Corallo e Scola: il nostro Mastroianni straborda di umanità

‘Ciao Marcello - Mastroianni l’antidivo’, coprodotto da Luce Cinecittà, è un flusso ininterrotto di aneddoti e racconti di cinema e vita, attraverso la voce dell'attore e di chi l’ha percorsa con lui, dentro e fuori dal set


“Tra Marcello e mio padre c’erano un’amicizia e un affetto profondissimi, come del resto con tutti i ‘colonnelli’, ovvero Manfredi, Tognazzi, Gassman o Sordi, che era addirittura un suo amico della prima giovinezza. Ma con Marcello era diverso”.

È Silvia Scola, che firma con Fabrizio Corallo la sceneggiatura di Ciao Marcello – Mastroianni l’antidivo, a commentare le parole di stima con cui suo padre Ettore, il regista che lo ha diretto in ben nove film, si riferisce al caro amico nel documentario: “Ci sono piccoli e grandi attori, Marcello è qualcosa di più (…), qualcosa che mal si sposa al grande attore, che ha tempo e spazio solo per se stesso”.

Prodotto da Surf Film, Dean Film e Cinecittà in collaborazione con Rai Documentari in occasione del centenario della nascita di Marcello Mastroianni, il docufilm proiettato giovedì 17 all’Auditorium Parco della Musica nell’ambito della Festa del Cinema 2024 è diretto da Fabrizio Corallo e vede nel cast Luca Argentero e Barbara Venturato.

Silvia Scola – foto di Claudia Tempobuono

 

“Tra Marcello e mio padre c’era una simbiosi quasi fraterna: erano molto simili, proprio nel modo di pensare e di concepire la vita”, continua Silvia Scola. “Entrambi attaccati alla vita vera, agli affetti, agli amici, alla convivialità, facendo un lavoro che, per contro, ti assorbe completamente: in questo senso nel film mio padre parla degli attori che ‘hanno tempo solo per se stessi’. Perché il divo è così,  potrebbe vivere solo nel suo castello incantato, tra il set e i riflettori, e continuando così, nel suo ‘personaggio’. Marcello ne soffriva, e lo diceva: ‘io quando vedo i paparazzi devo fare ‘il divo’, devo entrare nel personaggio’.  Per lui era come recitare ancora, il che non lo gratificava: la differenza è che il divo gode di questo, è sotto le luci che ha raggiunto il suo obiettivo. Con mio padre, che pure considerava ‘una stronzata’ chiedere e firmare gli autografi, avevano la stessa concezione della vita, ma anche del cinema: dicevano ‘non stiamo costruendo la Cappella Sistina’ o ‘scoprendo la penicillina’, ‘per l’umanità il cinema è importante, ma stiamo facendo pur sempre un film’. E anche questo faceva parte di una modestia vera, che poi ne ha fatto persone diverse. Quello che io ci tenevo uscisse di Marcello è sì l’antidivo, – ma di questo se ne parla già da tempo – ma anche che la sua grandezza è pari alla sua umanità. Che la luce brilla su di lui perché è stato un uomo veramente particolare”.

Anche la scelta ‘prossemica’ del vostro racconto, lontano da una struttura didascalica e cronologica, sembra essere quella della semplicità, nel coerente rispetto di quella del suo protagonista, totalmente allergico ai cliché: com’è nata questa scelta narrativa?

“È proprio quello che volevamo venisse fuori: un auto-racconto semplice, netto, chiaro, come lo avrebbe fatto Marcello di se stesso. Per me lui è stato come un secondo padre, perché tra tutti gli attori amici è quello con cui abbiamo passato insieme più tempo, dai viaggi alle vacanze… La scelta narrativa quindi è stata proprio quella di dare più importanza alla vita, come è stato per lui”.

Il documentario contiene anche un corposo omaggio a Cinecittà e al Teatro 5, il regno di Federico Fellini

“Fellini è stato molto importante nella vita di Marcello”, conclude la co-sceneggiatrice del docufilm. “il nostro omaggio al Teatro 5 è perché è stato davvero una casa dei grandi artisti, che è ancora oggi è lì nella sua magia: raccontare Marcello omettendo il teatro 5 avrebbe voluto dire omettere uno dei pezzi fondamentali della sua vita”.

Marcello Mastroianni nella sua casa a Roma con la mamma Ida e il fratello Ruggero, nel 1963

 

Ciao Marcello – Mastroianni l’antidivo è un racconto per immagini, a volte inedite, provenienti da un patrimonio di archivio a dir poco immenso, dove Argentero tra un filmato e l’altro si ritrova a raccontare a una giovane assistente montatrice (Venturato) la vita e la carriera straordinaria dell’indimenticabile attore: nelle numerose e rare interviste d’epoca – una su tutte quella a due di Dick Cavett con Sophia Loren, New york 1977 – Marcello Mastroianni appare accanto a Fellini, Visconti, Germi, Magni, Risi, Monicelli, Scola, e a tutti i grandi registi che lo hanno scelto come compagno di viaggio, poi è di nuovo protagonista nelle clip tratte dagli oltre 150 film da lui interpretati, back-stage dai set e filmini privati. Il risultato è una sbornia di scene montate a ritmo, che cattura lo spettatore già dai primi minuti, seguite dalle immagini del musical del 1962 Ciao RudiRodolfo Valentino visto dalle sue donne, che vide Mastroianni formidabile protagonista.

Fabrizio Corallo – Foto di Claudia Tempobuono

 

“Abbiamo lavorato per diversi mesi, non volevamo fare il solito documentario biografico con colleghi, amici, familiari”, spiega il regista Fabrizio Corallo. “Volevamo fare una sorta di autoritratto, come se lo stesso Mastroianni volesse descrivere meglio a chi c’era nella sua epoca e alle nuove generazioni chi era stato realmente nella vita e nel lavoro. Quindi c’è stato un lungo e laborioso lavoro di ricerca e selezione delle immagini da archivi italiani e stranieri, dall’Archivio Luce alle Teche Rai e all’AAMOD: il tentativo era quello di smitizzare un po’ i luoghi comuni su di lui, il latin lover, seduttore per antonomasia: non a caso abbiamo scelto Mastroianni l’antidivo nel titolo e Ciao Marcello in omaggio diretto proprio a quel musical, che aveva avuto 100 repliche trionfali al Sistina”.

Marcello Mastroianni sul set del film ‘Lo straniero’ diretto da Luchino Visconti, 1967

 

Raccontate un talento che andava infatti molto al di là dell’etichetta di latin lover che Mastroianni rifiutava, al contrario strabordante di umanità, semplicità, fragilità… Nel documentario quali aspetti avete scelto di sottolineare di più, quindi, dell’uomo e dell’attore?

“Io sono un grande ammiratore di Mastroianni e del suo understatement”, chiosa Corallo: “è ovvio che dopo il successo de La dolce vita in tutto il mondo lui aveva avuto quel marchio internazionale di maschio latino simbolo dell’Italia, e naturalmente tutto questo gli stava stretto, perché rivendicava la gioia del vivere occupandosi delle cose più semplici e più schiette: gli amici, gli affetti, il cibo, la voglia di condividere e soprattutto evitava i riflettori e dover rispondere sempre a tutto, come un tuttologo. Lui aveva una modestia innata e nessuna intenzione di autoglorificarsi. L’intento mio e di Silvia Scola è stato quello di scavare a fondo e sottolineare questi suoi aspetti meno noti, ma che noi ammiriamo molto: anche le giovani generazioni possono interessarsi all’artista e all’uomo, perché credo che nonostante il suo fascino enorme in epoche di maschilismo trionfante, Marcello Mastroianni ha saputo essere per sua grazia innata un “maschio morbido”, qualcosa di cui credo oggi ci sia molto bisogno, con gli attuali rigurgiti di maschilismo estremo”.

Marcello Mastroianni e Pietro Germi in una pausa sul set di ‘Divorzio all’italiana’, 1961

 

 

 

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17 Ottobre 2024

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