Cognome francese, tedesca di nascita, italiana d’adozione. Barbara Bouchet compie oggi 80 anni e fa impressione a pensarci. Lei, che è da sempre il simbolo della commedia leggera in salsa piccante, è cristallizzata in un ricordo di eterna giovinezza. I suoi 80 anni sono portati con eleganza, fascino, signorilità. Icona intatta di una femminilità che il tempo non intacca.
Eppure la sua vita non è stata una passeggiata. Nasce il giorno di Ferragosto del 1943 come Barbara Gutscher nella città di Reichenberg, che da trent’anni ormai fa parte della Repubblica Ceca. Figlia d’arte, è corretto dire. Padre fotografo, madre attrice. Erano tempi durissimi. Dopo la guerra la famiglia si ritrova in una sorta di campo profughi controllato dagli americani. Ed è questo a permettere ai Gutscher di emigrare negli Usa. Ha dodici anni Barbara e lascia l’Europa e la povertà col sogno dell’America stampato in quegli occhi infinitamente blu. Però i sogni ci mettono poco a frantumarsi contro lo scoglio della realtà. La California di Five Points è torrida e tutta la famiglia è costretta a lavorare nei campi di cotone. La svolta arriva quando si trasferisce a Los Angeles e poi a San Francisco, ma non con il sogno del cinema anche se è nel suo DNA: il nonno aveva una sala nella città natale e il padre era stato anche cameraman. Ma l’adolescente Barbara vuole fare danza classica. Come spesso accade il destino trova il modo di farsi strada, a volte travestendosi da “caso” o da colpo di fortuna. Un compagno di scuola manda una foto di Barbara, scattata nella palestra di danza, a un concorso di bellezza. E la ragazza vince il primo premio: un provino a Hollywood. Anche se è una truffa e il provino non esiste, il seme è piantato.
Il sogno dorato della Città della Cinema comincia a mettere radici.
A soli 15 anni parte, nonostante la famiglia la osteggi con forza. Lei è cocciuta. Il desiderio è solido. Pur di restarci e senza l’aiuto della famiglia s’inventa mille lavori: vende polli fritti, scarpe e tanto altro. Cambia cognome nel più pronunciabile e affascinante Bouchet. Arrivano le prime piccole parti al cinema. Che diventano sempre di più e sempre meno piccole fino a che non strega i produttori, conquista registi e compagni di set. A 17 anni firma il contratto con il grande Otto Preminger per Prima vittoria (con Henry Fonda, John Wayne e Kirk Douglas). Da lì continua a lavorare con stelle del calibro di Robert Mitchum, Jack Lemmon, David Niven e perfino Marlon Brando. Nel 1967 è nel cast da capogiro di James Bond 007 – Casino Royale nella parte di Moneypenny, seducente e bellissima segretaria del protagonista. Sul set si alternano, oltre al già citato Niven, personalità del calibro di Peter Sellers, Ursula Andress, Orson Welles, John Huston, William Holden e Jean-Paul Belmondo.
Agli inizi degli anni 70 torna in Europa. La vita di Hollywood resta durissima. Ha 24 anni e ne ha trascorsi nove a combattere per un ruolo, vivendo sempre nella zona d’ombra tra un film e un altro. L’arrivo in Italia le cambia la vita ancora una volta. Si ritrova catapultata nelle commedie cult che la trasformano in icona sexy, simbolo dell’erotismo. Spaghetti a Mezzanotte con Lino Banfi”, Milano calibro 9 di Fernando Di Leo, Una cavalla tutta nuda di Franco Rossetti sono solo alcuni dei 50 titoli che gira in 13 anni: dal primo Colpo rovente di Piero Zuffi (1970) a Diamond Connection con la regia di Sergio Bergonzelli (1982). Solo nel 1972 gira praticamente un film al mese: 12 pellicole uscite in un anno. Non tutte memorabili, ovviamente, ma tra questi spicca il bellissimo thriller di Lucio Fulci: Non si sevizia un paperino.
Poi si ferma, di botto. Lascia il cinema alla soglia dei 40 anni, quando la sua bellezza è ancora fulgida e il sex appeal intatto. È una scelta meditata, una nuova svolta in una esistenza che non contempla la stasi. In cui non si adagia mai nella bolla di comfort dove respirare a ritmi costanti.
La Bouchet si reinventa. Modella la sua personalità sul calco di una nuova identità che mescola il fitness alla presenza sugli schermi, anche se più piccoli di quelli del cinema. Diventa la prima coach di ginnastica in televisione. Il successo delle sue performance aerobiche con “In forma con Barbara Bouchet” e “Body Body” magnetizza milioni di telespettatori. Un successo trasversale mai avuto prima: uomini e donne la seguono con devozione e rispetto. Con il nuovo millennio Barbara Bouchet torna al suo primo amore. Alla sua professione d’attrice per il grande schermo. Lo fa alla grandissima ottenendo un ruolo nel magnifico Gangs of New York di Martin Scorsese che allestisce nel 2002 parte del suo glorioso set a Cinecittà. E da allora in poi, pur centellinando le sue presenze davanti alla macchina da presa, non si ferma più. Compare nel campione d’incassi Tolo Tolo di Checco Zalone e nel riuscito esperimento fantasy-horror all’italiana Una famiglia mostruosa di Volfango De Biasi.
Un capitolo a parte di questo entusiasmante romanzo esistenzial-professionale è il rapporto con Quentin Tarantino. È di dominio pubblico l’ammirazione del regista più cool in circolazione per l’attrice tedesca. La definisce la sua musa. La vuole incontrare alla Mostra de cinema di Venezia e ci riesce. Arriva anche a farla contattare dalla sua segretaria per un ruolo in Bastardi senza gloria ma poi la collaborazione non si concretizza. Il motivo? Tarantino pensava lei parlasse francese, ingannato dal cognome. Voleva che imparasse tutte le battute a memoria risultando credibile, Barbara non se la sentiva. Ed è stata una fortuna. Sempre l’attrice rivela che proprio lui le disse in occasione della festa di Roma che la parte che avrebbe dovuto girare alla fine era stato costretto a tagliarla per la lunghezza eccessiva della pellicola. “Questo ti insegna che non devi offrimi ruoli che possono essere tagliati” è stata la risposta della Bouchet.
Un rapporto di odio e amore quello con Tarantino. Sempre lei ha confessato in più di un’occasione che, se da un punto squisitamente professionale è molto legata al regista di Knoxville e gli deve molto perché ha valorizzato i b-movie riportandoli in voga, umanamente la relazione è sempre stata travagliata a causa dei comportamenti bizzosi e un filo irrispettosi del geniale regista. In più di un caso Tarantino non si è presentato agli appuntamenti, mostrando una certa mancanza di educazione o semplicemente, come ha dichiarato la Bouchet, “Tarantino è un tipo viziato, che si sente in diritto di potersi permettere qualsiasi cosa”.
Oltre 120 film interpretati, alcuni girati senza nemmeno crederci tanto, a volte quasi incastrata in contratti capestro. In altri casi solo la necessità di girare perché la vita dell’attore è sempre in bilico ed è difficile rinunciare quando non sai se ti ricapiterà subito un’altra occasione.
Il suo film preferito?
“Tra i miei film preferiti c’è Valeria dentro e fuori di Brunello Rondi. In quel film non ero truccata, non ero bella ed ero pazza”, ha ammesso.
E i rimpianti?
“Mi sono scappati un paio di registi con cui avrei voluto lavorare – confessa – Visconti e Vittorio De Sica. Con lui feci anche un provino per Il giardino dei Finzi Contini, ma ero così nervosa che tremavo, sudavo. Mi feci fregare dall’emozione e non venni presa”.
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