Commedia, buddy movie e viaggio picaresco sono gli ingredienti del godibilissimo Conversazioni atomiche, il film di Felice Farina prodotto da Istituto Luce Cinecittà e distribuito dal Luce con Nina Film dal 13 dicembre (con un seguito di matinées nelle scuole nel 2019). Un originale e incalzante racconto che riesce a rendere comprensibili cose come la meccanica quantistica e la teoria della relatività generale attraverso le peregrinazioni dello stesso regista – da sempre appassionato a questi temi – e del suo operatore, lo svagato e distratto Nicholas Di Valerio. Come Don Chisciotte e Sancho Panza, i due malassortiti compari si intrufolano nei laboratori e nelle aule d’università per cercare di intendere, e farci intendere, i misteri dell’universo. Dall’acceleratore di particelle di Frascati dell’Istituto Nazionale di Fisica Nucleare al Laboratorio Nazionale del Gran Sasso, dall’Interferometro Virgo all’Osservatorio astronomico di Campo Imperatore (proprio accanto all’albergo dove Mussolini venne detenuto nel 1943). Studiosi e ricercatori di vaglia si prestano con assoluta semplicità alla telecamera per rispondere alle domande da profano (ma non troppo) di Farina e per lasciarci avvicinare alla loro quotidianità, mentre i filmati scientifici dell’archivio Luce, spesso buffi e divertenti, quasi sempre praticamente inediti, ci portano indietro nel tempo.
“Sono da sempre ammalato di scienza – spiega Farina – e credo nell’importanza della divulgazione, perché è importante che si conoscano le domande che la scienza pone alla natura. Non amo quei documentari in cui gli scienziati appaiono in fredde interviste dal linguaggio forzatamente semplificato, e dove mirabili apparecchiature rimangono nel mistero del troppo complicato. Allora ho pensato a questo piccolo esperimento, in cui come dice il titolo si conversa, più che teorizzare; e dove si cerca di seguire un metodo per così dire ‘galileiano’, cioè si osserva e si traggono conclusioni”.
Lo stile è un po’ quello delle inchieste di Ugo Gregoretti, a cui il regista (che annovera tra i suoi titoli il mitico Sembra morto… ma è solo svenuto e La fisica dell’acqua) ammette di essersi in parte ispirato. “A fine anni ’80 Gregoretti fece un ciclo di inchieste per Raidue, in cui si portava dietro un operatore con cui faceva i suoi sproloqui”.
Il film, che è stato applaudito al Festival della scienza di Genova, all’NG Festival delle Scienze di Roma e al Trieste Science + Fiction, dà spazio a esperti di fisica teorica o fisica sperimentale, astronomia e neurofisiologia, tra cui Giovanni Amelino Camelia che spiega: “La verità per me è la cosa di gran lunga più importante, oggi è molto diffuso un atteggiamento antiscientifico nell’opinione pubblica, ma è anche vero che gli incontri con gli scienziati sono molto affollati e seguiti”. Mentre Catalina Oana Curceanu dell’Infn di Frascati, interviene via skype dall’Australia, sul tema dei rapporti tra potere e ricerca: “La scienza è uno strumento universale che poco ha a che vedere con la politica. Ma la società da queste ricerche ha un ritorno altissimo, gli stessi rilevatori che noi usiamo per le ricerche vengono poi impiegati negli ospedali magari nella cura di rare malattie genetiche”.
Diretto da Fabrizio Corallo che ne firma anche la sceneggiatura con Silvia Scola, è ricco di testimonianze e materiali d’archivio. Con Luca Argentero e Barbara Venturato
Dal 4 ottobre il film tornerà al cinema grazie al restauro in 4k realizzato da Paramount Pictures presso L’Immagine Ritrovata di Bologna, con il contributo di Luce Cinecittà e MiC
L’opera seconda della regista romana, co-prodotta e distribuita da Luce Cinecittà, arriverà a Novembre al cinema
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