Affrontare un ‘cinecomic’, per un regista, non è mai impresa da poco. La sfida principale è sempre la stessa: riuscire a rendere il film interessante sia per chi ama il personaggio di turno, che magari ha alle spalle anni e anni di avventure cartacee, sia chi entra in sala senza particolari conoscenze del fumetto in questione, e vuole semplicemente emozioni, avventura e qualche risata come ne otterrebbe da qualsiasi altra pellicola.
Con Captain America poi, le cose si fanno ancora più difficili. Nato come elemento di propaganda durante la seconda guerra mondiale per rappresentare i valori di un’America libera e democratica opposta a un’Europa imperialista e bellicosa, la ‘Sentinella della libertà’ perse com’è naturale la sua popolarità alla fine del conflitto, e già da allora si pose il problema di dover riadattare il personaggio ai tempi. Ci fu un vano tentativo di riciclarlo come cacciatore di comunisti durante i primi anni della guerra fredda, ma il successo fu talmente scarso da costringere gli editori, anni dopo, ad “annullare” quel ciclo di storie dalla continuità della serie, rivelando che il Capitan America degli anni ’50 non era altro che un impostore. Poi, nel 1964, Stan Lee, “papà” di Spider-Man, gli dette un’altra chance: nel numero 4 della nuova serie Avengers (I Vendicatori), Cap – come lo chiamano affettuosamente i fan – si risvegliava nel mondo “moderno”, rendendosi conto di essere rimasto intrappolato per anni sotto i ghiacci. La vera svolta fu privarlo di tutti gli elementi nazionalistici che possedeva in origine e donargli una sensibilità tutta nuova, più universale e umanitaria. Trasformandolo, insomma, da eroe USA a eroe ‘per tutti’.
Captain America – Il Primo Vendicatore di Joe Johnston, in uscita il 22 luglio con Universal, deve affrontare la stessa problematica, che è al contempo tempo culturale e ‘di mercato’. Come rendere simpatico l’eroe anche al di fuori dei confini nazionali e perfino in paesi decisamente non filo-americani come Russia, Ucraina e Corea del Sud, dove il film verrà distribuito?
La prima arma del regista è un’intelligente spruzzata di ben dosata ironia, che in questo caso non inficia assolutamente l’epicità della pellicola ma anzi le aggiunge valore, rendendo le cose interessanti – si vedano ad esempio le origini del costume e del nome di battaglia del personaggio, inizialmente costretto a ballare come una scimmia per il Governo in ridicoli filmati propagandistici, il che è anche una riflessione metacinematografica sulla sua funzione originaria – anche per chi ha letto già tutti i fumetti. E poi, c’è qualche escamotage: in certi paesi il film ad esempio viene titolato semplicemente Il Capitano o Il Primo Vendicatore, soluzione che inizialmente si era pensato di adottare per l’intera rete distributiva.
Un altro elemento da mettere a punto per ragioni commerciali era la sovrabbondanza, nelle storie originali, di riferimenti al nazismo. Il film si ambienta quasi interamente durante il secondo conflitto mondiale e l’antagonista principale, Il Teschio Rosso – interpretato convincentemente da Hugo Weaving – nei fumetti è un galoppino di Hitler a capo della divisione di ricerca delle SS chiamata Hydra. Per poter vendere con tranquillità la pellicola in Germania, dove la visualizzazione di iconografie riconducibili al nazismo è motivo di censura, tutte quelle svastiche dovevano sparire. Ecco dunque che nella pellicola il Teschio rinnega il furher e diventa un ‘villain’ autonomo e, se possibile, ancor più minaccioso.
Interpretato da Chris Evans (già nel ruolo di Torcia Umana nei due film sui Fantastici 4), Tommy Lee Jones e Stanley Tucci, Captain America – Il primo vendicatore si lega direttamente ad altri film sui supereroi Marvel, in particolare a L’Incredibile Hulk, ai due Iron Man e al recente Thor. I riferimenti, come è da tempo noto e come lascia presagire il finale della pellicola di Johnston, sfoceranno in un team-up colossale tra tutti gli eroi, The Avengers (I Vendicatori), previsto per il 4 maggio 2012.
Curiosità: Capitan America era già stato protagonista negli anni ’90 di un film, decisamente low-buget, che, complice il cambio di nazionalità dell’arcinemico Teschio Rosso, da nazista tedesco a fascista italiano, si svolgeva in buona parte nel nostro paese e vedeva la partecipazione di una giovanissima Francesca Neri.
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