Con Tovoli torna il kolossal europeo


CANNES. “Non sono un veterano del Festival, è la seconda volta che vengo, l’anno scorso ero qui per la mia collaborazione a Dracula 3D di Dario Argento, che considero tra i 10 capisaldi della mia carriera di direttore della fotografia, circa 80 titoli, insieme al film di stasera”. Luciano Tovoli, classe 1936, sarà infatti tra i protagonisti della cerimonia di gala per Il deserto dei Tartari, diretto nel 1976 da Valerio Zurlini, e presentato a Cannes Classics nella versione restaurata da Digimage con la supervisione dello stesso Tovoli. Il restauro è andato oltre i tradizionali interventi, cioè la pulizia del negativo e la correzione del colore. “Sono state corrette tutte le imperfezioni tecniche e meccaniche, rispettando fedelmente le indicazioni originarie della regia, senza alcun stravolgimento”, spiega Tovoli.

Insieme a lui a salire la scalinata del Palais ci saranno alcuni degli interpreti di allora Giuliano Gemma, Max von Sydow e soprattutto Jacques Perrin suo amico di lunga data. “Se il libro di Dino Buzzati è diventato un film lo si deve a Jacques: oltre che attore ne è stato anche produttore con la Galatée Films. Io sono stato un suo tramite nell’acquisto dei diritti del libro di Buzzati. Ricordo che pagai la cifra pattuita nella villa all’Argentario di un costruttore edile che era entrato in possesso proprio di questi diritti insieme a un palazzo venduto da una contessa”.

 

E fu Perrin a scegliere Zurlini, regista schivo e in disparte, che non apparteneva a nessun gruppo artistico o intellettuale, nonché lontano dal neorealismo. “Un autore straordinario nella resa visiva in funzione del racconto, senza scivolare in modi estetizzanti, capace di lunghi e ampi movimenti macchina in una sola sequenza”. Perrin volle Zurlini perché era stato il suo mentore sul set de La ragazza con la valigia e poi di Cronaca familiare.
Non fu facile per Perrin trovare i finanziamenti perché il mondo produttivo guardava con una certa diffidenza a “Il deserto dei Tartari”, romanzo astratto e metafisico, che racconta una vicenda che è metafora del trascorrere del tempo e della vanità della routine quotidiana.

Alla fine nella coproduzione maggioritaria Italia e Francia, Germania minoritaria, decisivo fu l’intervento dell’Italnoleggio, il gruppo pubblico cinematografico, che mise a disposizione i laboratori di sviluppo e stampa e la costruzione di ambienti interni negli studi di Cinecittà. Cast ricco di volti famosi a livello internazionale, a cominciare dallo stesso Perrin, e poi Gassman, Trintignant, Noiret, Gemma, Griem, Rabal, von Sydow e Rey.

“Gli esterni del film vennero girati in Iran nella fortezza della città morta di Bam, dichiarata patrimonio dell’umanità dall’Unesco e rasa al suolo da un violento terremoto nel 2004. All’inizio si pensava alle Alpi come possibile location, ma Perrin scelse Bam come set casualmente, sfogliando la rivista ‘National Geographic’ nella sala d’aspetto di un dentista. Prima delle riprese la fortezza venne restaurata in sei mesi dalle autorità locali”.

 

Il segreto di un direttore della fotografia?”Sta nell’ascoltare il regista che non significa obbedire. Il regista esprime dei sogni, tu devi tradurlo in realtà”.Tovoli ha appena finito le riprese a Cinecittà di Che strano chiamarsi Federico! il nuovo film di Ettore Scola, dopo 8 anni di stop: un ricordo/ritratto di Federico Fellini in occasione del ventennale della morte del grande artista. “Racconta la nascita dell’amicizia tra Fellini più grande e un giovanissimo Scola nella redazione della rivista ‘Marc’Aurelio’ dove gravitavano Maccari, Age, Scarpelli e Steno. Tra l’altro abbiamo girato nel famoso Studio 5, luogo delle creazioni felliniane”.

I film più importanti della sua carriera? “Banditi a Orgosolo, che segnò il mio vero inizio, anche se sono accreditato come operatore di macchina. E sempre con Vittorio De Seta Diario di un maestro (1973), film reportage in 4 puntate per la televisione sul mondo di una scuola elementare della periferia romana, tutto realizzato con un’improvvisata macchina a mano quando ancora non esisteva la steadycam. E poi Il mistero di Oberwald (1981), film con il quale Antonioni anticipò, sperimentando con alcune telecamere e nastro a due pollici, il futuro digitale del cinema”. E nel cuore di Tovoli c’è poi Suspiria (1977) di Argento, l’occasione per affermare uno stile di lavoro che mai più avrebbe abbandonato: “Liberarsi dal naturalismo, perché ciò che è naturale nel cinema mi sta stretto. Così per questo horror sono andato alle frontiere dell’ignoto nell’uso del colore”.
E, non ultimo, un altro film amato, questa volta hollywoodiano: Il mistero Von Bulow (1990) di Barbet Schroeder. “Come posso non citarlo. Il protagonista Jeremy Irons, nel ricevere sul palco l’Oscar per l’interpretazione mi ha ringraziato in quanto direttore della fotografia. Non era mai accaduto nella memoria degli Academy, in quel momento vengono sempre ricordati i registi, i produttori, le mogli e le mamme”.

Articoli

Una delle illustrazioni del progetto
Articoli

Argento Reloaded by Luca Musk

L'artista Luca Musk e Franco Bellomo presentano il progetto espositivo dedicato al Maestro del Brivido. Una collezione di illustrazioni d'atmosfera che fanno rivivere i set di Argento e la loro magia

Articoli

The Arch., quando gli architetti diventano oracoli

Il documentario d'esordio di Alessandra Stefani ci porta in un viaggio lungo i quattro continenti alla scoperta delle prospettive che ci offrono i più importanti architetti contemporanei per un mondo più sostenibile. In sala con Adler dal 27 al 29 settembre

Articoli

Buon 2018 ai lettori di CinecittàNews

La redazione va in vacanza per qualche giorno. Riprenderemo ad aggiornare a partire dal 2 gennaio. Auguriamo un felice 2018 a tutti i nostri lettori.

Articoli

Cattivissimo 3 sfiora i 15 milioni

E' ancora Cattivissimo 3 a guidare il box office per il terzo weekend, con 2.471.040 euro. Al 2° posto, con 1 mln 919mila euro, sfiorando i 6 mln totali, il kolossal di Christopher Nolan Dunkirk


Ultimi aggiornamenti