VENEZIA – Presentato a Venezia Classici il film documentario di Fariborz Kamkari Acqua e Zucchero, Carlo di Palma, i colori della vita, che non è solo il racconto della vita artistica di Carlo Di Palma – direttore della fotografia, artista-artigiano scomparso nel 2004 – ma è un vero e proprio percorso all’interno del cinema italiano attraverso più di cento film ai quali ha collaborato. Dal neorealismo di Visconti, De Sica, Germi, ai capolavori che hanno segnato la storia della cinematografia mondiale come Deserto Rosso e Blow Up di Michelangelo Antonioni, alla lunga collaborazione con Woody Allen. A guidarci, oltre a straordinarie foto sul set e fuori, interviste d’archivio a di Palma, ci sono le testimonianze inedite raccolte in 10 anni dalla produttrice Adriana Chiesa, compagna del direttore della fotografia negli ultimi 30 anni della sua vita, che ha cominciato le interviste nel 2006 ma nel 2011 ha coinvolto Fariborz Kamkari, “per avere un occhio più distaccato sul materiale, io ero troppo coinvolta”.
Aneddoti e commenti di autorevoli eccellenze del cinema mondiale tra i quali Bernardo Bertolucci, Woody Allen, Wim Wenders, Volker Schlöndorf, Ken Loach, ci accompagnano in questo appassionante viaggio con i colori e la visione di un cinema italiano che rimane per sempre nella storia del cinema mondiale, all’opera di un grande genio contemporaneo Woody Allen. “Il documentario è la mia lettera d’amore e ringraziamento a Di Palma. Se mi trovo a fare questo lavoro è grazie all’amore per quel cinema, di cui è stato uno dei protagonisti”, racconta Kamkari. “Ripercorrere e ricostruire la vita e il lavoro di Carlo Di Palma, è stato un modo per ricordare e richiamare ai metodi e valori del cinema degli “anni d’oro”, italiano, che ha colpito e influenzato i cineasti di tutto il mondo. È anche una lezione di vita: vivere e lavorare con passione, semplicità e rigore. È anche una lezione di arte, che rifiuta i compromessi. È la storia di una lunga ricerca della perfezione, attraverso la sperimentazione e l’innovazione del linguaggio, sia tecnico che artistico, alla ricerca, ogni volta, del miglior modo di raccontare una storia”.
Sarà Microcinema a distribuire nelle sale italiane il film Leone d'Oro 2016, The woman who left, nuovo capolavoro di Lav Diaz. La pellicola, che nonostante il massimo riconoscimento al Lido non aveva ancora distribuzione e che si temeva restasse appannaggio soltanto dei cinefili che l'hanno apprezzata alla 73esima Mostra di Venezia, sarà quindi visibile a tutti, permettendo così agli spettatori del nostro Paese di ammirare per la prima volta un'opera del maestro filippino sul grande schermo
Il film di Denis Villeneuve segnalato dalla giuria di critici e giornalisti come il migliore per l'uso degli effetti speciali. Una menzione è andata a Voyage of Time di Terrence Malick per l'uso del digitale originale e privo di referenti
Il direttore della Mostra commenta i premi della 73ma edizione. In una stagione non felice per il cinema italiano, si conferma la vitalità del documentario con il premio di Orizzonti a Liberami. E sulla durata monstre del Leone d'oro The Woman Who Left: "Vorrà dire che si andrà a cercare il suo pubblico sulle piattaforme tv"
Anche se l’Italia è rimasta a bocca asciutta in termini di premi ‘grossi’, portiamo a casa con soddisfazione il premio Orizzonti a Liberami di Federica Di Giacomo, curiosa indagine antropologica sugli esorcismi nel Sud Italia. Qualcuno ha chiesto al presidente Guédiguian se per caso il fatto di non conoscere l’italiano e non aver colto tutte le sfumature grottesche del film possa aver influenzato il giudizio finale: “Ma io lo parlo l’italiano – risponde il Presidente, in italiano, e poi continua, nella sua lingua – il film è un’allegoria di quello che succede nella nostra società". Mentre su Lav Diaz dice Sam Mendes: "non abbiamo pensato alla distribuzione, solo al film. Speriamo che premiarlo contribuisca a incoraggiare il pubblico"