Gérard Depardieu e Benoit Magimel sono i protagonisti de La truffa del secolo, il nuovo polar di Olivier Marchal, tratto da una storia vera e già campione di incassi in Francia, in sala con Movies Inspired.
Minacciato di perdere la propria azienda, Antoine Roca, un uomo comune, mette a punto una truffa che diventerà il colpo del secolo. Catturato dalla criminalità organizzata, dovrà far fronte a tradimenti, omicidi e regolamenti di conti.
“Il film si è distaccato dal fatto originale – spiega il regista – mantenendo però 4 o 5 eventi principali che sono accaduti davvero. È il caso del rapporto di Roca con il suocero (Depardieu), con sua moglie (Carole Brana) o con la donna che entrerà nella sua vita (Laura Smet), ma per me l’intero svolgimento non doveva essere morale. Questa truffa finanziaria è stata sicuramente brillante (si parla di 1 miliardo e 800 milioni di euro sottratti in Francia e di quasi otto miliardi a livello europeo!), ma i suoi effetti sono ricaduti sui contribuenti mediante le imposte, quindi era totalmente fuori questione che io potessi in qualche modo legittimare le azioni di gente simile Queste persone, di fatto, non avevano alcun problema di soldi: hanno semplicemente agito per il piacere del gioco, per divertirsi e per accumulare ancora più denaro. Era per me più interessante incentrare la vicenda attorno ad un imprenditore sull’orlo del lastrico, che all’inizio vuole solo uscirne e mantenere i suoi 35 dipendenti, ma che col tempo si lascerà consumare da questa fortuna improvvisa, dalle sue nuove relazioni notturne, dal poker per poi, alla fine, sprofondare. Quindi sì, finisce male, ma non poteva essere altrimenti”.
Oltre alle atmosfere tipiche del poliziesco e del noir, da cui il termine che identifica il genere in Francia, ‘polar’ appunto, sullo schermo c’è uno scontro di generazioni al contempo forte e commovente.
“Benoît non scrive. È solo un attore, che in più ha cominciato questo mestiere quando era molto giovane, a 13 anni, trovandosi proiettato in tutti i tormenti esistenzialidi un adolescente che diventa tutto d’un tratto famoso. Ha scoperto subito l’ambiente del cinema, di cui non nascondiamo il volto: è un mestiere meraviglioso, ma un mondo infrequentabile. Gérard prova un grande affetto per Benoît – chiude Marchal – Anche lui è a pezzi e (anche se non bisogna piangere sulla sorte degli attori perché ovunque c’è gente che soffre e spesso molto di più) i suoi dolori mi sconvolgono. Credo che Gerard abbia trasferito a Benoît molto di ciò che sentiva per Guillaume. Quando si leggono i suoi testi, si ascoltano le sue canzoni o si guardano i film che ci hanno lasciato, ci si rende conto del talento che aveva e della tragedia della sua vita. In questo, Benoît è come un figlio del cinema per Depardieu”.
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