Daphne Scoccia: “Nel bagno delle donne di un cinema d’essai”

Abbiamo intervistato la giovane attrice che dopo Palazzo di Giustizia, opera prima di Chiara Bellosi, è pronta ad interpretare la proprietaria di un cinema d’essai nella commedia di Marco Castaldi


Il suo modello è l’attrice francese Adèle Haenel, per due motivi: ha adorato Ritratto di una giovane in fiamme e le piace che lotti per i diritti delle donne. Ha le idee chiare Daphne Scoccia, 25 anni, su come deve essere un’attrice: “Aperta, empatica e pronta a dire la sua. Sono totalmente d’accordo con il gesto di protesta di Haenel di alzarsi durante la cerimonia dei César per la vittoria di Roman Polanski”, dice a Cinecittà News.

Tra le attrici italiane apprezza Laura Morante e Jasmine Trinca, seguendo il loro esempio prova a portare avanti una carriera nata da soli quattro anni, quando per il suo film d’esordio Fiore di Claudio Giovannesi finì al Festival di Cannes. Da allora l’attrice, originaria di San Benedetto del Tronto, è riuscita a emergere indossando il più delle volte panni niente affatto scontati. E’ il caso della giovane madre che interpreta in Palazzo di Giustizia, opera prima di Chiara Bellosi, distribuita da Istituto Luce Cinecittà e presentata alla scorsa Berlinale, ma anche della proprietaria di un cinema d’essai nel nuovo film Nel bagno delle donne, commedia diretta da Marco Castaldi.

Partiamo con Palazzo di Giustizia: cosa l’ha colpita del suo personaggio e che cosa le ha lasciato?

Angelina è una mamma di 25 anni che ha una figlia di sette e si ritrova col compagno arrestato per una rapina, divisa tra il suo processo e l’accudimento della bambina. Ho riscoperto il mio lato materno, mi ha fatto crescere lavorativamente e umanamente. E’ un film delicato e potente, che più di concentrarsi sul processo si focalizza sui rapporti umani che si accendono fuori.

Per dirla con una battuta, è abbonata ai film carcerari oramai…

Ha ragione, trovo che sprizzino energia da tutti i pori. Fiore resta un’esperienza unica: la mia prima volta, Cannes, ritrovarmi catapultata in tutto quello… Mi sento fortunata, ho scoperto un mestiere che mi piace. Perché rende più empatici, fa entrare nei panni degli altri e conoscere punti di vista diversi, bisogni diversi, che poi sono gli stessi per tutti, dal bisogno di amore a quello di cure.

Nel bagno delle donne è la sua prima commedia, giusto?

Con il regista Marco Castaldi avevo già girato il corto Amici comuni, una mini-commedia. Stavolta sono la proprietaria di un cinemino d’essai che non va tanto bene, un giorno incontro Luca Vecchi che passa lì per caso e lo invito a entrare a vedere un film. Lui va in bagno e resta bloccato dentro, così io mi ritrovo a costruire un rapporto con questa persona chiusa lì per varie vicissitudini. E’ stato licenziato, ha problemi con la moglie… Una commedia che parla della precarietà dei trentenni di oggi, fatta di tante incertezze non solo lavorative ma anche emotive.

Dalla sua esperienza trova sia difficile per un’attrice emergere in questo Paese?

Il problema è che in Italia si chiamano – e premiano – sempre le stesse persone, non viene lasciato molto spazio al nuovo, al non convenzionale. Io non mi posso lamentare, non ho mai smesso di lavorare da quando ho interpretato Fiore, ma c’è ancora tanto da fare. Serve più meritocrazia, riconoscenza ed equità anche a livello di retribuzione con i colleghi maschi. Intanto tra giovani attrici facciamo squadra: con Selene Caramazza, Carlotta Antonelli, le gemelle Fontana e Blu Yoshimi ci sentiamo spesso, ci videochiamiamo anche in questi giorni e ci sosteniamo a vicenda. Fare rete è tutto.

Claudia Catalli
06 Aprile 2020

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