Dai mujaheddin a Vancouver

Sono due anni, ormai, che il documentario Jung – Nella terra dei Mujaheddin, di Fabrizio Lazzaretti e Antonio Vendemmiati, riceve premi e riconoscimenti in tutto il mondo. Prima Lille e Barcellona, poi Venezia ed ora Vancouver, dove pochi giorni fa è stato insignito del National Film Board Award per il miglior documentario.
Il filmato (guarda la scheda sul sito della Biennale) che ripercorre in diverse tappe la costruzione di un ospedale in Afganistan, ad opera di Emergency, forniva un quadro allarmante della situazione afgana, ancor prima che i recenti avvenimenti la portassero di nuovo alla ribalta. Oltre a farci vedere la costruzione dell’ospedale diretto da Gino Strada e, con agghiacciante realismo, i suoi interventi su uomini, donne e bambini, dilaniati dalle mine disseminate durante vent’anni di guerra, vengono mostrati i campi di addestramento dei terroristi di Bin Laden, le sterminate tendopoli di profughi con i suoi “mangiatori di erba”, i traccianti di proiettili che si infrangono contro le maestose ed impervie montagne senza che mai se ne scorga il bersaglio! Nei volti, nelle ferite, nella fame non c’è mai ombra di compiacimento, né la sofferenza è strumentale come accade, invece, per altri “viaggiatori di Kandahar”!
La ragione sembra essere muta, come è spenta la lampada/lumen, uscita dal Guernica di Picasso, che compare accanto a Gino Strada nei suoi monologhi in penombra contro la macchina da presa.
Semmai accadesse, per un filmato così serio, come per le saghe americane, di uscire con una versione 2 o 3 , chissà cosa rimarrebbe da mostrare oggi, prima che i nuovi cacciatori di teste siano riusciti a ridisegnare le nuove sfere di influenza per i giacimenti di petrolio dell’Asia Centrale?