TORINO – Z L’orgia del potere è il film scelto per l’omaggio a Costa-Gavras che riceve a Torino il Premio Maria Adriana Prolo assegnato dall’Associazione Museo Nazionale del Cinema. Un premio alla carriera prestigioso che va quest’anno al maestro dell’impegno politico, greco di nascita, naturalizzato francese. La consueta laudatio è stata affidata a Riccardo Scamarcio, ma in realtà è un videomessaggio inviato dall’attore, in partenza da Bari verso Parigi. Poche parole affettuose, anche in greco, per il regista che l’ha diretto in Verso l’Eden del 2009. L’ottantatreenne cineasta vincitore dell’Oscar per il Miglior Film Straniero nel 1970 proprio con Z, drammatica denuncia della presa del potere dei colonnelli, ha da qualche tempo diradato gli impegni (il suo ultimo film, Le Capital, risale al 2012), mentre è sempre molto attivo come presidente della Cinémathèque francaise. Una carriera, la sua, di inconfutabile coerenza. Infatti sulla copertina della rivista Mondo Niovo 18-24 ft/s, diretta da Caterina Taricano, che dedica un numero monografico al cineasta, campeggia un titolo che lo descrive perfettamente: “Costa-Gavras fedele a se stesso”.
Cosa significa per lei questo premio?
E’ un grande onore perché l’Italia è un paese importante nella mia storia e Torino è una città di cinema. Sono contento che mi sia idealmente consegnato da Scamarcio, un attore dotato di grandi qualità e possibilità.
Proprio oggi è giunta la notizia della morte di Fidel Castro. Per lei che ha dedicato tante energie alle questioni dell’America Latina cosa ha rappresentato il Lider Maximo?
Mi sono occupato dell’America Latina in un periodo tragico, quello delle dittature, oggi la situazione è migliore, anche se Cuba rappresenta un caso particolare. Ci sono stato tre volte, ospite della scuola di cinema e ho incontrato due volte Fidel, ma non ho avuto un grande relazione con lui. Penso che se il mondo occidentale avesse lasciato sviluppare il progetto politico di Castro, lui non si sarebbe alleato con l’Unione Sovietica. Non so se abbia preparato una nuova generazione politica e questo è un peccato, forse adesso a Cuba ci sarà un capitalismo di Stato come in Cina.
Z L’orgia del potere resta tuttora il suo film più famoso e amato.
Me lo chiedono spesso nelle università, è stato appena proiettato davanti a 300 studenti a Parigi. E’ impressionante la reazione di questi giovani, lo sentono attuale e questo è grave. Le democrazie arrancano, in Italia, in Francia, in Ungheria. Se posso aggiungere una cosa: solo in Italia c’è questo sottotitolo L’orgia del potere, lo volle un distributore imbecille.
Cosa pensa di Tsipras? Ripone ancora in lui molte speranze?
Penso che abbia le mani legate, non ha potere, perché l’Europa fa quello che vuole. Il suo carisma è decaduto, perché il popolo vuole i cambiamenti da un giorno all’altro. Ma è un giovane senza un passato di corruzione, passato che invece condividono tutti i politici sia di destra che di sinistra. Credo in un rinnovamento della politica, in una generazione giovane e con le mani pulite. Anche Renzi mi sembra interessante.
Il crollo delle ideologie e la fine della fiducia nella politica come mezzo di trasformazione del mondo hanno messo in discussione la visione che si aveva negli anni ’70 e di cui molto suo cinema è permeato. Oggi la politica è stata esautorata ed è la finanza a detenere il controllo. Lei ha qualche rimpianto?
Ho il rimorso di non aver fatto più film, c’è ancora molto da dire, il mondo va meglio ma non abbastanza velocemente, la nostra società ha una straordinaria volontà di cambiamento. In Europa c’è molta ricchezza eppure abbiamo anche una povertà sempre maggiore con ricchi sempre più ricchi e una classe media che si va restringendo, mentre una grande classe media porta la pace sociale. La democrazia non funziona più, sono le banche e le imprese economiche a controllare il mondo. E se questo non cambia andiamo verso una catastrofe sociale.
Che ricordo ha di due attori con cui ha lavorato: Renato Salvatori e Yves Montand?
Montand, che era anche lui italiano, è stato un grande attore, io ho iniziato grazie a lui e a Simone Signoret. Ero assistente di René Clement e mi occupavo di Simone. Una volta Yves mi chiese se giocassi a pallavolo e mi invitò in campagna da loro. La nostra collaborazione è cominciata così. Renato Salvatori era straordinario, tra l’altro veniva da una famiglia povera, l’ho conosciuto quando lavoravo con Franco Solinas.
Lei ha lavorato anche negli Stati Uniti con film come Missing o Music Box prova d’accusa. Che bilancio fa di quella esperienza?
Positivo, perché ho sempre fatto quello che volevo fare, avevo il final cut. Ma oggi tutto è cambiato e un film come Missing sarebbe impossibile. Col digitale cambia il concetto di fare un film, tutto è più facile, ma al tempo stesso c’è un imbarbarimento, si possono vedere i film sul telefono. Netflix e le grandi compagnie possono distruggere il cinema d’autore: il cinema nazionale non può esistere senza una volontà politica che in Francia c’è dai tempi di De Gaulle e che è proseguita con Mitterrand. Netflix quando produce pretende il final cut e fa quello che vuole del film e poi è una compagnia sovranazionale quindi esonerata dalla tassa di scopo.
Cosa pensa del nuovo presidente degli Stati Uniti?
Se fa la metà di quello che ha detto sarà un casino totale. Gli Stati Uniti sono un grande paese con una tradizione democratica eppure sono riusciti ad eleggere questo personaggio pericoloso. Una presidenza come questa rafforzerà i movimenti di estrema destra anche in Europa, in paesi come l’Ungheria, ma anche il populismo.
A cosa sta lavorando?
Ho appena pubblicato in Francia un cofanetto con nove miei film restaurati, ho scritto un libro in parte biografico e sto scrivendo una sceneggiatura. Se trovo i soldi girerò il film.
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