Cinque: criminali a basso budget


“5 è la completezza del 4+1, che si può associare ai cinque sensi dell’uomo. E’ il numero della saggezza, sia quella proibita che quella legittima. Si rappresenta in geometria con il pentagono o una stella a cinque punte, che può avere una punta verso l’alto, principio positivo, o una punta verso il basso, principio negativo. 5 sono le dita della mano”.

 

Cinque è il titolo dell’opera prima di Francesco Maria Dominedò, prodotta da Valter D’Errico per Vaderrik Film, in uscita il 24 giugno con Iris. Una storia di criminalità romana con personaggi – parole di chi lo ha prodotto – “che sembrano usciti da un fumetto”. Cinque ragazzi si conoscono, in riformatorio. Ciascuno è rinchiuso per piccoli reati. Cresciuti in mezzo alla strada, riescono a portare a termine una grossa rapina, improvvisandosi professionisti. Il facile guadagno, le donne e la bella vita saranno l’effimera conseguenza del loro atto, che li condurrà presto in un mondo più agguerrito, più malvagio e più spietato di loro.

Una sorta di Romanzo Criminale, insomma, ma girato con molti meno soldi e in molto meno tempo: “Non posso certo parlar male del film di Placido – dice Dominedò – è una grandissima produzione con grandi attori. Parliamo di grande cinema. La serie tv, poi, mi è piaciuta moltissimo. Noi ci siamo dovuti adattare a fare il nostro piccolo film con quello che c’era, circa 350mila euro. Ma mi sono ispirato più ai poliziotteschi anni ’70, quelli di Fernando di Leo. Si vede, credo, nei movimenti di macchina velocissimi e nel grande uso che faccio dello zoom. Non considero nemmeno il film del tutto mio, anche se c’è il mio nome come firma nei titoli di testa e di coda. E’ stato più un lavoro di squadra – racconta – e l’85% di ciò che abbiamo raccontato è vero. I protagonisti reali di quella storia erano sul set. Tutto è nato da una bozza di tre pagine scritta senza punteggiatura da Stefano Sammarco, uno dei protagonisti. L’ho portata al produttore D’Errico e abbiamo fatto una prima riunione sul letto di casa sua, perché non c’era un ufficio, anzi c’erano anche gli operai che gironzolavano perché stava facendo dei lavori. E’ stato lì che mi ha chiesto di dirigere e io ho accettato. Non è una persona ricca, non so come abbia fatto a trovare i soldi, ma ce l’ha fatta e alla fine abbiamo fatto un film davvero indipendente, perché non c’è nessun aiuto dallo stato, né prevendita. Anche il set era piuttosto povero, abbiamo coinvolto la gente del Quarticciolo, il quartiere di Roma dove abbiamo girato, erano loro a darci da mangiare. Quando abbiamo finito, però, mancavano i soldi per la post-produzione. Una cosa a cui io stesso non ero preparato. Il film è rimasto bloccato due anni, fino all’incontro con Iris, che ha deciso di distribuirlo”.

Il cast è ricco di volti più o meno noti: ci sono, tra gli altri, Giorgia Wurth, Christian Marazziti, Alessandro Tersigni, Alessandro Borghi, Giada De Blanck, Francesco Venditti, Rolando Ravello, Claudia Zanella. Tre, in particolare, spiccano. Il primo è quello di Matteo Branciamore, conosciuto in tv per il suo ruolo da bonaccione ne I Cesaroni e qui alle prese con qualcosa di totalmente diverso: “Ero sicuro che mi avrebbero appioppato il ruolo del ‘buono’ – commenta l’attore – e invece quello, per fortuna, è toccato a Borghi. Niente di male, per carità, ma non vorrei restare Marco Cesaroni per tutta la vita. Invece il mio personaggio è un instabile schizzato. Complimenti al regista, che ha avuto il coraggio di osare in un paese che non ama novità e sperimentazioni”.

Poi c’è l’intensa Emma Nitti, faccia nota di fiction e pubblicità, diretta al cinema, tra gli altri, da Abel Ferrara in Mary e da Andrea Menghini per In amore, nonché regina del burlesque italiano con il nome d’arte di Grace Hall, nel musical Dignità autonome di prostituzione di Luciano Melchionna.
Infine, c’è Stefano Sammarco, l’unico attore del cast totalmente alle prime armi. “Si è impegnato tantissimo – dice il regista – gli altri avevano la tecnica, lui la spontaneità. Ci tengo a precisare che comunque tutti gli attori sono stati pagati. Però – rivela – li ho un po’ presi in giro. Gli ho fatto credere che stavano facendo un gangster movie, mentre io ho girato una storia di amicizia e di scelte”.

autore
23 Giugno 2011

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