“La storia è uscita dal vecchio soggetto di un videoclip per Calcutta, mai realizzato. Con Peppe Fiore abbiamo preso il cuore della storia, spostandola a Napoli: il tema del calcio non era il fulcro, ma più la tribù, la fede, quindi aprire/chiudere con una chiesa è un segno che va in quella direzione”, spiega il regista, Francesco Lettieri, al suo esordio nel lungometraggio.
Essere Ultras è una filosofia, una religione. Di quelle estremiste. Essere Ultras viene prima dell’amore, prima di se stessi: è una famiglia da tenere a bada e a cui dedicare tutte le priorità. “Prima il movimento Ultrà era più folkloristico, quello Ultras è più cupo e violento ed oggi è in un momento di grande crisi, sempre più difficile per loro esercitare l’indole violenta”, continua il regista.
E Mohicà, Sandro, Alessandro Russo ovvero Aniello Arena (esordio in Reality di Matteo Garrone), accolto e rispettato come un re, ora sotto DASPO, alla soglia della mezza età ha maturato in sé una dimensione meno istintiva, guidata da un senso di coralità e non di potere individuale, in contrasto rispetto alla nuova generazione di Ultras, quasi fuori controllo, tra cui Angioletto, un introspettivo Ciro Nacca (già in Gomorra: La serie), anche lui non pienamente allineato “al branco”, in bilico tra il suo viso d’angelo e il suo DNA da natìo di estrema periferia di Napoli: il film viene, in parte, recitato in lingua, quindi sottotitolato.
Soggetto di Peppe Fiore e Francesco Lettieri, che ha un bello e duplice sguardo: mostra infatti – al contempo – poetiche panoramiche a filo d’acqua di mare e a piombo su candidi scogli, o scene d’amore filtrate da infinitesimali pareti di vetro o osservate di traverso, rovesciate e dall’alto, con la stessa decisione con cui entra letteralmente dentro le risse tra ultras e polizia, in cui la macchina da presa corre e picchia come le mani e le armi. “Visivamente, la mia crescita è stata con il dop Gianluca Palma, con cui c’è simbiosi estetica e visiva: volevamo un’estetica che fosse contemporanea, ma anche personale, con l’uso dello zoom o della macchina a mano ‘sporca’. Nel film abbiamo messo insieme i pezzi della nostra esperienza degli anni pregressi, capendo l’esigenza di ciascuna scena, non secondo una coerenza forzata al precedente”, spiega così Lettieri, il proprio modo di guardare e mostrare.
Tutto inizia nella 34ma giornata di Campionato, e finisce con “la conquista di Roma”, sequenza tra le ultime del film, in cui la violenza con le Forze dell’Ordine è quella di una guerra non celata, poi definitiva… Sono Sandro e Angioletto, adolescente dai dorati capelli e “orfano” di padre e di fratello, i due personaggi al contempo dentro e fuori dal coro, quello della quotidianità bighellonata tra una canna e uno striscione per la prossima partita a cui partecipare abusivamente. Sandro, leader – diffidato – degli Ultras, è uomo autorevole ma di poche e nette parole, e si comporta con “Angiolè” quasi fosse un padre. Forse anche per il senso di colpa di “aver fatto ammazzare” il fratello, Sasà, proprio in un’ennesima rissa calcistica. E’ in questo limbo che esce anche un – inaspettatamente – romantico Sandro, quasi impacciato nel conoscere e fare l’amore con Terry, Antonia Truppo, con cui addirittura osa accennare potrebbe voler mettere in equilibrio la propria vita: se non fosse che l’aspetto e parte della storia lo narrano differente, Aniello Arena, coperto di tatuaggi, acconciatura alla moicana, dona al personaggio uno sguardo limpido, quasi estraneo a quel gruppo d’appartenenza di “brutti, sporchi e cattivi”: “Ci ho messo del mio, ma non è autobiografico: dopo aver letto la sceneggiatura, ho iniziato a farmi dei pensieri e già dentro di me ho iniziato a ‘dividere’ il Moicano da Sandro, ho pensato a come io, Aniello, mi comporterei verso una donna e un amore. Mentre con gli Ultras cercavo di essere leader, ho messo la mia napoletanità: temevo molto la scena collettiva con il gruppo, lui stava perdendo in quel momento”, confida l’attore, spesso “messo in difficoltà” dall’unica figura femminile del film, quella intepretata da Antonia Truppo: “Non ho lavorato sul personaggio: come attrice ‘corista’, specialità di cui mi faccio vanto, mi sono resa conto che ogni personaggio ha il compito primario di portare il vettore che serve al film. Terry ha quello di far vedere quanto Sandro fosse tanto Moicano quanto un essere umano in difficoltà. Il mio compito nel film era mettere in difficoltà lui di fronte a questa donna indipendente. Ho intuito che potevo rischiare di essere quella fuori dal coro, per la mia formazione tecnica e teatrale: sul set ho respirato un gruppo di persone con la chiarezza delle intenzioni, per cui io ho cercato di stare in un’improvvisazione costante, affidandomi a questa cosa”.
Il film è prodotto dalla Indigo di Nicola Giuliano: “È la prima collaborazione con Netflix, ed è stata un’esperienza molto positiva: in un momento in cui esordire, in Italia, non è cosa facilissima, ha permesso a Francesco, e a noi, che questo accadesse; per me, obiettivo primario di un produttore, è quello di assecondare un autore, per favorire l’aurora di un percorso creativo. Credo sia un’opportunità straordinaria poter essere visto in 189 Paesi”, perché Ultras esce, nel nostro Paese, al cinema il 9-10-11 marzo, poi su Netflix dal 20 del mese.
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