti speciali allucinanti. Considero grandi Rosselini, Ferreri, Pialat, Carlos Saura, Glauber Rocha, amo Jacques Audiard, che fisicamente mi fa pensare a suo padre Michel. Scusate se sono un po’ banale, ma non sono un cinefilo”. E chissà se questa performance – che da sola vale il film intero, un film che senza questi attori non sarebbe nulla – gli regalerà un premio. 

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22 Maggio 2015

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