Con Bulli e pupe Storia sentimentale degli anni ’50 prosegue il viaggio nei mondi giovanili di Steve Della Casa e Chiara Ronchini iniziato con Nessuno ci può giudicare, il doc sui musicarelli italiani. E anche stavolta è il Torino Film Festival, nella sezione Festa mobile, a ospitare e accogliere i due autori. Il film prodotto da Istituto Luce Cinecittà in collaborazione con Titanus e realizzato grazie ai due archivi è un viaggio dentro l’Italia dal secondo dopoguerra fino agli albori degli anni ’60, quando i ragazzi che avevano vissuto impotenti gli orrori del conflitto iniziavano a progettare un futuro nuovo, pieno di speranze ma anche denso di contraddizioni, che puntualmente esploderanno in seguito. Insomma, in un certo senso un prequel di Nessuno ci può giudicare. Tra balli e canzoni, tra tradizioni secolari e mutamenti repentini, il film racconta un paese che comincia a diventare “moderno”, vivendo in pochi anni un cambiamento epocale.
Materiali d’archivio e film simbolici, sono contrappuntati dalle analisi di intellettuali del periodo. Questi anni ’50 non sono solo quelli della Guerra Fredda, della contrapposizione tra cattolici e comunisti. Spiegano gli autori: “Lavorando su tanti archivi (ovviamente l’Istituto Luce, ma anche la library Titanus, i Superottimisti che raccolgono i film di famiglia, il Centro Sperimentale – Cineteca Nazionale) abbiamo visto come le immagini raccontassero anche un’altra storia. E leggendo e ascoltando testi che intellettuali di più parti politiche realizzavano in quegli anni per la radio, o per l’università, o per i loro saggi, abbiamo capito che le speranze e le contraddizioni di quegli anni potevano essere raccontate anche in una luce diversa, come una progressiva onda che vedeva protagoniste proprio le giovani generazioni, le stesse che nel decennio successivo avrebbero rivoluzionato il mondo intero”.
Al Festival di Torino, in Festa mobile, anche il film di Elisabetta Sgarbi I nomi del signor Sulcic, distribuito da Istituto Luce Cinecittà a febbraio prossimo, con Lučka Počkaj, Elena Radonicich, Ivana Pantaleo, Gabriele Levada, Branko Završan, Roberto Herlitzka, Adalberto Maria Merli, Paolo Graziosi e con la partecipazione straordinaria di Claudio Magris e Giorgio Pressburger. Una ricercatrice dell’università di Ferrara va a Trieste per trovare notizie su una donna seppellita nel cimitero ebraico. Da qui comincia una ricerca a più voci e volti, tra Italia e Slovenia, attraverso personaggi che, poco per volta, costruiscono i contorni della storia. Sperimentazioni linguistiche e geografie politiche e umane di confine, passato e presente, realtà e finzione si mescolano nel nuovo racconto dell’autrice che ha scritto insieme a Eugenio Lio e con le musiche a cura di Franco Battiato. Il film è prodotto da Betty Wrong con Rai Cinema.
L’evento genera sul territorio un impatto pari a oltre 2,1 milioni di euro, grazie ai consumi del pubblico, particolarmente appassionato e fidelizzato, e alle spese di organizzazione del festival
I dati della 36a edizione: 62.500 presenze, 2.161 accreditati (stampa e professionali/industry), 26.641 biglietti singoli e un maggior numero di proiezioni gratuite e di ingressi omaggio, rispetto all'edizione 2017
Il regista incontra il pubblico al Torino Film Festival prima della proiezione di Santiago, Italia, il suo documentario sul Cile di Allende e il colpo di stato di Pinochet. "Mentre lavoravo al montaggio, mi sono accorto che il film doveva finire in Italia e raccontare una storia italiana di cui andare orgogliosi, proprio oggi che una grande parte della nostra società è chiusa all'accoglienza"
La Giuria di Torino 36 presieduta da Jia Zhang-ke (Cina) e composta da Marta Donzelli (Italia), Miguel Gomes (Portogallo), Col Needham (UK), Andreas Prochaska (Austria) assegna il premio al Miglior film a