‘Casi El Paraiso’. Per il ‘Parasite messicano’, Montecristo e il complesso del malinchismo

L’intervista a Edgar San Juan, a Lecce per l’anteprima italiana del suo film, adattamento dal bestseller di Luis Spota, con protagonisti Andrea Arcangeli e Maurizio Lombardi. “E’ il primo film fatto in base al nuovo accordo di co-produzione Italia-Messico”, con il supporto del fondo Ibermedia


LECCE – 1956, un bestseller conquista la Letteratura: Casi El Paraiso di Luis Spota, che Edgar San Juan porta sul grande schermo 68 anni dopo, adattando il soggetto al contemporaneo, tempo in cui la meccanica dei social media è complice e/o carnefice nell’amplificare senso della vanagloria e brame di potere, distorsioni umane che mettono in gioco, a confronto, e in contrasto la società.

Per l’anteprima italiana del film, una co-produzione Italia-Messico-USA, il regista messicano accompagna la sua storia alla XXV edizione del Festival del Cinema Europeo di Lecce.

Edgar, uno dei temi del film è l’identità: essere o sembrare? Il suo protagonista Ugo Conti (Andrea Arcangeli) non è un nobile italiano, ma un uomo di umili origini di cui qualcuno – il conte Francesco de Astis (Maurizio Lombardi) – ha colto il fascino e la possibilità di trasformarlo in un influencer ambientalista.

L’identità che abbiamo costruito è quella di un impostore: era importante parlare di questo tipo di persone, perché per un europeo che arriva in Messico è molto facile affascinare; penso che abbiamo questo complesso come conseguenza della colonizzazione della Spagna sul Messico, e penso a La Malince, dapprima una schiva, che poi con la malizia ha aiutato Hernán Cortés a conquistare l’impero azteco, infatti noi definiamo ‘malinchismo’ quando si preferisce qualcosa di straniero rispetto al locale: parlando di identità questo film ne parla in questo senso, appunto perché noi tendiamo a preferire lo straniero rispetto al messicano; infatti, la critica principale di Luis Spota era proprio quella, essendo lui figlio di immigranti italiani: voleva parlare certamente dell’identità e proprio del complesso del malinchismo.

Il romanzo di Spota è ambientato dopo la Rivoluzione messicana, momento storico capace di spiegare corruzione, ambizione, lotta sociale, ma lei ha portato la storia nel presente: qual è la ‘rivoluzione’ collettiva che muove, agita, o stimola questo periodo?

È molto triste che il Messico non sia molto cambiato in quasi settant’anni, e credo su questo concordi chiunque legga il romanzo o veda il film: noi abbiamo una classe politica molto corrotta, molto vorace. Non è un Paese progredito abbastanza e Spota aveva già segnalato nel romanzo la frustrazione dei messicani per cui il Messico non è il Paese che vogliamo: è davvero molto frustrante!

La sua storia è raccontata dal punto di vista femminile. Nel nostro Paese è molto attuale il tema della violenza del maschio sulle donne e le cronache quotidiane raccontano il femminicidio come fenomeno costante: nella scelta della voce di lei, il primo amore italiano di Ugo/Amedeo, ha riflettuto su questo per sottolineare un certo tossico machismo latino?

Totalmente! Il punto per me più importante dell’adattamento era esattamente questo: abbandonare il corso del machismo del romanzo, perché il libro è molto divertente in merito a questo aristocratico italiano, bravo, bello sofisticato che arriva in Messico e seduce tutta la società, ma i personaggi femminili, come raccontati da Spota, erano decisamente minori; invece, adattando il romanzo, io volevo far emergere il femminile come soggetto portante e determinante della drammaturgia. Penso che il tema di cui mi ha domandato sia il centro dell’adattamento e che concorra alla conversazione su quel tipo di machismo: tutte le donne che guardano il film restano molto compiaciute nel vedere che i personaggi femminili siano determinanti.

I suoi due uomini italiani, Andrea Arcangeli e Maurizio Lombardi, sono costruiti senza stereotipi, però con delle personalità specifiche: si è fatto ispirare da qualche figura letteraria o cinematografica conosciuta?

Sì, per il personaggio di Maurizio Lombardi, il conte de Astis, ho pensato molto al Conte di Montecristo di Alexandre Dumas, un riferimento chiave per me; e lo stesso per Arcangeli. Seppur, i principali e più importanti riferimenti per l’intero film siano stati Il talento di Mr. Ripley di Anthony Minghella, di cui considero fondamentale anche la musica di Tu vuò fà l’americano, che noi abbiamo adattato per l’interpretazione dei mariachi. E, ancora, altro riferimento, è stato Catch Me If You Can con Leonardo Di Caprio; ma pensando a un film più recente indico Parasite, perché questo film è la storia di un inganno, con un personaggio concatenato all’altro, che con l’uso dei social media porta avanti l’imbroglio: la critica messicana ha commentato che Casi El Paraiso sia il ‘Parasite messicano’.

Il film è una co-produzione Italia-Messico-USA. Lei ha scelto la Puglia come scenario per la storia italiana: quale spirito, quale luce, quale atmosfera di questa terra sono un valore aggiunto per la narrazione e l’estetica?

Per noi era molto importante mostrare l’universo pugliese in un film messicano: prima abbiamo collaborato con un dialogue coach, così che Arcangeli avesse accento pugliese; poi, la musica composta e interpretata ha come riferimento di base la musica della Puglia; ancora, abbiamo cercato il periodo dell’anno migliore in cui girare affinché la luce naturale di questa terra fosse armonica con quella messicana, per fare un discorso visuale organico, nel nome della compatibilità estetica. La gente messicana spesso mi chiede dove sia questo posto in Messico e io rispondo che “no, è Puglia, è Bari, è Bitonto, è Giovinazzo’; avrei voluto girare anche a Lecce, ma per questioni di produzione era più semplice stare nella zona di Bari, però penso che lo spirito pugliese sia presente dentro tutto il film.

Da un punto di vista strettamente produttivo, la collaborazione tra due cinematografie come quella messicana e quella italiana, quali opportunità ha portato al progetto e quali ancora pensa possano essere sviluppate in prospettiva futura?

E’ una domanda molto importante perché Casi El Paraiso è il primo film fatto in base al nuovo accordo di co-produzione Italia-Messico, due Paesi con cinematografie molto importanti, da Cuarón a Sorrentino; sono i Paesi con ‘il top’ dei registi mondiali. Con questo accordo c’è davvero l’opportunità di fare più co-produzioni: è un valore aggiunto, come per esempio per noi messicani poterci avvalere di attori e tecnici italiani, per conoscere altri universi cinematografici; è davvero vitale per le crew messicane arrivare in Italia e conoscere altre forme di collaborazione: è uno scambio che arricchisce le cinematografie dei nostri Paesi.

Nel cast, oltre a Arcangeli e Lombardi, anche Miguel Rodarte (Destilando México, Tiempo Compartido), Esmeralda Pimentel (El Color de la Pasión, Cachito de Cielo), e la star Disney Karol Sevilla (Soy Luna, Siempre fui yo).

Casi El Paraiso è prodotto da Film Tank e Interlinea Film, realizzato con il supporto del MiC, della Apulia Film Commission in Italia e del fondo IMCINE per il Messico con  il supporto di Cinépolis Distribución, Telemundo Studios ed EFD in associazione con The Lift. La produzione esecutiva per le riprese italiane è stata a cura della Oz Film. Il progetto è una delle prime co-produzioni tra Italia e Messico, realizzata anche con il supporto del fondo Ibermedia. Il film – dopo la distribuzione messicana di metà settembre 2024 e nell’attesa di quella in altri territori latino-americani e statunitensi – uscirà in Italia nel 2025.

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