Capri: Simposi del cinema


“Ho una buona notizia per il 2005, alla voce produzione, avremo 70 milioni di euro per il cinema d’autore”. Gaetano Blandini, direttore generale per il cinema presso il ministero dei Beni culturali, annuncia al festival ‘Capri, Hollywood’ la notizia forse più importante. Non si parla di attori, di registi, di stili, di conseguenze dell’amore. Si parla di soldi.
“Contrariamente a quanto dicono le solite Cassandre, dopo un incontro tecnico al ministero del Tesoro, le risorse per il sostegno pubblico al cinema italiano sono state assicurate”. Ma nello stesso tempo in cui annuncia che le risorse finanziarie ci sono, Blandini avverte: “Ma attenzione, niente più dilettanti allo sbaraglio. Con questi soldi si produrranno film da far vedere alla gente, non film che rimarranno nel cassetto. Non si produrranno film che non incasseranno neanche un euro sul mercato, perché tanto il debito resta a carico dello Stato. Si produrrà qualche film di meno, ma seriamente. Ci sono dei produttori che fanno bene il loro lavoro, mi vengono in mente Tilde Corsi, Domenico Procacci, Cattleya. E chi fa bene il suo lavoro sarà incoraggiato a continuare a farlo”. Con 70 milioni di euro, dice il dg cinema, si potranno produrre una trentina di film di fascia medio-alta, una dozzina di opere prime e una quarantina di cortometraggi. Appuntamento all’1 marzo, quando la nuova commissione dirà quali film saranno finanziati, partendo dalle risorse disponibili.
Ai ‘simposi del cinema’ del festival “Capri, Hollywood” Ubaldo Livolsi, ad di Cinecittà Holding, spiega a che cosa serve e che cosa sarà il Cinefund, il fondo di investimento per il cinema italiano. “Quanti soldi mi aspetto di raccogliere con il Cinefund? Dai 50 ai 70 milioni di euro, raccolti attraverso tre categorie di investitori. La prima sono gli investitori pubblici, come Cinecittà Holding, il Luce e la Società per lo sviluppo di arte, cultura e spettacolo, la Arcus. Queste istituzioni non potranno guadagnare, per legge, sui propri investimenti, ma soltanto finire ‘in pari’. La seconda categoria saranno le Fondazioni e le Regioni, che investiranno e potranno godere anche di un certo ritorno degli utili. La terza categoria, ovvero gli investitori privati, potranno guadagnare tutto il possibile dai profitti del film”.
Quale è allora la differenza col passato? “Chi investe nel Cinefund non ‘concede un prestito’, ma compie un investimento vero e proprio – risponde Livolsi – Acquista quote di produzione del film. Ne diventa a tutti gli effetti un coproduttore. In questo modo, sia gli investitori che i realizzatori del film hanno tutto l’interesse a che il film guadagni, abbia successo. In questo modo finirà il fenomeno dei film finanziati e poi mai usciti, oppure usciti e mai visti, senza incassi”.
“Così si spinge la formazione di una vera industria del cinema – rilancia Carlo Fuscagni, presidente di Cinecittà Holding – Bisogna tornare a far vedere i film italiani in Italia e conquistare i mercati stranieri”. Come, scusi? “In Italia, facendoli uscire, dando la possibilità al pubblico di vederli. Gli oltre 70 schermi di Cinecittà Cinema e le 100 sale di Circuito Cinema sono già un’ottima finestra. Nel mondo, curando con estrema attenzione la presenza italiana ai festival, alle rassegne e stabilendo rapporti permanenti con distributori all’estero. Quali sono i mercati da scoprire? Cina, Giappone, Russia, India, Turchia, tutta l’area del Mediterraneo. Bisogna saper vendere i film come si vende il made in Italy, come si vendono le automobili”.

31 Dicembre 2004

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