Il raccapricciante delitto che scosse l’America degli anni ’40, rimbalzato sulle prime pagine dei giornali fino a diventare leggenda ha ispirato il secondo romanzo di James Ellroy (Mondadori l’ha appena ristampato) che sia diventato un film. Dopo L.A. Confidential è toccato a The Black Dahlia, scelto da quel grande appassionato di delitti a sfondo erotico che è Brian De Palma. Un progetto faticoso, perché i finanziatori hanno a lungo latitato, che ha richiesto riprese in Bulgaria (Dante Ferretti ha costruito gli ambienti in pieno stile noir anni Quaranta). Ed eccovi servita l’inaugurazione di Venezia 63, in corsa per il Leone d’oro. “L’ultimo premio l’ho vinto ad Avoriaz negli anni ’70, quindi spero di essere qui il 9 settembre”, dice il celebre regista degli Intoccabili e di Scarface, che adesso sta lavorando al progetto a lungo accarezzato di Toyer. Uno di quelli che scrive e dirige pensando in grande – per questo a molti il suo cinema sembra barocco se non manierista – e che rabbrividisce all’idea che si possano guardare Sergio Leone o Stanley Kubrick sull’iPod. “Il cinema degli anni ’40 e ’50 era straordinario perché la guerra aveva portato molti registi europei negli Usa e questi seppero rivoluzionare l’estetica del noir. Oggi i film vengono spezzettati e riempiti di spot, passano in tv o sul telefonino”.
The Black Dahlia, che uscirà il 29 settembre con 01 Distribution, sviluppa attorno alla morte di Dalia nera (Mia Kirshner) un doppio triangolo di passioni e ossessioni: i due poliziotti ex pugili Josh Hartnett e Aaron Eckhart (fuma come Bogart, dopo aver teorizzato il vizio nel recente Thank you for smoking), la dolce bionda Scarlett Johansson castigatissima in angora bianca e beige e l’ambigua Hilary Swank, viziata figlia di un costruttore con frequentazioni lesbo. Dietro le quinte c’è di tutto: polizia corrotta, speculazioni edilizie, ragazze bendisposte a caccia di una comparsata, scene hard in versione film muto… Per Ellroy l’assassinio della Dalia nera è il simbolo di un’epoca, quella che ha sposato il crimine ai media, ma anche l’ennesima tappa di un’elaborazione del lutto perché sua madre fu uccisa quando aveva dieci anni in modi che ricordavano da vicino quell’altro delitto e i suoi retroscena. “Quasi tutti i miei libri potrebbero diventare film ma finora sono stato fortunato perché mi sono imbattuto in registi di talento e attori di talento e questo ha moltiplicato i miei guadagni”, dice. Aveva espresso qualche perplessità sulla scelta della ventunenne Johansson, la nuova bionda sexy di Hollywood amata anche da Woody Allen e fidanzata con Josh Hartnett che vista da vicino sembra un’adolescente con i suoi bermuda e la sua Coca light, ma adesso corregge decisamente il tiro. “Se il film ha una debolezza, che del resto condivide con L.A. Confidential, è che non può restituire la matassa di personaggi e storie che si intrecciano nel romanzo, ma credo sinceramente che questa sceneggiatura abbia reso giustizia al libro”. Con un altro paio di gialli già opzionati da Hollywood (American Tabloid e White Jazz) e un terzo capitolo della trilogia sull’America nella macchina da scrivere, Ellroy si congeda da noi lasciando a una statuaria e simpatica collega una dedica degna dei suoi plot: “Alla tua bellezza che ha oscurato la Dalia nera. Se mi cerchi sono al Gritti di Venezia”.
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