Colin Farrell e l’aragosta in un mondo senza single

Il regista greco, rivelato da titoli come Dogtooth e Alps, tenta la carta della produzione internazionale con The Lobster, tra fantascienza e commedia dell'assurdo


CANNES – Una società dove non è ammesso essere single e dove la coppia è l’unica possibilità di esistenza. Chi rimane da solo ha appena 45 giorni per trovare un nuovo partner, all’interno di una struttura millimetricamente organizzata dentro un hotel di lusso sul mare. Se non ci riesce sarà trasformato in un animale a sua scelta. Molti optano per il cane, pochi pensano all’aragosta, ma sarebbe un’ottima scelta, perché vive a lungo e si riproduce per tutto il corso della sua esistenza. Ed è proprio questa la bestia prescelta da David. 

Tra fantascienza e commedia dell’assurdo ci trasporta in un mondo distopico il talentuoso regista ellenico Yorgos Lanthimos con The Lobster, in concorso a Cannes e in sala dal 15 ottobre con Good Films. Come Matteo Garrone, anche lui – dopo tre film che l’hanno segnalato nei grandi festival: Kinetta, Dogtooth, premiato qui in UCR, e Alps, vincitore a Venezia per la miglior sceneggiatura – ha fatto il salto in una produzione internazionale. The Lobster è infatti finanziato da Irlanda, UK, Francia, Grecia e Olanda, è girato in Irlanda, in County Kerry, recitato in inglese e con un cast importante. Protagonista della narrazione, dettata da un diario all’inizio non si sa di chi, è Colin Farrel nel ruolo di David, un uomo di mezza età, miope e con un’evidente pancetta, che viene trasferito all’Hotel insieme al suo cane (in realtà suo fratello). Subito ci rendiamo conto che l’impresa di accoppiarsi in questo contesto è quasi impossibile se non fingendo un interesse fittizio. Spogliati dei loro effetti personali e vestiti tutti allo stesso modo, che siano vedovi o scaricati dal compagno precedente, gli ospiti della struttura vengono umiliati e sottoposti a una sorta di lavaggio del cervello teso a dimostrare che la vita non è degna di essere vissuta se non in due. E questo essenzialmente per motivi pratici: essere salvati se mangiando qualcosa ti va di traverso o messi al riparo dagli stupratori quando si passeggia per strada. L’amore insomma c’entra ben poco. Intanto nei boschi attorno all’albergo, che digrada su un mare perennemente grigio, si nascondono i solitari ad oltranza che, sfuggiti alla punizione sociale, vivono come partigiani. Gli ospiti dell’hotel vengono mandati a cacciarli, armati di fucili anestetizzanti: ogni preda catturata corrisponde a un giorno in più di vita umana. Mentre chi riesce a trovare un nuovo amore viene ancora sottoposto a controlli per evitare che stia barando e, se necessario, dotato anche di prole.  

Lanthimos, insieme allo sceneggiatore Efthimis Filippou, suo collaboratore anche nei film precedenti, applica, un po’ meccanicamente, uno stile rarefatto che tende all’astrazione, evitando persino di dare un nome ai suoi personaggi che sono descritti per le proprie caratteristiche: la donna senza cuore (Angeliki Papoulia), lo zoppo (Ben Whishaw), il balbuziente (John C. Reilly), la donna che perde sangue dal naso (Jessica Barden). Ma il film cambia completamente registro nella seconda parte, quella in cui il protagonista evade e si unisce ai solitari, solo per scoprire che anche tra loro, benché paladini di libertà e individualismo, vengono applicate punizioni severe contro chi si bacia o peggio si innamora, punizioni fatte applicare da una intransigente leader del gruppo (Léa Seydoux). Ma naturalmente è proprio adesso che David incontrerà la sua anima gemella, una donna miope come lui (Rachel Weisz) con cui sogna di tornare in città.  

The Lobster è una storia sull’amore, senza essere una convenzionale storia d’amore – spiega il regista, che ha tra i suoi prossimi progetti un thriller psicologico con venature di soprannaturale e un biopic della Regina Anna – Osserva i modi e le ragioni per cui certe persone finiscono assieme come coppia, mentre altre no, parla dei terrificanti effetti della solitudine, della paura di morire da soli, della paura di vivere da soli e, soprattutto, della paura di vivere con qualcuno. Forzarsi nel farsi piacere qualcuno – continua il regista – è un tipo di sofferenza; provare a cercare qualcuno che ci piace davvero è un altro tipo di sofferenza. The Lobster cerca di scovare dei sinonimi dell’amore in parole come paura, norme, scadenze, abbinamento, sincronismo, innocenza, prosperità e bugie”. Ma senza accettare un’opinione univoca: “Non volevo dare risposte – dice ancora Lanthimos -ma casomai porre domande”.

Sulle possibili influenze cinematografiche, da Her di Spike Jonze a Fahrenheit 451 di Truffaut, Lanthimos non raccoglie analogie: “Ho cercato di tenerle lontane dal film”. Tra i riferimenti possibili Miss Violence di Alexandros Avranas (Leone d’argento per la regia a Venezia 2013), La decima vittima di Elio Petri e ovviamente tutto il cinema di Haneke e Seidl. Ma il suo sadismo ci è sembrato largamente gratuito.  

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15 Maggio 2015

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