Fandango ha a cuore Genova. Dopo l’annuncio, qualche mese fa, della produzione di Diaz, non lavate questo sangue, film di fiction di Daniele Vicari con Elio Germano e Claudio Santamaria, basato sui tragici eventi avvenuti nel corso del G8 2011, le cui riprese termineranno domani, porta oggi a Venezia il documentario Black Block di Carlo A. Bachschmidt, nella sezione Controcampo Italiano. Il film uscirà poi il 15 settembre in un cofanetto libro + DVD, dopo un breve passaggio in sala venerdì 9 al Politecnico Fandango.
Qui, a parlare, sono direttamente le parti offese. Uno studia da terapeuta alternativo, due una coppia lavorano come arboricoltori. Un’altre nei media indipendenti. Padri di famiglia, insegnanti, obiettori di coscienza. Non sembrano proprio dei violenti terroristi.
Il titolo è provocatorio. Ma loro non fanno accuse. “Il contraddittorio – dice Procacci – è volutamente assente”. Semplicemente, raccontano. “Era ciò che cercavamo – spiega il regista, anche rappresentante del Genova Legal Forum – Questi racconti sono stati fatti anche durante i processi, ma i media non li hanno ripresi”.
Un racconto intenso e scioccante, che documenta le violenze di quella notte terribile con il tragico bliz notturno delle forze armate alla scuola Diaz, dove si trovavano i manifestanti, e le successive torture alla caserma di Bolzaneto.
“Gli sceneggiatori di Diaz, non lavate questo sangue – racconta ancora Procacci – hanno visto il materiale documentario che avrebbero poi dovuto trasformare narrativamente. Ma devo ammettere che, pur essendo soddisfatto dei giornalieri del film, nulla ha la medesima potenza delle immagini reali. “Ci chiedono già il documentario da Parigi e Berlino – gli fa eco l’autore – questa storia c’é chi in Europa non l’ha voluta dimenticare”.
Certamente non i testimoni principali, sette, tutti stranieri, che Bachschmidt ha fatto protagonisti, due dei quali presenti a Venezia, Mina Zapatero e Lena Zuhlke, che assieme agli altri hanno messo su un centro di supporto psicologico per le vittime di esperienze traumatiche come la loro. L’uscita del documentario è anche, per loro, un modo di chiarire alla stampa e all’opinione pubblica chi sono veramente e cosa facevano quel giorno: “Nei nostri rispettivi paesi, al momento – dice Zapatero – ci fu grande scandalo sulla polizia di Berlusconi, poi però tutto è stato dimenticato”.
“Sono successe così tante cose nella mia vita – dichiara Muli Reichel, uno dei coinvolti, nel documentario – e Genova è stata un’esperienza così forte, così intensa, che mi ha profondamente segnato, e se c’è una cosa che la polizia non è riuscita a ottenere, è stato di farmi mollare tutto. Direi che hanno ottenuto il contrario. Non posso né voglio ritirarmi e condurre una vita borghese. Magari non sono più in prima linea in tante manifestazioni. Però quello che voglio fare, continuo a farlo e continuerò a farlo. Dentro quella scuola non ce l’hanno fatta a rompere questa cosa dentro di me”.
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