Parla della perdita di se stessi il lungometraggio di Bindu de Stoppani Cercando Camille, ad Alice nella Città (Panorama Italia) . Un racconto ironico e a tratti struggente in cui un padre e una figlia iniziano a conoscersi realmente nel momento stesso in cui stanno per perdere ciò che li lega per sempre: la consapevolezza di ciò che sono e sono stati. Il padre Edoardo (Luigi Diberti) è un noto corrispondente di guerra ora ammalato di Alzheimer, la cui mente e i cui ricordi si stanno man mano frammentando. La figlia Camille (Anna Ferzetti) si è totalmente dedicata alla cura quotidiana del genitore malato, di cui ha sofferto da bambina le continue e lunghe assenze, rinunciando praticamente a se stessa. Ma ora che non c’è più la lontananza fisica a dividerli è la mente che inizia a svanire e lei non ha altra scelta che imparare a lasciarlo andare. “Ho scritto Cercando Camille perché mi interessava raccontare una storia che toccasse il tema della memoria e dell’identità, e quello che vuol dire conoscere chi si è – racconta la regista. Mi interessava anche il rapporto padre-figlia, la proiezione infantile di un padre ideale e come spesso quella visione eroica del genitore non permetta di vedere la persona che è realmente”. Camille ha, infatti, un’immagine idealizzata, mitologica di ciò che il padre è stato ed è. Man mano che il viaggio e la malattia progrediscono si rende conto che forse lui non è quell’eroe che aveva sempre pensato che fosse, bensì una persona fallibile, talvolta non particolarmente gentile né affidabile, ma allo stesso tempo un essere umano reale e di cuore.
Nella speranza di potergli far recuperare il passato e di scoprire chi sia veramente la persona che menziona nei suoi ricordi ricorrenti, la figlia organizza un viaggio insieme – che è sia fisico che mentale -verso la Bosnia, luogo del suo ultimo lavoro. I due partono di nascosto a bordo di un camper malmesso, che da un lato rappresenta la metafora del portare sempre se stessi con sé ovunque si vada, e dall’altro simboleggia la condizione mentale di Edoardo, un involucro disordinato e malconcio. “Volevo anche dare uno sguardo alle dinamiche familiari che si innescano quando un membro della famiglia viene colpito dalla malattia di Alzheimer, e come ciò abbia effetti diversi sulle persone vicine”, aggiunge Bindu de Stoppani.”Ugo, il fratello maggiore di Camille, è una persona pragmatica e incapace di gestire personalmente la malattia, che crede debbano essere dei professionisti a prendersi cura di lui. Camille, al contrario, sacrifica tutto della sua vita per senso del dovere e devozione nei confronti del padre. Chi ha ragione? Chi ha torto? Non c’è una risposta definita e ho voluto giocare con queste domande, lasciando al pubblico la possibilità di capire cosa farebbe se si trovasse in circostanze simili”.
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40mila presenze agli eventi organizzati a Casa Alice. Un successo per la sezione autonoma e parallela della Festa che ha già rinnovato per un biennio l'accordo con la Fondazione Cinema per Roma
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Presentato alla Festa di Roma il documentario Ma l’amore c’entra?, dove la regista ha raccolto le testimonianze di tre uomini che hanno picchiato le mogli e che ora sono impegnati in un percorso terapeutico. Un documento di forte attualità che getta luce sulle radici antropologiche del femminicidio