Il concerto di apertura – giovedì 12 ottobre, con repliche venerdì 13 e sabato 14, Auditorium Parco della Musica Ennio Morricone – sarà affidato alla bacchetta di Iván Fischer che salirà sul podio dell’Orchestra e del Coro dell’Accademia Nazionale di Santa Cecilia (istruito dal nuovo maestro del Coro Andrea Secchi), per dirigere Pini di Roma, Fontane di Roma e Feste romane di Respighi e O Roma Nobilis e Dall’Alma Roma di Franz Liszt.
Una serata dedicata a Roma in cui l’esecuzione della Trilogia romana di Respighi sarà accompagnata dal viaggio per immagini – in anteprima assoluta – ideato da Ancarani per questa occasione e ispirato proprio dalla musica di Respighi.
Ancarani, artista e regista ravennate, dopo aver recentemente raccontato Venezia con il film Atlantide (in concorso all’edizione della Mostra del Cinema di Venezia del 2022 e candidato al David di Donatello) volgerà per la prima volta il suo sguardo sulla Capitale, restituendone una visione inedita, misteriosa e ipnotica, lontana dagli stereotipi da cartolina.
Roma viene raccontata come la città del Grande Cinema. Un luogo dove la realtà e la messa in scena sono profondamente intrecciate in nome di un immaginario che plasma l’idea stessa della città.
Girato negli assolati mesi estivi, il film si apre con una sequenza montata con materiali tratti dall’Archivio Storico dell’Istituto Luce. Un evocativo viaggio nel tempo che ripercorre la nascita e lo sviluppo dei grandi studi di Cinecittà, la città del cinema, il luogo per eccellenza in cui hanno preso vita (e oggi continuano a farlo) grandi produzioni cinematografiche.
Dagli albori della sua nascita, con centinaia di operai ripresi durante i lavori di costruzione degli studios in una campagna ancora deserta alle porte di Roma non invasa dai palazzi popolari, che ricordano dei cercatori d’oro nel Far West. E poi la Seconda Guerra Mondiale, le grandi produzioni cinematografiche italo-americane degli anni Cinquanta e Sessanta con una carrellata di scene di backstage tratte da Ben-Hur, Spartaco, La notte, L’eclisse e poi, ancora, i volti di star amate dal pubblico come Vittorio Gassman, Marcello Mastroianni, Sofia Loren e Monica Vitti. Cosa è rimasto oggi?
L’occhio di Ancarani si sofferma sulle impalcature nascoste dai set, sulle maestranze e sugli artigiani che operano ancora oggi dietro le quinte, sull’impegno di chi ha lavorato e contribuito alla costruzione di quel grande gioco illusorio che è il cinema.
All’improvviso emerge un giovane e moderno cowboy, quasi un personaggio fuoriuscito da un set che prende vita dalle suggestioni dei film western, con il cappello alla John Wayne che sul suo destriero esplora alcuni luoghi dell’“Antica Roma”.
Ma Ancarani si addentra anche in una Roma più intima e nascosta, lontana dalle grandi masse dei turisti che quotidianamente la invadono e la riprendono con i loro cellulari, diventati ormai quasi delle moderne telecamere: è la Roma dei giardini dell’Aventino e delle sue fontane più segrete, popolate da un microcosmo di animali sempre più minacciato dal nostro mondo. Tutto questo viene ulteriormente esaltato dalle musiche dei poemi “romani” di Respighi che, come ha dichiarato il regista, “hanno una complessità incredibile e profonda. Ed è una qualità che infonde a questo film il senso di una grande sfida”.
Intervengono alla conferenza di presentazione, oltre a Fischer e Ancarani, Enrico Bufalini, direttore dell’Archivio Luce, Simona Renata Baldassarre, Assessore Cultura, Pari Opportunità, Politiche giovanili e della Famiglia, Servizio civile della Regione Lazio e Miguel Gotor Assessore alla Cultura del Comune di Roma.
Modera il compositore Michele dall’Ongaro, Presidente e Sovrintendente dell’Accademia Nazionale di Santa Cecilia.
Dice Bufalini: “E’ un privilegio aver fatto parte di questo progetto, ci sentiamo a casa. Siamo stati felici di aver rappresentato la romanità con Cinecittà e il cinema, e dall’altro anche il passato coi materiali dell’Archivio, in una forma di tributo dedicata anche alle maestranze, a coloro che fisicamente producono il cinema, in un momento in cui la centralità del mestiere del cinema è più che mai un tema rilevante”.
Prosegue Gotor, portando i saluti del sindaco Gualtieri: “si tratta di un menù speciale incentrato sulla Capitale e sulla romanità. La novità è proprio Ancarani, con il suo viaggio per immagini, che già aveva dato saggio delle sue capacità di raccontare le città con Atlantide. Le vestigia millenarie di Roma si trasformano con lui in uno straordinario set cinematografico”.
Commenta Fischer: “Sono contento di essere qui per gettare un ponte tra due nazioni. Ogni anno lo facciamo con un diverso paese, siamo partiti da Berlino, poi Amsterdam e ora Roma. E’ un gemellaggio. Crea amicizia, la musica può fare tantissimo ed è importante in questo momento in cui il mondo è pervaso da guerre non necessarie. Anche se Italia e Ungheria sono paesi amici, è un dovere promuovere amicizia, condivisione, pace e comprensione tra i popoli. A Budapest hanno amato approfondire la conoscenza di Respighi e qui eseguiremo musiche di compositori del mio paese come Liszt e Bartok. Eseguiremo ‘Il mandarino miracoloso’. Porterò dei danzatori, ed è interessante perché Bartok preferiva le pantomime alla danza, ovvero attori in movimento. E’ qualcosa a metà tra danza moderna e recitazione in movimento, seguendo la storia con un linguaggio che illustra ogni singolo passaggio. Ma qui faremo qualcosa di diverso perché la musica di Respighi non è illustrativa, lavoreremo piuttosto sul sottotesto a un livello molto diverso, in virtù di una continua ricerca”.
Dichiara Ancarani: “Il compito non era facile, il progetto è assolutamente nuovo. Non è un film muto, né di finzione, dove il compositore e il regista competono, come spesso capita. E’ un progetto che non vuole essere protagonista ma è felice di partecipare a qualcosa che è stato creato con molte voci e presenze dall’interpretazione di Fischer, che è cambiato in corso d’opera, allungandosi o accorciandosi. E’ un progetto visivo, basato sui miti e le mitologie che il mondo del cinema ha sempre creato relazionandosi alla storia. La novità sta nella contaminazione di ciò che di solito si tiene separato, come cowboy e grandiose rovine romane, ma cercando le leggende anche nel cuore di Cinecittà”.
Chiude Baldassarre, portando i saluti del presidente Rocca: “siamo onorati di aver gustato questo preludio. L’accademia di Santa Cecilia è un’istituzione essa stessa, romana, italiana e internazionale. Unire il classico con il contemporaneo, forme d’arte diverse che si incontrano, è un modo di proiettare l’Accademia e Roma tutta verso il futuro avvicinando anche il pubblico più giovane. Dopotutto Accademia vuol dire anche formazione e nuovi posti di lavoro”.
E non a caso molte formule di acquisto di biglietti e abbonamenti sono proprio a favore dei più giovani.
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