TORINO – “Era sempre un passo avanti agli altri”, così Wash Westmoreland parla di Sidonie-Gabrielle Colette, grande scrittrice francese (1873-1954), femminista della prima ora e antesignana delle lotte per la proprietà intellettuale femminile, che a lei fu rubata dal marito Willy e che dovette faticare non poco per riottenere.
Per quasi vent’anni Colette ha affascinato il regista dello Yorkshire: “A lungo ho lavorato con il mio partner Richard Glatzer – racconta – eravamo co-registi e compagni di vita. Intorno al 1999, Richard cominciò a leggere Colette – i suoi romanzi, ma anche varie biografie – e mi convinse a fare lo stesso. Capimmo che poteva venirne fuori un grande film, specialmente se incentrato sul suo primo matrimonio. Era un periodo davvero cruciale, l’inizio dell’era moderna: si assisteva a movimenti tettonici nella definizione dei ruoli di genere, le donne chiedevano maggior potere in ogni ambito e gli uomini resistevano con tutta la loro forza. Tutto ciò sembrava essere rappresentato alla perfezione dal matrimonio tra due personaggi formidabili Colette e Willy”.
E dunque ecco Colette, biopic sontuoso, che il TFF ha proposto in Festa mobile, e arriverà nelle sale italiane dal 6 dicembre, distribuito da Vision. Presentato al Sundance Festival, il film si concentra sugli anni giovanili di Colette, ragazza di campagna intelligente ma senza un centesimo di dote, che giunge alle nozze con un editore marpione, giornalista e scrittore circondato da ghost writer. Nei racconti d’infanzia e adolescenza della moglie, messi nero su bianco con stile “femminile” e “sentimentale” e dunque inizialmente rigettati, finisce per intuire, anche perché pieno di debiti, un potenziale commerciale notevole. E infatti il pubblico femminile fa del primo romanzo Claudine à l’ecole un caso letterario di sapore crossmediale (ci saranno infatti altri romanzi della serie di Claudine, oltre che la versione teatrale, mentre la moda ne trarrà spunto, per esempio con il taglio di capelli alla maschietta).
Colette, interpretata da Keira Knightley con precisione, affida al suo alter ego Claudine tutta la sua insofferenza al predominio maschile e un’ombra di bisessualità che poi diverrà esplicita nella sua vita. Willy (Dominic West) all’inizio la sfrutta, contando sull’ingenuità della giovane donna a cui fa digerire anche i suoi numerosi tradimenti, ed è lui che la incoraggia ad avere avventure lesbiche. Quindi comincia a capire di non poterla più tenere sotto tutela: vende i diritti dei libri ed è deciso a bruciare gli autografi dei romanzi. Li affida a un segretario che li salverà dalle fiamme permettendo alla scrittrice di rivendicarne la maternità in sede giudiziaria.
Nel frattempo Colette è in tournée per la Francia con uno spettacolo osé in coppia con la sua nuova compagna, “Missy”, pseudonimo della marchesa Mathilde de Morny, sempre en travesti. Tra i successi della scrittrice Chéri (1920) e Gigi (1944), quest’ultimo diventato nel 1958 un musical MGM di grande successo.
L’evento genera sul territorio un impatto pari a oltre 2,1 milioni di euro, grazie ai consumi del pubblico, particolarmente appassionato e fidelizzato, e alle spese di organizzazione del festival
I dati della 36a edizione: 62.500 presenze, 2.161 accreditati (stampa e professionali/industry), 26.641 biglietti singoli e un maggior numero di proiezioni gratuite e di ingressi omaggio, rispetto all'edizione 2017
Il regista incontra il pubblico al Torino Film Festival prima della proiezione di Santiago, Italia, il suo documentario sul Cile di Allende e il colpo di stato di Pinochet. "Mentre lavoravo al montaggio, mi sono accorto che il film doveva finire in Italia e raccontare una storia italiana di cui andare orgogliosi, proprio oggi che una grande parte della nostra società è chiusa all'accoglienza"
La Giuria di Torino 36 presieduta da Jia Zhang-ke (Cina) e composta da Marta Donzelli (Italia), Miguel Gomes (Portogallo), Col Needham (UK), Andreas Prochaska (Austria) assegna il premio al Miglior film a