“I mustang sono cavalli selvaggi che simboleggiano perfettamente le mie cinque eroine, il loro temperamento indomabile, focoso. E, perfino visivamente, le loro capigliature ricordano delle criniere, Il centro del film è proprio questa energia, che somiglia a quella dei mustang del titolo”. Accolto calorosamente alla proiezione con gli studenti, Mustang, l’esordio della 37enne regista turca Deniz Gamze Ergüven, studi di cinema in Francia, si candida a un premio nella sezione Alice.
La storia di liberazione femminile nella Turchia conservatrice e maschilista di Erdogan – prodotta dalla Francia insieme a Germania, Turchia e Quatar – ha già vinto il Label Europa Cinémas dell’ultima Quinzaine ed è il candidato della Francia nella corsa per l’Oscar al Miglior film straniero, oltre ad essere nella terna che concorre al Premio LUX.
In un isolato villaggio turco sul Mar Nero, Lale e le sue quattro sorelle adolescenti maggiori provocano uno scandalo per essersi messe a giocare con alcuni ragazzi al ritorno da scuola. La casa in cui vivono con la famiglia si trasforma un po’ alla volta in una prigione con tanto di inferriate, scandita da corsi di cucina ed economia domestica, abiti dimessi e castigati e soprattutto da matrimoni decisi dalla famiglia e imposti alle ragazze. Sarà la piccola e tenace Lale a tentare di ribellarsi alla sorte segnata e agli abusi sessuali che si consumano tra le pareti domestiche, fuggendo verso Istanbul con un’altra sorella, animate dallo stesso desiderio di libertà.
Il registro drammaturgico di Mustang è quello del prison movie, dove l’oppressione è sovrana e le donne prigioniere sono viste come macchine per fare figli, domestiche relegate in casa. Il film, esce in sala il 29 ottobre, distribuito da Lucky Red.
Quando si vedrà in Turchia Mustang?
Domani sarò a Istanbul per l’uscita del film, non penso che ci saranno atti di boicottaggio. Il cinema ha una forza propria, è in grado di convincere gli incerti, i dubbiosi perché trasmette un senso di empatia con le vicende dei personaggi. Ho ricevuto qualche attacco, qualche critica, ma niente di più.
La situazione in Turchia, dopo l’attentato di Ankara, è sempre più difficile.
In Turchia al momento si respira un clima instabile, è come se ci fossero due movimenti, due correnti opposte che si affrontano e c’è la sensazione che sia difficile vivere insieme. La settima scorsa c’è stato un attentato, il peggiore che sia accaduto in Turchia e magari sembra difficile venire a parlare qui di un film in questo contesto, ma la mia opera prima parla di questioni fondamentali, nello specifico di libertà delle donne, temi sui quali la società turca si interroga.
Il dibattito sul ruolo e la condizione della donna in Turchia sembra molto presente.
I politici ne parlano molto e la discussione si è accentuata a partire dal 2002 con la vittoria del partito di Erdogan. Quasi quotidianamente se ne parla, basta entrare in un ristorante e ascoltare la radio e la televisione. E all’estero arrivano notizie sul fatto che le donne non dovrebbero ridere in pubblico ma arrossire davanti agli uomini, si arriva fino a parlare del numero di figli che ogni donna dovrebbe avere. Inoltre c’è un messaggio che si insinua più subdolo, quello che tenta di imporre una serie di regole per la società. Questo c’era anche prima del 2012 quando abbiamo iniziato a scrivere il film, oggi senz’altro la situazione è molto più seria, l’atmosfera è più avvelenata.
La Turchia vive con il presidente Erdogan un peggioramento delle condizioni democratiche.
E’ un rullo compressore che avanza ma non riesce a schiacciare tutto. La Turchia batte il record di giornalisti imprigionati, ma ve ne sono altri che per fortuna continuano a scrivere. Ma fino a che punto si riesce a mettere la museruola? Ora è vietato parlare di argomenti coperti da segreto istruttorio, come l’ultimo attentato ad Ankara. Difficile fare previsioni sul futuro, perché la situazione cambia di continuo.
Il film è ambientato in un villaggio lontano dalle grandi città
Ma anche in città la situazione non è omogenea, c’è una gioventù brillante, moderna, che mette in discussione tanti principi, capace di criticare, che a volte ha idee molto più aperte. Ma nella stessa città ci sono persone che vivono seguendo codici più tradizionali, più conservatori. E’ stato proprio un ginecologo di Ankara a confermarmi che in occasione di matrimoni spesso la sposa, come mostra una scena del film, viene visitata per verificare la sua verginità.
Il film esprime un’intensa vitalità e voglia di vivere.
Le intenzioni erano chiare fin dall’inizio, questo film voleva esprimere un sete di vita. Questa foga, questa passione sono il suo nucleo centrale. Nella realtà le ragazze hanno una serie di slanci, di pulsioni molto più liberi rispetto al film, accadono storie terribili ma mai senza combattere o lottare. La scelta nel film di due giovani che non si ribellano ha una valenza drammaturgica perché volevo raffigurare questo personaggio a cinque teste, una sorta di idra. Quando un personaggio esce dalla storia, è come se l’idra avesse perso un braccio, una gamba. E anche la vittoria finale che si percepisce, porta con sé un’atmosfera dolorosa perché c’è evidente la sensazione dei pezzi che si sono persi lungo la strada. E’ vero che l’idra perde qualcosa, ma non si arrende, si riposiziona, si prepara ad affrontare la battaglia successiva e alla fine vince.
Come si sente lei di origini turche a rappresentare con questo film la Francia agli Oscar?
La Francia ha sempre avuto un rapporto particolare con i registi stranieri, anzi alcuni di loro si sono affermati grazie ad essa. Al Festival di Cannes è evidente la grande curiosità sulla produzione cinematografica, c’è una sete di conoscenza di altri mondi. Parigi poi è la città con il maggior numero di sale e dove i film sono visti in lingua originale. Io sono stata abbracciata molto presto da questo paese, avevo girato un cortometraggio in turco, presentato in concorso proprio a Cannes. La Francia è un paese capace di premiare con la Palam d’oro un film francese girato nella lingua tamil e di mandare il mio film agli Academy avendo un senso di appartenenza molto forte in questa candidatura. E’ una scelta molto moderna, radicale da parte di un paese, da sempre impegnato a difendere una serie di valori: libertà, istruzione e condizione della donna.
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