L’obiettivo è quello di indagare il rapporto critico tra abitare e costruire, partendo da alcuni edifici che sono emblematici di questa frattura, dalla forte carica simbolica, emblemi della città in cui sorgono. 8 le architetture scelte e raccontate nella loro complessità attraverso 150 fotografie, video storici e testi inediti di scrittori. La mostra – inaugurata alla presenza di numerosi ospiti tra cui Yvonne Sciò, Vincenzo Vita, Francesco Gesualdi, Piero Maccarinelli, Matilde Bernabei, Maria Pia Calzone, Beppe Attene, Tiziana Rocca, Giannandrea Pecorelli – individua esempi particolarmente significativi, distribuiti su tutto il territorio nazionale, reperendone testimonianza nei materiali dell’Archivio LUCE e in altri archivi. L’esposizione è promossa da Roma Capitale, Assessorato alla Cultura, Sovrintendenza Capitolina ai Beni Culturali. Organizzata e realizzata da Archivio Luce Cinecittà.A cura di Chiara Sbarigia con Dario Dalla Lana. Servizi museali di Zètema Progetto Cultura.
Le fotografie e i filmati che le illustrano provengono in buona parte dall’Archivio Luce e da altri archivi e istituzioni quali Archivio Alperia, Museo Alta Val Venosta, CISA Andrea Palladio, Fondazione Benetton, Fondazione Burri, Fondazione Dalmine, Archivio Fiat, Archivio Giò Ponti, Archivio Italgas, Museo d’Arte Contemporanea “Ludovico Corrao”, Triennale di Milano, Fototeca Trifernate.
“L’idea della mostra nasce dall’unione di suggestioni e reminiscenze culturali – spiega Sbarigia alla conferenza stampa di presentazione – in questo caso le parole di Pavese su un luogo che ho visitato da ragazza, alla foce del Po, e su tante altre esperienze. E naturalmente c’è Cinecittà, che è a sua volta un luogo inabitabile ma popolato di lavoro e di esseri immaginari. Se fossimo stati all’estero avrei messo le Water Towers o la Tour Eiffel. Ho cercato posti riconoscibili, noti, che si possano visitare, tranne forse i Palmenti di Pietragalla, più sconosciuti. Il Gazometro, a cui non si accede facilmente, è invece presente in molti film e serie televisive. Dopodiché -conclude la presidente di Cinecittà– ho cercato di coinvolgere scrittori e fotografi. Ciascuno, una volta scelti i luoghi, doveva essere legato al territorio. Il lavoro degli scrittori, speciale, sarà soprattutto presente nel catalogo”.
La sottosegretaria alla Cultura Lucia Borgonzoni sottolinea come “la mostra rende semplice qualcosa che non è così immediato da comunicare. Porta un messaggio fornendo una chiave di lettura comprensibile anche per chi non è vicino all’architettura o a realtà che magari si conoscono per cartoline, ma di cui non si conoscono la genesi e gli sviluppo. L’uso della fotografia permette di visualizzare anche un racconto del nostro paese, e di come certe strutture da abitabili siano diventate inabitabili, e altre invece siano nate inabitabili, ma ci siano rimaste nel cuore. Giusto l’esempio della Tour Eiffel, che è diventato simbolo non solo di Parigi ma di tutta la Francia nel mondo. Inoltre, la fotografia è un linguaggio diretto e forte che non sempre ha trovato all’interno del Ministero della Cultura il giusto spazio. Solo negli ultimi anni è nata una direzione apposita, con un fondo di un milione di euro, cosa di cui sono molto orgogliosa, perché la fotografia prenda sempre più spazio anche all’interno dei nostri musei. E’ un linguaggio adatto ai giovani che non ha nulla da invidiare all’arte più classica”.
Per Dalla Lana “è stata una grande opportunità lavorare con l’Archivio Storico Luce, per cui ringrazio per tutti il direttore Enrico Bufalini. E’ un patrimonio culturale straordinario di foto, immagini in movimento, con grande valore documentario o estetico. Siamo stati attenti a scegliere diverse tipologie. L’edificio industriale, la torre littoria, i posti legati all’agricoltura. Epoche diverse, tecniche costruttive diverse, vere e proprie architetture o manufatti che per alcuni nemmeno sarebbero architettura ma che ci sembravano interessanti, come opera d’arte o commemorazione”.
Tra le circa 150 immagini che fanno parte della mostra – in aggiunta alle immagini “storiche” – spiccano le foto di grandi autori italiani come Gianni Berengo Gardin, Guido Guidi, Marzia Migliora, Gianni Leone e molti altri. A livello internazionale, si segnalano le immagini di Mark Power, Sekiya Masaaki, Steve McCurry.
Appositamente realizzate per la mostra sono poi le bellissime immagini di Francesco Jodice e di Silvia Camporesi, dalle quali è stata tratta la copertina di catalogo.
Commenta Jodice: “la Torre Branca è stata una delle mie prime gite milanesi, e uno dei film che più amo nella storia del cinema è Milano Calibro 9 di Fernando Di Leo, che inizia con una passeggiata di Gastone Moschin attorno a questo monumento che è il simbolo di una Milano che si rinnova. Ho scoperto nel tempo che era una sorta di mia mitografia. Per una serie di motivi, per il senso di colpa legato all’origine della torre, diventa un oggetto strano, senza accesso, mi sono dovuto arrampicare su rari tetti per poterla vedere. Ma è stata una sfida: cercavo di restituire a questo oggetto leggero, trasparente, friabile una certa consistenza. Ho fatto cinque tentativi notturni, non riuscivo a far tornare l’oggetto quello che avrebbe dovuto essere in origine: una lanterna magica al centro della città”.
Le Architetture Inabitabili raccontate dalla mostra sono:
– Il Gazometro di Roma, che emerge come un moderno Colosseo, presenza iconica nei film e nelle serie TV degli ultimi anni e visibile pure dalla Centrale Montemartini, che ospita la mostra e che offre al visitatore un suggestivo confronto tra l’architettura e il mondo circostante;
– Il Memoriale Brion ad Altivole, un complesso architettonico progettato dall’architetto Carlo Scarpa e concepito come luogo di sepoltura per la famiglia Brion;
– Il campanile semisommerso di Curon, situato nel lago di Resia in Trentino – Alto Adige, affascinante struttura romanica completamente trasformata dalla costruzione di una diga che portò alla creazione del lago per scopi idroelettrici, sommergendo il paese (che venne distrutto), e lasciando emergere così solo la torre campanaria;
– Il Cretto di Gibellina, installazione commemorativa dell’artista Alberto Burri, un grande sudario di cemento bianco che ingloba le macerie della città di Gibellina, distrutta nel terremoto del Belice del 1968;
– Il Lingotto di Torino, storico e famosissimo complesso architettonico, progettato da Giacomo Matté Trucco, che un tempo ospitava la fabbrica della FIAT, divenendo simbolo della storia industriale della città.
– Gli Ex Seccatoi di Città di Castello, che nel 1966 ospitarono i libri alluvionati di Firenze, che qui vennero “curati”; perduta definitivamente la loro funzione originaria con l’abbandono della coltura del tabacco negli anni ‘70, dal 1990 ospitano gli ultimi grandi cicli pittorici di Alberto Burri.
– La Torre Branca, originariamente torre littoria, progettata da Giò Ponti, concepita come una struttura temporanea per la Triennale del 1933, caratterizzata da una struttura a traliccio in acciaio e dotata di ascensore che permette ai visitatori di raggiungere la cima e godere di una vista panoramica su Milano; è stata restaurata dopo un periodo di relativo abbandono, ed è ritornata a essere visitabile dal 2002;
– I Palmenti di Pietragalla, testimonianza dell’ingegno dei vignaiuoli locali, un’architettura rupestre in pietra formata da oltre duecento costruzioni disposte su diverse quote, un tempo utilizzate come laboratori per la produzione del vino, che creano un impatto paesaggistico notevole, evocando atmosfere fiabesche.
Ognuno di questi luoghi, alcuni noti al grande pubblico e altri meno, offre uno sguardo peculiare sulla propria inabitabilità e intrinseca bellezza.
Il catalogo, edito da Archivio Luce Cinecittà con Marsilio Arte, è arricchito dai testi inediti di otto scrittori che regalano una narrazione personale ed intima dei luoghi, suggerendo ulteriori chiavi di lettura delle architetture: le loro valenze simboliche, affettive, storiche. Gli autori sono:
Proprio Tiziano Scarpa, a proposito del suo contributo, spiega: “C’è la parte industriale dell’Italia del boom dopo la ricostruzione, è un atollo simbolico di come fu l’Italia negli anni Cinquanta, Sessanta e Settanta. Esemplificativi i filmati del Luce che nella mostra sono esposti proprio tramite lo schermo di un televisore Brionvega. E poi c’è la committenza di una borghesia industriale che voleva farsi riconoscere, e che chiamava a lavorare le eccellenze. La tradizione che abbiamo ricevuto è una tradizione di innovazioni. Carlo Scarpa – di cui non sono parente – è un alfiere del modernismo e della rimessa in discussione di ogni cosa. Non solo l’impianto macroarchitettonico ma ciò che riguarda dettagli, minuzie, cardini, cerniere, serrature -prosegue lo scrittore- Non c’è una vite che sia stata comprata dal ferramenta, secondo me. Cos’è una tomba? Una lapide? Un’iscrizione su una lapide? Non c’è nulla che non sia stata riconsiderata, tanto che si rischia di distrarsi dalla funzione di raccoglimento e di riflessione sulla morte che un memoriale ha in partenza”.
Il catalogo, oltre alle immagini e ai testi degli scrittori, contiene i saggi dei curatori, una prefazione del Sottosegretario alla Cultura Borgonzoni e una postfazione di Marco Belpoliti.
La mostra rappresenta un’opportunità unica di esplorare la complessità delle architetture inabitabili italiane, invitando il pubblico a riflettere sulla loro rilevanza simbolica e sulla loro continuamente rinnovata vitalità.
Federica Pirani, responsabile dell’archivio storico capitolino, fa notare in particolare come la mostra sia “complessa, ma con delle letture aperte a tutti. L’architettura si percepisce spesso nella distrazione, mentre stavolta è stata valorizzata e sottolineata. La Centrale Montemartini è la prima centrale elettrica di Roma, che poteva essere inabitabile, e ora è diventato un museo e un esempio luminoso di qualificazione”.
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