ROMA. Il cinema italiano non è solo commedia, che peraltro apre e chiude il Festival di Roma, e la conferma viene dal thriller d’autore La foresta di ghiaccio, secondo titolo italiano del concorso Cinema d’oggi. Il film di Claudio Noce, prodotto da Ascent Film con Rai Cinema, e il contributo di MiBACT e Trentino Film Commission (costo 1 milione e 400mila €), distribuito da Fandango il 13 novembre, si colloca in quella produzione di genere spesso trascurata e sperimenta il mix intrattenimento e qualità.
Un mistero si cela in una suggestiva valle alpina, immobile nella neve e nel ghiaccio che coprono abeti e rocce, dove il sole fatica ad apparire. Poche case, un locale dove ubriacarsi e cantare, una centrale elettrica ad alta quota, formano un piccolo universo dominato da presenze maschili, primitive e incattivite. L’improvviso guasto della centrale lascia più volte nel buio il paesino di montagna. A risolvere il problema arriva Pietro/Domenico Diele, giovane tecnico specializzato al primo incarico, mentre una tempesta incombe sulla valle. Pietro si trova coinvolto nel segreto che lega tra loro due fratelli, il simpatico Lorenzo/Adriano Giannini che improvvisamente sparisce, il selvatico e inavvicinabile guardiano della diga Secondo/Emir Kusturica, e la zoologa esperta di orsi Laura/Ksenia Rappoport.
Dal suo esordio drammatico Good Morning Amman è approdato ora al cinema di genere. Come mai?
Avevo voglia di misurarmi con qualcosa di nuovo. Fino a quel momento la città era stata la protagonista dei miei lavori, con i suoi protagonisti e i loro dolori. Cercavo forse il silenzio della natura. Il genere rappresenta la grande sfida per arrivare a più persone, a un pubblico eterogeneo.
Come definirebbe La foresta di ghiaccio?
Una favola nera che non rinuncia ad avere un forte contatto con la realtà, che è sempre stato l’elemento fondamentale dei miei lavori. Il progetto nasce da una dicotomia positiva: da un lato cimentarsi nel genere che ha regole e meccanismi narrativi ben precisi; dall’altro continuare ad avere un forte rapporto con il contesto sociale che in questo film è costituito dal transito, dall’identità e dall’immigrazione.
Ha avuto dei riferimenti noir o thriller nell’affrontare il genere?
Non degli autori anche se ho dovuto confrontarmi con un cinema enorme. Piuttosto hanno influito le sensazioni provate con film quali Sliver, Mystic River che possiedono una potenza narrativa molto legata alle emozioni dei personaggi.
Perché come location ha scelto un luogo estremo?
Avevo voglia lasciare la città, un contesto urbano. Così ho pensato a un non-luogo da cui è difficile fuggire, un elemento classico del genere. E’ stata una grande sfida tra le tante che il film ha affrontato: un palcoscenico ideale e perfetto per questa storia. Tutti i giorni abbiamo sofferto il freddo, le temperature estreme, le tempeste di neve che si vedono nel film, ma tutto ciò ha aiutato gli attori a immedesimarsi nei personaggi.
La vendetta è il tema principale sul quale è costruita la storia?
E’ uno dei motivi ricorrenti del cinema di genere e intorno alla vendetta sono stati costruiti i personaggi e in un primo momento c’era la storia di due fratelli, una perdita e la voglia di vendicarsi, poi sono nati i personaggi interpretati da Xenia e da Kusturica, quest’ultimo un antieroe e ho provato a giocare con il suo stereotipo.
Come ha lavorato sui personaggi?
Giannini è un cowboy di montagna che cavalca un quad al posto di un cavallo e sogna di vivere in un paese caldo. Xenia Rappoport è lo sguardo dello spettatore e il personaggio classico del poliziotto che indaga, anche se ho preferito non raccontare la storia che ha alle spalle. Domenico Diele ha il compito più difficile perché viaggia su due binari paralleli: quello di chiudere il cerchio del suo dolore e quello dell’intruso che arriva in un luogo sconosciuto e ‘flirta’ con tutti i personaggi.
E la scelta di Emir Kusturica?
Rileggendo il copione ho avuto una folgorazione e ho deciso di coinvolgerlo ed è stata la prima grande sfida di questo film. L’ho conosciuto durante un suo concerto , mi ha parlato a lungo per due ore e mezza e poi finalmente gli ho raccontato il mio progetto, convincendolo in meno di 15 minuti.
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