Carlo Lavagna: “Nel corpo di Arianna il rapporto tra identità e potere”

Il film, alle Giornate degli Autori, sarà in sala il 24 con Istituto Luce-Cinecittà


VENEZIA – “Sono sempre stato attratto da ciò che non si riesce a definire, e l’ermafroditismo coglie in flagrante proprio questo territorio di mezzo e ci permette di interrogarci sul rapporto che intercorre tra normalità e potere”. Così Carlo Lavagna, regista e produttore di documentari, spot e corti, presenta il suo esordio nel lungometraggio di finzione Arianna, al Lido nella selezione ufficiale delle Giornate degli Autori. Un’opera su un tema insolito ma molto attuale, che fotografa una ragazzina adolescente nel momento in cui scopre la sua vera identità sessuale. La Arianna del titolo, interpretata dalla debuttante Ondina Quadri (figlia del montatore e regista Jacopo), è una diciannovenne acerba dagli occhi di ghiaccio che si ritrova sola nel casale di infanzia sul lago e ne approfitta per esplorare il suo corpo e la sua sessualità, scoprendo qualcosa che i genitori (Massimo Popolizio e Valentina Carnelutti) hanno scelto per lei quando era troppo piccola per ricordarsene. Prodotto da Ring Film con Rai Cinema e in associazione con Ang Film, Asmara Films ed Essentia, Arianna sarà distribuito da Istituto Luce-Cinecittà dal 24 settembre.

Lavagna, come mai ha scelto questo tema e questo modo di affrontarlo?
Tutto è partito da una reminiscenza di quando ero piccolissimo, avrò avuto 10 anni: facevo spesso il sogno di essere donna e questo naturalmente mi confondeva. Più tardi mi ha indotto a pormi delle domande esistenziali che avevano in sé delle sfumature erotiche e identitarie, domande che mi sono portato dietro tutta la vita. Quando da adulto sono andato a vivere negli Stati Uniti sono venuto in contatto con un’associazione di intersessuali e ho trovato tutto talmente interessante da volerci fare un documentario, che poi negli anni e dopo mille elaborazioni è diventato un film.

La scelta della protagonista è stata decisiva, come è avvenuta?

Ero in cerca dell’attrice quando qualcuno mi ha suggerito di prendere in considerazione Ondina, che è figlia del mio amico Jacopo Quadri. Quando l’ho vista ho pensato subito che fosse la ragazza giusta, anche se rimuginavo sull’opportunità di limare in lei alcuni atteggiamenti. Immaginavo di dover prendere una ragazza e di doverla accompagnare verso una trasformazione, verso l’ambiguità, invece con Ondina ho dovuto fare l’inverso, visti i suoi modi un po’ mascolini. Alla fine Ondina si è fusa con la ricerca di femminilità.

L’attrice è stata molto coraggiosa, ci sono scene delicate di nudo nel film, come le avete affrontate?
Ero un po’ inquieto su questo, e prima di girare ho detto chiaramente a Ondina che sarebbe stato necessario che si esponesse perché nel film la nudità aveva un ruolo determinante, non era una pruderie… ma ho subito capito che non c’era bisogno che mi preoccupassi, mi ha risposto semplicemente “E che problema c’è?”.

Arianna affronta anche il modo che ha la società di confrontarsi con gli ermafroditi…
Sì, anche se spero che parlando di questo tema specifico si riesca a comunicare anche altro, ovvero la necessità di essere liberi di cercare la propria vera identità e di sfuggire alle definizioni. Ma in effetti c’è un discorso sul potere e sul modo pratico in cui storicamente sono stati affrontati questi casi. Spesso l’atteggiamento dei medici non è adeguato, vedono l’ermafroditismo come un problema fisico di chi deve correggere qualcosa sul suo corpo, e se poi si aggiungono altri significati di ordine morale ci sono ripercussioni anche sulla struttura sociale. Se ad esempio la Chiesa diceva che queste persone devono essere messe al rogo o uccise, si aveva di fronte un pericolo chiaro da cui si poteva sfuggire, oggi invece dalla chirurgia estetica che viene fatta “per il tuo bene” non puoi difenderti.

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