C’entra la scienza e c’entra l’anima, e forse le due non sono poi così distanti, almeno nella metafora della Materia Oscura, infatti Antonio (Alessandro Demcenko) è un fisico che studia la stessa – particelle di cui non sappiamo nulla ma che compongono quasi il 95% del nostro universo -, quando Thomas (Giulio Cecchettini, al suo debutto), il suo bambino undicenne, viene rapito da Elena (Angélique Cavallari), una donna misteriosa, non una criminale all’apparenza, quasi più una figura dal forte senso protettivo e che innesca un cortocircuito sul discorso dell’amore paterno, che la chiama in causa in prima persona, così come interpella anche lo stesso scienziato rispetto al proprio padre – interpretato da Orso Maria Guerrini – e ad Antonio rispetto al figlio scomparso, nipote del nonno interpretato dal grande attore fiorentino.
Stefano Odoardi è il regista dietro alla macchina da presa di Dark Matter, film sempre in equilibrio, o in bilico, tra realismo e mistero, tra il thriller e lo spirituale.
Stefano, l’idea della storia nasce originale o prende spunto da qualche caso di cronaca, toccando anche un tema corrente come quello della scomparsa quotidiana di minori, per cui nel nostro Paese ne spariscono in media una cinquantina al giorno?
È una storia che ho scritto con la mia co-sceneggiatrice olandese, Sytske Kok, ed è completamente inventata. Un aspetto interessante è che ci sono tratti connessi alla mia infanzia, chiaramente senza che io abbia subito situazioni simili, ma mi riconosco molto nel bimbo, nel suo modo di affrontare il mondo, nella ricerca di un mondo sconosciuto, così come anche nel protagonista adulto, che porta avanti anche lui una ricerca sullo sconosciuto, che poi è anche un po’ quella che io faccio con le immagini e il cinema. E poi c’è un aspetto interessante, quello catartico, che rivedo molto nel personaggio di Elena, definita ‘la rapitrice’ ma a mio avviso una figura ben più elevata, una sorta di figura mistica.
Il bambino ha concentrato tutto nello sguardo, a tratti sembrerebbe apatico, ma in realtà cogliamo essere probabilmente in contatto con una dimensione più profonda. Qual era la sua intenzione nella costruzione del personaggio?
Non riuscivo a trovare il bambino per il ruolo nonostante il casting e poi l’ho conosciuto in campagna: ero con degli amici, l’ho notato e ho detto: ‘è lui!’, esattamente attratto dallo sguardo. Lui sembra sempre avere quello di chi c’è ma non c’è, perché la realtà la osserva, è come se fosse già saggio. Quello che a me interessava, poi, era capire come girare, essendo anche la sua prima volta: ho girato cronologicamente, raccontandogli che fosse un viaggio di iniziazione in cui alla fine del film sarebbe diventato ‘adulto’. Per cui ha girato in ordine dalla prima scena all’ultima, ha vissuto questo ‘viaggio’, e credo questo si respiri, oltre a essermi un po’ ispirato alla favola di Pinocchio.
Invece, come ha coinvolto Orso Maria Guerrini, che fa quasi un cameo ma al tempo stesso ha un ruolo fondamentale, incarna ‘il paterno’.
Orso lo volevo fortemente, anche per un motivo legato alla mia infanzia: nel film il rapporto col nonno era un po’ quello che io avevo con i miei di nonni, andavo spesso da loro la domenica, e mio nonno assomigliava fortemente a Guerrini e io, che sento molto la costruzione delle immagini, avevo bisogno di una ricostruzione fedele del mio ricordo.
Lei sceglie di far interpretare al padre un mestiere che lo avvicina in senso scientifico al mistero, al Buco Nero, concetto che però arriva anche come simbolo – come per il bagno murato e buio, appunto – e come metafora.
La Materia Oscura è qualcosa che noi davvero non sappiamo cosa sia, io ne sono rimasto affascinato perché ho avuto la fortuna di incontrare gli scienziati che oggi, all’interno del Gran Sasso, stanno facendo l’esperimento di cui parla lo scienziato nel film, infatti tutti i contenuti scientifici sono stati approvati da loro. Questi scienziati per me sono dei poeti contemporanei, perché la loro è una forma di linguaggio astratta: io molto spesso, parlando con loro, sono rimasto perplesso e glielo dicevo, ma la loro ricerca è su qualcosa che non si sa se esista, eppure loro studiano, e io questo lo trovo affascinante, perché non si basa su nessun dato reale, oggettivo; stanno portando avanti una ricerca che potrebbe cambiare il destino di tutti noi, anche a livello quantistico, ma per ora ricercano qualcosa che non c’è e questo mistero è un po’ come l’animo umano, a cui loro sono completamente connessi, e forse la loro ricerca è proprio una metafora, ecco perché la mia voglia di affidare al padre quel mestiere.
Lei, inoltre, fa un uso specifico dei suoni: c’è una colonna elettronica quasi costante che enfatizza la tensione, oppure c’è un suono diegetico. Perché ha scelto questo tipo di traccia?
Tutto il suono, la rumoristica diciamo, è ricreato a Parigi, è stata da parte mia come una partitura; ma un’altra cosa interessante è la composizione di Carlo Crivelli, con cui abbiamo fatto un lavoro molto bello: lui ama l’orchestra ma qui gli ho chiesto di lavorare con l’elettronica e lui per la prima volta ha creato dei tappeti sonori emotivi, che abbiamo chiamato ‘fasce sonore’, che lui mi dava e io col sound designer appoggiavo dove c’era bisogno di un supporto emotivo ma anche metaforico, che si contrapponesse alla visione.
Altra particolarità del film, connessa all’immagine, sono le location, non completamente ma spesso quasi metafisiche o avveniristiche: tra i luoghi in cui è stato girato, infatti, ci sono le architetture razionaliste di Sabaudia e il Laboratorio Ciclope di Predappio, dove è stato ricostruito il cilindro misterioso dell’esperimento sulla Materia Oscura, e nel Tecnopolo di Modena.
Gli altri interpreti del film sono Eleonora Giovanardi, nel ruolo della mamma di Thomas; Daniela Poggi, che interpreta la fedele assistente del personaggio di Guerrini; e Elisabetta Pellini, una giornalista che cerca di collaborare con il papà durante il periodo di rapimento del bambino.
Il film esce in sala dal 4 maggio con Superotto Film Production.
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