“Certe volte, ti vuole più bene chi ti lascia andare, di chi ti trattiene”.
Un bambino, due madri. Antonietta (Serena Rossi), mamma biologica nella umile Napoli del ’44, e Derna (Barbara Ronchi), “mamma per un anno” nel Nord del Paese, lì nella provincia emiliana: il piccolo Amerigo Speranza (Christian Cervone) – 8 anni in quel dopoguerra pulsante di miseria e avvenire – prende consapevolezza, non senza dolore, su alcune verità dell’esistenza, con un senso dell’eroismo quotidiano e fanciullino.
La storia sul grande schermo comincia nel 1994 a Torino, quando l’Amerigo adulto (Stefano Accorsi) è un violinista di successo, lui che da bambino ha preso un “treno della felicità” per desiderio di Antonietta, che aveva visto un’opportunità di riscatto in quell’iniziativa di solidarietà, nata per strappare i piccoli all’indigenza dopo l’ultimo conflitto mondiale.
“Nessuno conosce questa storia, o raramente, è stata organizzata dall’Unione Donne Italiane, e coinvolge donne e bambini, il che la rende quasi invisibile, mentre invece è epica. È poi importantissima la storia di quei due anni, in cui c’era uno slancio tra Nord e Sud del Paese, e questi treni che hanno portato 70mila bambini racconta quello che siamo stati e racconta quello che forse potremmo essere ancora. La mia ragione per questo film è l’importanza di questa storia per il nostro Paese: ho cercato di dare grande credibilità, per restituire tutto in termini di realtà, affinché fosse un film autentico”: questo spiega Cristina Comencini de Il treno dei bambini, dal bestseller di Viola Ardone tradotto in 25 lingue, che guarda il mondo dagli occhi dell’infanzia, un’infanzia a suo modo violata dalla ruvidità della vita; quel “treno” che conduce Amerigo lontano dalla casa natale, come una boccata d’ossigeno in quel tempo di povertà e generosità al contempo, si rivela per lui precoce viaggio di formazione emotiva, in cui scopre la cognizione di causa applicata al sentimento dell’affetto, anzi dell’amore, quello più puro e istintivo del senso materno.
Un senso restituito, dunque, da due mamme, ciascuna a proprio modo, per cui per Serena Rossi è stato anche un modo per “raccontare un pezzo di famiglia: mia nonna Concetta, oggi 84 anni, fu accolta per tre mesi a Modena e ancora racconta di aver così vissuto l’infanzia che non aveva avuto. Per me, il coinvolgimento emotivo è enorme. Questa mamma è così lontana e diversa da me che mi sono lasciata trasformare in una madre che non riesce a dare carezze, perché non le ha ricevute, ma per lui fa il gesto più grande: lasciarlo andare verso una vita e non verso la sopravvivenza”.
Mentre “Derna pensa di essere inadatta, e invece naturalmente nasce un’amicizia col bambino, che fa breccia nel suo cuore”, commenta Barbara Ronchi, per cui “inconsapevolmente fa conoscere al bambino qualcosa che lo farà bruciare, una passione, la musica, però pronta a lasciarlo tornare a casa. Poi, però, c’è il libero arbitrio del bambino, che capirà da grande cosa sia voluto dire tutto questo…”.
Per l’autrice originale della storia, Viola Ardone: “è un po’ sintomatico sia una storia dimenticata e quindi è un film in cui riconoscerci, perché siamo stati quell’Italia solidale: quei treni erano nati con l’idea di mettere in pratica la solidarietà. La guerra era appena finita, e l’UDI supportata dal PCI decise questo sforzo organizzativo e economico importante, a cui le famiglie si sono affidate, nella certezza di una mano tesa dall’altra parte, per l’accoglienza di questi bambini. Così, si sono conosciute due Italie, creando un tessuto connettivo che è durato per generazioni”.
Secondo Stefano Accorsi, “un bambino ha sempre infinite risorse anche per adeguarsi… ma l’essere stato oggetto di scelta da parte di una delle sue due madri lascia un segno… Lo troviamo – adulto – in un momento in cui è un uomo risolto, ma all’inizio del film un cassetto si riapre e comincia a lavorare l’emotività profonda”.
Un’ulteriore scrittura del film è data dalla musica, di Nicola Piovani, che tiene a specificare come: “in questo periodo, fra i tanti progetti, quello che tendo a fare meno sono i film, perché il cinema è cambiato e ho meno voglia di aggiornarmi su certe prassi ma musicare storie con questa drammaturgia è un’occasione. Per scrivere la musica bisogna appoggiarsi a delle emozioni e qui ce n’erano in abbondanza, in particolare sul tema della maternità. È una storia in cui musicalmente bisognava entrare con grande rispetto: questo è un film molto strutturato, con un’unità drammaturgica, fondamentale anche per la scrittura della musica, che fa vivere la musica secondo il montaggio”, parole a cui fa coda Rossi, precisando come “con il Maestro abbiamo cercato di cantare con uno stile antico, che rispettasse quel tempo: un lavoro di pulizia e semplicità”.
Stasera, 20 ottobre, all’anteprima ufficiale del film alla Festa, la visione s’annuncia anticipata dall’esecuzione di due brani dalla colonna sonora, suonati dagli allievi adolescenti di San Cecilia, oltre a Serena Rossi che esegue il brano di Roberto Murolo presente in scena.
Il treno dei bambini viene diffuso su Netflix dal prossimo 4 dicembre.
Intervista a Carlo Verdone e Stefania Rocca, sul tappeto rosso di chiusura di RomaFF19
Nella nuova stagione Verdone si prepara ad essere direttore artistico del Festival di Sanremo
L'attore hollywoodiano ha ricevuto il Premio alla Carriera della Festa del Cinema di Roma 2024, prima dell'anteprima di Modì - Tre giorni sulle ali della follia, suo nuovo film da regista
Sul red carpet della Festa del Cinema di Roma è arrivato Johnny Depp