Canà e l’allenatore nel pallone, e il calcio divenne cult


Sono passati quasi 40 anni da quando Oronzo Canà si è seduto per la prima volta sulla panchina calcistica della Longobarda. Un allenatore rivoluzionario che proponeva una tattica di gioco tanto surreale quanto innovativa: la Bizona!

“In che cosa consiste questa Bizona: Voi sapete che le norme generali di tutti gli allenatori del mondo più o meno usano le stesse formazioni, c’è 4-5-1 o 4-4-2, io invece uso una cosa diversa: il 5-5-5.”

Un allenatore Stracult

No, non vi siete sbagliati. Questo non è un articolo di calcio o piazzato per sbaglio sulle pagine di Cinecittà News. Stiamo parlando, infatti, di un classico della nostra commedia cinematografica, un esempio di quei film che finiscono per agganciare non appena ci si imbatte nelle sue immagini trasmesse in tv.

Stiamo parlando de L’allenatore nel pallone con Lino Banfi, nel ruolo di Oronzo Canà: uno dei cult immortali del cinema italiano anni ’80. La pellicola diretta da Sergio Martino esordiva sui grandi schermi nostrani in un momento culturale e storico in cui la febbre per il calcio nel nostro Paese aveva raggiunto temperature forse mai più toccate.

Febbre da calcio

Era l’autunno del 1984 e gli azzurri guidati da Bearzot avevano trionfato due anni prima ai Mondiali di calcio in Spagna dopo una cavalcata impressionante degna di un viaggio eroico. All’amore per questi italiani “che fecero l’impresa” si andava sommando l’euforia per l’apertura delle frontiere ai calciatori stranieri dal gusto esotico visto che in quel periodo la Federazione aveva concesso l’arrivo di un secondo giocatore extra-italiano per squadra, candidando così la serie A a diventare “il campionato più bello del mondo”.

Non a caso uno spunto di trama viene proprio da un fatto di calcio mercato. Il regista Sergio Martino, in uno dei suoi viaggi verso il Sud America, incontrò sull’aereo per Rio de Janeiro Luciano Nizzola e Luciano Moggi (che allora lavorava per il Torino) i quali erano in trattativa per il passaggio di Júnior alla squadra granata. La trattativa terminò pochi giorni prima dell’inizio delle riprese e finì per influenzare lo sviluppo della sceneggiatura.

Era un cinema estremamente ingenuo, in cui anche la battuta più semplice, e che oggi si direbbe politicamente scorretta, strappava risate e simpatia. La sua forza risiede nella capacità di parodiare lo sport più amato degli italiani esaltando i suoi eccessi e i suoi difetti. Il calciomercato, le partite truccate, i soldi in nero, i procuratori avidi, i giornalisti spietati, i brocchi e i campioni, gli affari loschi, gli azzeccagarbugli.

Una su tutte la scena del presidente della Longobarda, il commendator Borlotti che parla al suo allenatore del colpaccio appena concluso: “Sono riuscito ad avere i tre quarti di Gentile e i sette ottavi di Collovati, più la metà di Mike Bongiorno. In conclusione, noi abbiamo ottenuto la comproprietà di Maradona in cambio di Falchetti e Mengoni“.

Il film di Sergio Martino, pur con pochi mezzi, ricostruiva bene il calcio di quegli anni. E soprattutto era pieno di camei importanti: giornalisti come Nando Martellini e Aldo Biscardi, allenatori del calibro di Picchio De Sisti e Niels Liedholm, giocatori in auge quali Pruzzo, Graziani, Ancelotti. E addirittura il campione brasiliano Zico.

Un film e il suo tempo

Ma se c’è qualcosa di veramente sorprendente nel film è l’attenzione a temi che allora erano quasi del tutto ignorati. Il razzismo, per esempio. Certo lo faceva in maniera un po’ goffa e naif, ma raccontando il personaggio del brasiliano Aristoteles, maltrattato dai suoi nuovi compagni di squadra che nella sua pelle nera vedevano un motivo per rifiutarlo. Canà invece si prende cura di lui, relazionandosi con grande naturalezza e senza mai ostacolare il rapporto d’amore tra il giovane giocatore e sua figlia.

“Era un film del suo tempo, ma in un certo senso era anche avanti, nel portare i calciatori dentro la sfera dello spettacolo, in un modo che raramente si era visto prima.” ha scritto addirittura un giornalista sul prestigioso The Guardian, un paio d’anni fa.

Vedere oggi L’allenatore nel pallone ci riporta a quei momenti in cui il calcio non era la scintillante e oliatissima macchina da intrattenimento che è ora: spettacolare sì, ma fredda e acuminata come uno strumento chirurgico. Di quella poesia che innervava il calcio di 40 anni fa, i soldi e la mutata società digitale hanno fatto scempio.

Il film deve tantissimo (se non quasi tutto) a Lino Banfi, mattatore sui generis di quello che restava della gloriosa commediata all’italiana negli anni ’80, che nei panni di Oronzo Canà, allenatore improvvisamente proiettato nel calcio stellare della Serie A, conquista definitivamente il cuore degli italiani e per sempre dà forma a un’icona capace di attraversare le generazioni.

10 curiosità del film

  • Secondo un’ipotesi piuttosto accreditata l’idea per il film fu proprio di Lino Banfi dopo un incontro in aereo con Nils “il barone” Liedholm, il quale gli suggerì di portare sullo schermo un personaggio ispirato all’istrionico allenatore Oronzo Pugliese, detto ‘Il Mago di Turi’.
  • Prima di iniziare le riprese, il regista Sergio Martino si recò a Rio de Janeiro. L’8 aprile 1984 filmò una delle ultime partite del campionato brasiliano allo stadio Maracanã: quando il Flamengo vinse per 3 a 0 contro l’América. Nonostante gli oltre 55 mila spettatori presenti, gli spalti sembravano mezzo vuoti, così integrò le riprese con alcune scene girate puntando la macchina sui tifosi dello Stadio Flaminio di Roma.
  • Tra i set brasiliani ci fu anche un ospedale di Rio, dove furono girate le scene di Canà ricoverato per una finta appendicite, ma gli interni dell’ospedale, centralino escluso, sono stati girati all’Aurelia hospital di Roma (in seguito set della serie televisiva Incantesimo).
  • Dopo le riprese con gli attori, tra cui Banfi e Andrea Roncato, a Rio, il resto della pellicola fu girata in Italia, tra Roma e qualche location nei pressi della città.
  • Incongruenza temporale all’inizio del film: nella bacheca dei trofei di Oronzo Canà a casa sua, c’è una foto di lui in panchina con l’assistente Crisantemi accanto, ma sarà soltanto in seguito che il personaggio interpretato da Lino Banfi incontrerà per la prima volta quello del suo aiutante jettatore!
  • Le partite della Longobarda sono spesso intervallate da filmati di repertorio del campionato italiano di calcio 1983-84. Il regista Martino per ottenere questo effetto di credibilità ebbe un’idea semplice e geniale: la maglia ufficiale della squadra di Canà era bianca così da essere simile a quella di riserva di molte compagini dell’epoca.
  • La prima partita di campionato Roma-Longobarda è stata girata allo Stadio dei Marmi. Nel sottopassaggio degli spogliatoi dello stesso stadio è ambientato l’incontro tra Canà e i giocatori della Roma: Pruzzo, Graziani, Ancelotti, Chierico, mentre gli altri giocatori giallorossi sono semplici comparse.
  • Per il ruolo di Aristoteles, Sergio Martino scelse Urs Althaus, un atleta svizzero con origini nigeriane. Althaus vantava anche esperienze calcistiche nelle giovanili dello Zurigo. Nell’agosto del 2019 l’immagine di Aristoteles è diventata virale sui social in seguito al gol del difensore brasiliano Becao in Udinese-Milan, prima giornata di campionato. La somiglianza tra i due, infatti, è clamorosa.
  • Al termine della partita Longobarda-Atalanta, durante l’invasione di campo, la sceneggiatura prevedeva che i due gemelli capi ultrà della Longobarda portassero Oronzo Canà in trionfo sulle spalle e così avvenne; durante le riprese i due presero il povero Banfi per i testicoli e questo infortunio ispirò la penultima scena comica del film, inizialmente non prevista dallo script.
  • Il viaggio di Canà e del presidente, alla ricerca di un nuovo talento sudamericano si dice fosse parzialmente ispirato al viaggio in Brasile, avvenuto nel 1983, del presidente del Catania Angelo Massimino e del suo allenatore Gianni Di Marzio, conclusosi con l’acquisto dei due brasiliani Luvanor e Pedrinho. Non proprio dei campioni che hanno fatto la storia del nostro calcio.
11 Febbraio 2024

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