Dopo il sorprendente successo di critica e le discussioni suscitate da Il venditore di medicine, il film interpretato da Claudio Santamaria e Isabella Ferrari, Antonio Morabito torna sugli schermi ad aprile con un documentario che Istituto Luce ha ‘riscoperto’ e voluto riproporre alle sale, in una versione nuova e rimontata rispetto a un lavoro di tre anni fa. Che cos’è un Manrico racconta una settimana d’estate a Roma, calda, assolata, turistica, di Manrico, un trentenne distrofico che può muovere solo la testa e i pollici, e Stefano, l’operatore che assiste Manrico. Ma non è solo un film sulla distrofia o la disabilità: “Il titolo deriva da un episodio che poi non ha trovato spazio nel film -spiega il regista – Una volta Stefano è andato a parlare con un funzionario per sistemare delle carte e gli spiegava della situazione del ragazzo, ripetendo spesso il suo nome, ma questa persona non capiva e dunque chiese appunto ‘Che cos è un Manrico ?’. Da allora Manrico stesso ha iniziato a scherzare su questa cosa, e abbiamo subito pensato che fosse un titolo molto forte. Volevamo far capire che il documentario non parla di disabilità e basta, ma specificamente di una persona. Qualcuno ci si riconoscerà, ma ogni esperienza di disabilità è diversa per ciascuno”.
Il film è una commedia, un dramma, una piccola perla, un road-movie surreale e realissimo. Il viaggio dei due amici nella città si snoda tra strade piene di buche, gelaterie, ascensori complicati, partite di hockey, canzoni, fantasie e ricordi sessuali, traffico, sole, nonne irrefrenabili, social networks, battute a raffica, confessioni fondamentali o eventuali. Come due metropolitani Don Chisciotte e Sancho Panza, Manrico e il suo scudiero ci mostrano le cose di tutti i giorni come delle inaspettate avventure. Con una crudezza armata di candore e sorriso, ci mostrano il quotidiano come non lo vediamo. Ed è un film che dovrebbero vedere anche e soprattutto le persone ‘normali’, o più o meno normali, per capire quanto si possa abbracciare la vita e ridere veramente di tutto.
“Stefano è un mio amico da tempo – continua Morabito – e fu lui a dirmi che dovevo assolutamente conoscere Manrico, dato il suo carattere esplosivo e dirompente. Così l’ho incontrato e Manrico stesso mi ha subito proposto di fare un film insieme, aveva tante cose da dire. Per lo più erano progetti strampalati e irrealizzabili senza un budget milionario. Allora gli ho detto: ‘visto che hai tante cose da dire, mettiti davanti alla telecamera e dille’. Ho deciso di mantenere anche Stefano come parte integrante del sistema perché tra le persone che vicine a Manrico è quella che più facilmente tirava fuori il suo carattere istrionico, hanno un equilibrio a due molto forte, e si può dire che il loro rapporto sia il vero protagonista del film”.
Il doc arriva ora in sala, con proiezioni evento, grazie anche al supporto di associazioni di settore. “Nell’arco di questi mesi – dice il regista – ho visto quanto Manrico sia fatto della stessa materia di cui sono fatto io. Per ogni elemento di diversità dovuto alla malattia, ce ne sono mille di affini dovuti all’esistenza. È quindi la quotidianità che voglio mostrare in questo documentario; la normalità di una persona diversa ma uguale”.
“Ho girato la pellicola prima di realizzare Il venditore di medicine- conclude l’autore – poi l’ho montato con calma. Il materiale era abbastanza grezzo, per cui poi con l’intervento dello staff dell’Istituto Luce Cinecittà, a cui devo la possibilità di distribuire il film in sala, lo abbiamo rifinito a livello di qualità audio-video e anche sistemando un po’ il montaggio. Manrico purtroppo oggi non c’è più, ma ha fatto in tempo a vedere il film, gli è piaciuto e ci si è riconosciuto. Ci teneva tantissimo e oggi siamo contenti di poter realizzare il suo sogno di portarlo in sala. Parte degli incassi saranno destinati alla Cooperativa Oltre, la struttura che ha seguito Manrico per vent’anni, per l’acquisto di un mezzo attrezzato per il trasporto disabili, che andrà a sostituire il pulmino rosso che si vede nel film, che ormai ha fatto il suo tempo”.
Diretto da Fabrizio Corallo che ne firma anche la sceneggiatura con Silvia Scola, è ricco di testimonianze e materiali d’archivio. Con Luca Argentero e Barbara Venturato
Dal 4 ottobre il film tornerà al cinema grazie al restauro in 4k realizzato da Paramount Pictures presso L’Immagine Ritrovata di Bologna, con il contributo di Luce Cinecittà e MiC
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