Cate Blanchett: “L’anno della femme? Speriamo che non sia solo una moda”

L'attrice australiana, insieme a Rooney Mara, è protagonista di Carol, il bel film di Todd Haynes su una passione lesbica proibita nella New York dei primi anni '50


CANNES – Ritira in parte il coming out che aveva fatto un certo baccano mediatico, Cate Blanchett, la radiosa interprete di Carol di Todd Haynes, che sulla scorta di un romanzo (The Price of Salt) di Patricia Highsmith che fu messo all’indice e che l’autrice aveva pubblicato sotto pseudonimo, ci mostra con stile impeccabile una passione amorosa tra due donne nella Manhattan dei primi anni ’50. “Mi hanno chiesto se avevo avuto molte relazioni con donne e ho detto di sì, poi ho aggiunto che non erano relazioni di tipo sessuale, ma questa parte della risposta è stata ignorata. Comunque siamo nel 2015 e la sessualità dovrebbe essere un fatto privato”, dice col sorriso sulle labbra l’attrice australiana. Che con Haynes aveva già recitato in I’m Not There, nei panni di una delle incarnazioni di Bob Dylan. 

Con l’avvolgente, fascinosa fotografia di Ed Lachman, il sesto film del 54enne regista americano – molto applaudito in concorso – racconta l’attrazione irresistibile tra Carol, una signora della buona società newyorchese, amorevole madre di una bimba, e Therese (Rooney Mara), commessa in un grande magazzino che nutre una grande passione per la fotografia. Le due donne incrociano i loro sguardi durante lo shopping natalizio e nasce subito la voglia di rivedersi. Ma se Carol ha già vissuto un affair omosessuale, tanto che si sta separando dal marito, per Therese, che il fidanzato vorrebbe al più presto sposare e portare in Europa, il coup de foudre è la rivelazione dei suoi più autentici desideri che sbocceranno durante un viaggio in macchina verso Chicago.

Il periodo storico è quello di un altro bellissimo film di Haynes, Lontano dal paradiso, e anche lì si parlava di discriminazione verso gli omosessuali. Carol, infatti, rischia di perdere la custodia della bimba a causa della sua condotta considerata “immorale” e accetta anche di vedere uno psichiatra nella speranza di rimettere a posto le cose. Però, rispetto al paragone tra i due film, il regista, che nel ’98 vinse qui un premio speciale della giuria con Velvet Goldmine, puntualizza: “E’ vero, ci sono numerose analogie, ma gli anni ’50 di Carol, che si svolge nel 1953, sono diversi da quelli di Lontano dal paradiso, che è ambientato nel 1957, in piena era Eisenhower, un’epoca stampata nella memoria grazie al cinema di autori come Douglas Sirk a cui infatti mi ero ispirato. I primi anni ’50 si collocano tra la fine della seconda guerra mondiale e Eisenhower, con l’inizio della guerra fredda e il maccartismo al culmine e una grande e diffusa paranoia sociale. Se si guardano le foto di New York in quel momento, per esempio le foto di Vivian Maier, si ha l’impressione di una città del vecchio continente, sporca, non ancora rimessa a nuovo, mentre alla vigilia dei ’60 c’è una classe media tirata a lucido e un glamour hollywoodiano”. 

Prodotto da Elizabeth Karson e Christine Vachon, scritto da un’altra donna (Phyllis Nagy), impreziosito dai magnifici costumi del premio Oscar Sandy Powell (il guardaroba della protagonista sembra uscito da un numero di Vogue), Carol è un film molto al femminile fortemente voluto dal team produttivo che ha lavorato un decennio per realizzarlo e che l’ha condotto in porto proprio grazie alla convinta adesione della star, due volte premio Oscar. E’ un altro passo verso la parità uomo-donna nel mondo cinematografico? “Prima di venire qui ho letto un articolo sul New York Times – dice ancora Cate Blanchett – che definiva questo come l’anno della femme qui a Cannes. Ma io spero che non sia solo una moda e che non sia un singolo anno”. E aggiunge: “Abbiamo perso terreno, ma è fantastico che ci siano produttrici pronte a fare un film come questo, intelligente e anche piacevole”.

Proprio il 17 maggio del 1990 l’omosessualità è stata rimossa dalla lista delle malattie mentali compilata dall’OMS. E c’è ancora molta strada da fare: “Negli anni ’50 – riflette Cate – le relazioni tra persone dello stesso sesso erano ancora illegali negli Stati Uniti e inoltre non esisteva una comunità gay e si viveva nel più totale isolamento. Oggi si sono fatti molti passi avanti, ma il pregiudizio non è scomparso. Siamo in un’epoca conservatrice e in 70 paesi del mondo i gay sono ancora perseguiti per legge, eppure la sessualità dovrebbe essere un fatto privato”.

E quando le chiedono se è stato diverso o strano girare la scena d’amore con Rooney Mara, risponde semplicemente di no. “L’unica cosa diversa è che da quando ho dei figli l’idea di spogliarsi non è più la stessa, ma con un uomo sarebbe stato uguale”.

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17 Maggio 2015

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