CONCHITA AIROLDI


Conchita Airoldi ha scelto la strada di trovarsi partner finanziari europei o internazionali per realizzare i suoi film. Così ha prodotto, insieme a Paul Allen, il kolossal Titus, diretto dall’americana Jiulie Taymor. Un film arrivato a costare 20 miliardi, la cui postproduzione è stata realizzata nientemeno che negli studi Skywalker di George Lucas. Airoldi, fra l’altro, è già al lavoro, sempre come coproduttrice, sul noir a luci rosse Two girls diretto da Catherine Breillat.
I problemi comunque non mancano neanche nelle coproduzioni. Per trovare accordi solidi il cammino è piuttosto tortuoso. “I francesi fanno difficoltà perché ritengono che i film italiani in Francia non abbiano mercato, gli anglosassoni impongono di girare in inglese. Insomma insorgono mille problemi”, dichiara esplicita Airoldi. “C’è sempre molta diffidenza verso le modalità dei finanziamenti italiani e sui nostri tempi di liquidità. Se godi di buone relazioni personali va bene. Altrimenti tutto diventa più difficile”. Quello che è certo è che più un produttore si muove, più sperimenta modi diversi si realizzare un film.
Airoldi ha comunque parole positive da spendere a proposito delle buone qualità professionali della categoria. Sia di quei produttori maturi che si sono adattati ai veloci cambiamenti avvenuti negli ultimi venti/trent’anni, sia quelli dell’ultima generazione che dimostrano grande desiderio e voglia di fare. “Non credo che abbiamo bisogno di maggiore protezione finanziaria, quanto di una più mirata assistenza durante le varie fasi di realizzazione del film. Molte volte”, spiega Airoldi, “do il via a un progetto e arrivo al massimo alla seconda revisione della sceneggiatura. E poi? Come pago la terza, la quarta, la quinta e sesta? Per avere un prodotto di qualità devi revisionarlo finché non è perfetto. Mi è capitato di lavorare con i francesi e ho verificato che loro attenzione è meticolosa. Questo garantisce qualità. Noi italiani non siamo mica più superficiali o abbiamo meno voglia di lavorare! Ma sei-sette mesi di lavoro hanno un costo!”.
I tempi sono quindi più che decisivi, anche per misurare le difficoltà e i rischi di una produzione. Solo mettendoli al sicuro, dal punto di vista finanziario, si ottengono dei risultati. “E quando i film sono buoni il pubblico li va a vedere. Non credo sia prevenuto verso il nostro cinema. Se diserta le sale è perché i film sono sbagliati. Tengo però a ribadire che per fare un buon lavoro bisogna finirlo al meglio, altrimenti qualsiasi accelerazione, dovuta per lo più all’esaurirsi delle risorse economiche, è a scapito della qualità”.

09 Maggio 2000

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