Chi è La Talpa? Di certo, non è Bond…


Da 007 in poi, siamo abituati a pensare all’agente segreto come a un tipo di bell’aspetto, ben vestito, dalla battuta pronta e circondato di donne bellissime. Non ci vuole un grande sforzo d’immaginazione per capire che le cose, nella realtà, stanno in maniera diversa, ma Tinker, Taylor, Soldier, Spy, film dello svedese Tomas Alfredson (Lasciami entrare) in concorso a Venezia, che sarà distribuito in Italia da Medusa a gennaio, ha il coraggio di rivelare la verità al cinema, seguendo le orme di John Le Carrè, autore del romanzo da cui la pellicola è tratta e con cui condividerà il titolo italiano, La talpa.

Le spie protagoniste di questa intricata vicenda – non facile da seguire in un piovoso mattino della seconda settimana continuativa di proiezioni – pur essendo interpretate da uomini eleganti e affascinanti come Gary Oldman, Colin Firth, Mark Strong, John Hurt e Tom Hardy, hanno invece l’aria disincantata e sofferente di chi ha sacrificato la propria vita per un lavoro pericoloso e sporco, che sembra serbare, per loro e per il mondo, solo dolore e solitudine. Tra di loro c’è una talpa, una spia, un doppiogiochista. Scovarne l’identità non è solo una questione di sicurezza nazionale, ma anche di giustizia personale, perché la solidarietà tra colleghi è tutto ciò su cui questi uomini possono contare.

Il primo a prendere la parola, in conferenza stampa, è Gary Oldman. Ha l’aspetto – baffi folti e aria compassata – del Commissario Gordon, il comprimario di Batman che interpreta nella serie di Christopher Nolan dedicata al crociato mascherato, di cui è imminente l’uscita del terzo capitolo, Il Cavaliere Oscuro – Il ritorno. “Ho interpretato molti personaggi rabbiosi e fisicamente ‘agitati’ nel corso della mia carriera – dice – quindi per me è un grande stimolo avere la possibilità ora di renderne uno completamente diverso. Come attori si è spesso alla mercé dell’industria e di chi ti dà la parte, ma sono grato, ad esempio, a Nolan, per aver pensato a me come Commissario Gordon, così come lo sono a Tomas per questo ruolo. Ed è stata una fortuna avere come sottotesto un romanzo complesso come quello di Le Carrè, che ha costituito per noi interpreti una specie di cartina stradale che ci ha guidati per rendere al meglio emozioni e sentimenti”.

Romanzo che, a detta di molti, era da considerarsi totalmente ‘infilmabile’. Pubblicato nel ’74 e basato su un’esperienza diretta dell’autore, ex membro di MI5 e MI6 inglesi, nonché infiltrato della Guerra Fredda degli anni ’50, è caratterizzato da una credibilità senza precedenti nel genere ‘spy’. Ce n’era già stata una celebre versione televisiva, interpretata da Alec Guinness, ma durava ben sette episodi.

“Non si può inserire ogni dettaglio di un romanzo di 349 pagine in due ore di film – dice Alfredson riguardo all’adattamento – ma si possono scegliere dei temi, cogliere gli elementi principali e delinearne i momenti essenziali per cercare di descrivere quanto accade. Per me questi elementi solo la fedeltà e gli ideali. Ci sono riuscito grazie a un cast di attori straordinario. Personalmente, da svedese, so che il mio paese si trovava in una posizione neutrale, ma essendo così vicini alla cortina di ferro mi ricordo bene l’atmosfera che si respirava. Ma il film è ambientato in Inghilterra, che a quei tempi subiva ancora le conseguenza della guerra ‘vera’, il secondo conflitto mondiale. Chissà cosa ne penserebbe un regista britannico. Dal punto di vista visivo però ho evitato di ispirarmi ad altri registi, ce ne sono fin troppi che non fanno che copiare. Io mi sono rivolto invece alla pittura, alla musica e anche a degli oggetti del vivere quotidiano. Ma voglio che sia lo spettatore a scoprirli”.

“E’ stata per me anche un’opportunità di tornare a lavorare in Inghilterra – fa eco ancora Oldman – e poi con questi attori! Ogni mattina che ci sedevamo per le riunioni prima del lavoro li guardavo estasiato, ed ero nervosissimo all’idea di incontrare uno dei miei modelli, John Hurt”.

Hurt, che è il più anziano del gruppo e per questo viene bonariamente preso in giro, la Guerra Fredda se la ricorda molto bene: “Cosa credete? La morte arriva per tutti, anche per i re – scherza riferendosi ancora alla sua differenza di età con il resto del cast – ma, sì, avete ragione. Ai tempi della Guerra Fredda c’ero, e se è per questo c’ero anche ai tempi della guerra ‘calda’, quella vera. Mi ricordo i film in bianco e nero, il colore sarebbe arrivato solo negli anni ’60, e una pazzesca nevrosi, anche nelle opere cinematografiche, di quello che accadeva nell’Europa dell’Est. Le Carrè ha catturato questa atmosfera alla e perfezione, ed è stato un privilegio poter partecipare a questo progetto”.

Colin Firth, reduce dall’Oscar per Il discorso del re, non si è montato la testa, e accetta di buon grado un ruolo da non protagonista: “Ho solo scelto il piatto migliore dal menù e ci ho affondato i denti. Non so come gli spettatori possano accogliere un film così complesso, ma sono ottimista, non bisogna sottostimare il pubblico. Io penso che il nostro aplombe ‘british’ piacerà”.

“Essere circondato da tutti questi englishmen è stato strano – scherza Alfredson – Quando sanno di avere un regista svedese tendono a parlargli come se fosse sordo o anziano!”

 

“Ma l’atmosfera sul set era meravigliosa – sottolinea Benedict Cumberbatch, il “giovane” del gruppo – ho perfino dovuto dare un pugno a Tom Hardy, ma per fortuna era per finta. Lui è un vero cucciolone. Se lo avessi fatto davvero sarei stato io a rompermi le nocche. Il film – aggiunge poi tornando serio – è un saggio sull’essere uomo in un posto di lavoro così particolare. E’ un film sulla solitudine, i personaggi sono alienati e soli, possono contare solo sull’onestà degli uni verso gli altri. Per questo è importante la lealtà. Sono persone che hanno sacrificato la loro vita, l’amore, tutto. C’è una scena nel film, quella della festa, che nel romanzo non c’era: si capisce perfettamente che tutti sono nel proprio mondo anche quando sono in compagnia degli altri”. “Questi uomini – conclude Mark Strong – sono l’anello sacrificale della pace raggiunta”.

Caratteristica del film è quella di allontanarsi, anche produttivamente, dal modello hollywodiano, essendo finanziato da enti europei come Working Title e Studiocanal.

In questo ufficio, per James Bond, proprio non c’è posto.

autore
05 Settembre 2011

Articoli

Una delle illustrazioni del progetto
Articoli

Argento Reloaded by Luca Musk

L'artista Luca Musk e Franco Bellomo presentano il progetto espositivo dedicato al Maestro del Brivido. Una collezione di illustrazioni d'atmosfera che fanno rivivere i set di Argento e la loro magia

Articoli

The Arch., quando gli architetti diventano oracoli

Il documentario d'esordio di Alessandra Stefani ci porta in un viaggio lungo i quattro continenti alla scoperta delle prospettive che ci offrono i più importanti architetti contemporanei per un mondo più sostenibile. In sala con Adler dal 27 al 29 settembre

Articoli

Buon 2018 ai lettori di CinecittàNews

La redazione va in vacanza per qualche giorno. Riprenderemo ad aggiornare a partire dal 2 gennaio. Auguriamo un felice 2018 a tutti i nostri lettori.

Articoli

Cattivissimo 3 sfiora i 15 milioni

E' ancora Cattivissimo 3 a guidare il box office per il terzo weekend, con 2.471.040 euro. Al 2° posto, con 1 mln 919mila euro, sfiorando i 6 mln totali, il kolossal di Christopher Nolan Dunkirk


Ultimi aggiornamenti