MILANO – Creare, creare contenuti, essere dei del contenuto digitale con lo scopo specifico di essere parte di Dedalus, social game che riscriverà la grammatica e l’universo web, con fama e ricchezza quali denari per il vincitore: Michele, Tiziana, Leo, Antonella, Filippo e Belinda sono i giocatori in campo.
Dedalus è l’opera seconda di Gianluca Manzetti, che accompagna il suo film a Milano, nella selezione del Concorso Internazionale del Noir In Festival 2024, insieme a uno dei protagonisti, Luka Zunic; con lui, compagni di scena sono Matilde Gioli, Francesco Russo, Giulio Beranek, Giulia Elettra Gorietti, stella Peccolo, Gianmarco Tognazzi e Carolina Rey.
Può un gioco, parola e concetto che porta insito in sé il senso del ludico, della leggerezza, diventare oscuro, inquietante, addirittura sacrificale? L’archetipo del carnefice muta in quello di vittima, e viceversa, e la vendetta si tesse complessa.
Gianluca (GM), il titolo invita a pensare al dedalo della tragedia greca, inteso come prigione, fuga, morte, tematiche del film: è stata un’ispirazione la mitologia classica? Quali sono i punti di contatto tra la tradizione e il contemporaneo?
Non ho partecipato all’ideazione del film, ma ho fatto le classiche revisioni da regista. Credo in Dedalus ci fosse uno sguardo al passato, soprattutto per cercare di dare al contest un’accezione quasi primordiale: dal punto di vista dell’ambientazione, per esempio, non si voleva renderla troppo fredda, asettica, moderna, che potesse rimandare troppo all’identità di un cinema d’Oltreoceano e poco nazionale; io ho desirato molto che fosse scelta una location italiana, per il castello abbiamo girato a San Gregorio da Sassola, tra l’altro paese amato da Tarkóvskij, dove ha vissuto diversi anni. Dedalus, comunque, più che essersi ispirato alla tragedia, doveva essere un nome che potesse far riferimento alla macchinazione della vendetta, che è tra le cose che più mi hanno colpito: la deriva di questa vendetta non è così scontata.
Luca (LZ), altri temi del film, sono fama e ricchezza: per un artista, quale lei è anche nella vita, concorrono a essere parte del desiderio di affermazione. Un po’ pensando al personaggio, e un po’ a lei persona: qual è il lato puro della fama e quale quello nero della ricchezza, nel mondo reale cinematografico che è, al contempo, un acquario di pescecani e sirene?
Il mio personaggio, Michele, si ritrova in età giovanissima, grazie al calcio, ad avere tutto e subito: fama, successo, soldi, e questo lo porta a vivere una vita quasi annoiata, in cui non si fa più cogliere dalle piccole cose che la vita gli offre. Quando l’ho preparato ho proprio pensato a qualcuno che fosse annoiato dal fatto che tutte le persone intorno, che gli fossero attaccate per interesse e non per quello che fosse come persona, cosa che gli pesava, infatti spero di essere riuscito a portare questo tipo di sensazione. Per la mia vita reale di attore, per me questo mestiere è una questione di vita o di morte, non penso alla fama: negli anni qualche riconoscimento è arrivato e naturalmente fa piacere, come se fosse una conferma a procedere nella giusta direzione; però noto ci sia anche un atteggiamento differente da parte di altri, che penso ammazzi l’artisticità: quando avverto un attore incentrato soprattutto sulla fama non riesco a credergli del tutto come artista.
GM, i protagonisti fanno qualcosa di grottesco e malvagio tanto da sembrare distopico, ma così non è perché è ricorrente sui social reali: c’è qualche riferimento al quotidiano della Rete o all’audiovisivo contemporaneo, pensando a progetti come Squid Game?
Nasco cinefilo, per cui quello fatto fino adesso ha sempre avuto ovvie influenze da film del passato: la cosa interessante, e che mi ha sorpreso per Dedalus, è non aver avuto grandi reference, seppur potrebbero sembrare appunto Squid Game o L’enigmista. La vera influenza è stata un anno a passare reel, a scrollare, a sporcarci un po’ le mani insieme anche al cast e ai capi reparto, per cercare di trovare un ritmo del film, una sorta di ritmo social, che potesse essere ricco di registri, e ti prendesse un po’ a schiaffi, come quando ti trovi disperso in alcuni social. La più grande ispirazione è stata quindi quella realtà e certi personaggi di quel mondo: nel caso di Luka ci siamo ispirati a tanti calciatori molto attivi sui social, per il loro modo di apparire e porsi; per la Linda di Matilde Gioli abbiamo invece studiato delle OnlyFans girl che abitano quel mondo. Il film che ho visto di più per preparami è stato Alien, perché avevo ansia da prestazione sulla gestione di spazi molto angusti: volevo capire come dare vitalità alle scene.
LZ, qual è il suo rapporto con i social e con il giudizio che ne deriva da dentro e all’esterno?
Sono un ragazzo del 2001 per cui sono abbastanza attivo, mi piace usarlo per lavoro ma non per far sapere agli altri dove sia in vacanza. Per la preparazione del film, però, in effetti ci hanno aiutato tanto, io nello specifico ho proprio cercato dentro tutto il mondo del calcio: mi ricordo che aprivo il telefono la mattina e scrollando c’era solo calcio, l’algoritmo mi ha aiutato, mi ha fatto entrare in un’immedesimazione. I giudizi sono un tema delicato, perché se i social hanno lati positivi, includono anche i famosi leoni da tastiera, che insultano, odiano, e poi – come si vede nel film – possono far male come un coltello o una pistola, per cui penso che bisogna usarli con moderazione e cognizione di causa.
GM, da dove nasce il bisogno delle persone di mostrarsi, di condividere, di cercare di essere qualcuno…? Nel film si dice: ‘l’unico modo per realizzare i sogni è condividere’.
Ho difeso tantissimo quella battuta: credo che definire quello che è accaduto, che sta accadendo e accadrà a livello social sia molto difficile, si può cadere facilmente nella retorica, ma credo che questa realtà virtuale abbia già assunto una sorta di forma religiosa per tanti, una sorta di Credo. Se non esisti sui social, soprattutto per i nativi digitali, non esisti e basta, per cui la famosa FoMO è una piaga, che ti porta a pensare che se tu non ti manifesti in quel mondo tu non esista e la cosa migliore sia sognare in quel mondo, sembra davvero che se non condividiamo tutto non esistiamo, e la vita fisica passa quasi in secondo piano.
Quindi, c’è paura del contatto diretto?
Io sono del ’90 e già ‘in piazzetta’ ci si vedeva meno, perché noi siamo una generazione a cavallo: al liceo io stavo al massimo su MSN, in maniera parsimoniosa; scadere però nella riflessione che tutti quelli della nuova generazione siano perduti non è vera, non sono un apocalittico. Di certo, anche la mia generazione, per nulla aiutata dalla pandemia, spesso ha difficoltà a interfacciarsi a tu per tu, a guardare le persone negli occhi: tanti coetanei mi dicono che il passaggio dall’avere la mascherina al toglierla sia stato un trauma, perché era una forma di protezione, ci si è dovuti smascherare…
LZ, i protagonisti del film, nella villa, devono affrontare delle prove, tra cui il superamento della paura: per lei, questo ruolo, l’ha aiutata a superare certe paure e – come utile nella storia – quanto è importante anche l’intuito nel mestiere?
Un po’ e un po’, a me piace molto prepararmi e avere la situazione sotto controllo, ma allo stesso tempo mi piace anche parecchio quando un collega in scena fa qualcosa di imprevisto e mi faccio cogliere da quella cosa diversa, mi faccio sorprendere e reagisco d’istinto, rendendo il tutto più naturale. Più che delle paure, ho sofferto – e ogni tanto ritorna – per l’ansia, anche talvolta indefinita: studiare, lavorare, fare questo mestiere mi aiuta tutt’ora in tal senso, perché – ripeto – è questione di vita o di morte, senza un piano B; la paura di non realizzarmi può esserci, ma lavoro così tanto su me stesso che non la considero un’opzione, perché voglio solo andare avanti così.
Il film, distribuito da Eagle Pictures, è annunciato in uscita agosto/settembre 2025.
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86 anni, il suo primo libro ne festeggia 61: è scrittrice, poetessa, drammaturga, fieramente docente, da Princeton a Berkeley; più volte finalista del Pulitzer, è appena uscita con il Macellaio, che presenta al Noir 2024, mentre sta già scrivendo il prossimo romanzo. Dal suo Blonde, dedicato a Marilyn Monroe, il famoso adattamento per il cinema