CANNES – Una delle tendenze del festival di quest’anno è la canzone italiana infilata in qualsiasi situazione. Capita nel greco Xenia, dove Patty Pravo imperversa, ma anche nel film del veterano André Téchiné, visto fuori concorso, L’homme qu’on aimait trop, dove Catherine Deneuve ascolta in macchina Pregherò, nella versione di Adriano Celentano, e si mette anche a canticchiarla. Mentre in un’altra scena del film, che ha tutta l’aria di una fiction televisiva di lusso, un’intera tavolata di francesi intona con accento improbabile una canzone calabrese (o presunta tale) in onore di un potente mafioso, ospite del pranzo.
Siamo in Costa Azzurra nel 1976. La giovane ereditiera Agnès Le Roux (Adèle Haenel) torna a Nizza dall’Africa dopo il fallimento del suo matrimonio. Fragile e viziata, si innamora ben presto di Maurice Agnelet (Guillaume Canet), il losco avvocato di sua madre Renée, adultero e donnaiolo incallito. La donna (Catherine Deneuve) è proprietaria di un casinò che versa in cattive acque e non vuole concedere alla figlia la sua parte di eredità provocandone il risentimento. Trent’anni dopo la vedremo battersi per avere giustizia: Agnès è infatti scomparsa nel nulla, probabilmente uccisa dallo scaltro avvocato che si è impossessato del suo patrimonio. Il film è ispirato a una storia vera – il caso giudiziario si è concluso con una condanna dopo molti colpi di scena e appelli – e tratto dalle memorie di Renée Le Roux, scritte dal figlio Jean-Charles, Un femme face a la mafia, che racconta non solo l’omicidio di Agnès ma la cosiddetta guerra dei casinò esplosa in Costa Azzurra tra gli anni ’70 e gli ’80.
E’ curioso vedere come Catherine Deneuve – che recita anche in italiano – si trasformi completamente nel corso della vicenda: nella prima parte è una donna matura ma sofisticata e dall’eleganza impeccabile (secondo la regola never twice non indossa mai due volte la stessa toilette), mentre quando la vediamo trent’anni dopo, completamente devota a risolvere il caso della sparizione di sua figlia, è dimessa e ingrigita, ma pur sempre splendida. Di lei dice Téchiné: “E’ il personaggio più solido tra quelli interpretati da Catherine nei miei film, in cui è comparsa già sei volte. Dominatrice e determinata, è molto lontana da quel registro di instabilità che ho sempre prediletto per lei e mi ricorda un po’ il suo ruolo in Tristana di Bunuel, quando diventa una donna anziana di una durezza terribile”
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