Lo scrittore Bret Easton Ellis – fortemente legato al cinema anche per le memorabili trasposizioni di American Psycho e Le regole dell’attrazione – è ospite alla Festa del Cinema per un incontro ravvicinato con il pubblico. La selezione di clip che servono da spunto per il discorso spazia nell’ambito del cinema americano degli anni ’70, con una sola, unica eccezione in apertura: Novecento di Bertolucci.
“E’ un film che ho visto a soli tredici anni – racconta Ellis – anche se era un film per adulti, grazie a Channel Z, che era una sorta di precursore della HBO e che nella zona di Los Angeles trasmetteva tutti i grossi film di prima visione. Sono rimasto impressionato dalla bellezza visiva di questo melodramma forse un po’ ridicolo e meno sofisticato de Il conformista o Ultimo Tango, ma affascinante per la fotografia di Storaro e la bellezza complessiva. Ci sono molti attori sexy come De Niro, Depardieu o Dominique Sanda, e in effetti alcune scene hanno turbato il mio immaginario erotico per parecchi anni. Era anche parecchio crudo e violento, e lo diventa in particolare da un certo momento in poi, anche grazie alla colonna sonora di Morricone. Inizia come una soap melodrammatica e poi diventa estremamente dark. L’ho visto anche restaurato nella versione director’s cut ed è stato stupendo poterlo gustare come Bertolucci lo aveva pensato”.
Il lungo addio di Altman è il pretesto per parlare del rapporto tra scrittura e schermo, e di quanto un regista sia tenuto ad essere fedele al romanzo di partenza quando lo traspone. “Credo – dice Ellis – che bisogna restare fedeli allo spirito del romanzo. Ad esempio per Le regole dell’attrazione Roger Avary ha modificato molte cose rispetto al mio libro, compreso il periodo storico, ma è rimasto comunque fedele al cuore del romanzo. Quanto a Il lungo addio, ho scoperto anche questo su Channel Z. Lo avrò visto almeno 30 volte. Adoro tutto, i titoli di testa, la colonna sonora di John Williams. E’ sempre lo stesso tema in mille varianti. Ma i critici lo odiarono, e anche gli Studios. Pensarono tutti che il film tradisse Chandler, perché Philip Marlowe ne usciva come un perdente, uno sfigato. Anche qui ci sono alcune scene di grande violenza inaspettata. Shockante ma estremamente divertente. Grande cast. Appare perfino Arnold Schwarzenegger in un piccolo ruolo”.
Ottime parole anche per Shampoo di Hal Ashby, con protagonista Warren Beatty. “E’ stato un blockbuster di quegli anni, insieme a Lo squalo e Qualcuno volò sul nido del cuculo. Ma ai tempi si potevano avere blockbuster anche di una certa profondità. Il film si ambienta nel ’68 durante la notte delle elezioni, anche se è del ’75. E’ una riflessione su come sono nati gli anni ’70. Mentre i ricchi si divertivano c’era in corso un crollo sociale. Era come se ballassero sull’orlo dell’abisso. Ashby era un outsider, un autentico hippie, forse non grande come altri suoi colleghi ma capace di momenti altissimi come in questo caso”.
Interrogato da Alberto Crespi, Ellis interviene anchesulla polemica relativa ai film Marvel e le ultime dichiarazioni di Martin Scorsese e Francis Ford Coppola, che hanno speso parole negative sulla sovrabbondanza di cinecomic nelle sale negli ultimi anni. “Coppola ha 80 anni e i suoi migliori film sono stati fatti 40 anni fa” – ha risposto lo scrittore americano – “Naturalmente non gli piaceranno i film della Marvel perché hanno soppiantato quelli che erano i suoi sogni, quelli di costruire una comunità artistica a Hollywood in questo mondo capitalista. Il Padrino è un esempio di questo, un lavoro artistico che poteva avere successo al botteghino. Anche i film della Marvel sono dei sogni” – ha specificarlo – “C’è sempre un certo snobismo quando si criticano questo genere di prodotti. Alla gente piacciono, c’è qualcosa che attrae, piacciono a persone in tutto il mondo. Ma mi sembrano anche molto blandi, conformisti, molto conservatori. Sono film che parlano di miliardari che gestiscono il potere, non è un mondo democratico, ma alla gente di tutto il mondo piacciono tantissimo.”
A conti fatti, però, lo scrittore sembra convenire con i due registi: “Non è arte: non dipende dal regista, se i registi sono troppo personali vengono cacciati. Vorrei vedere altri tipi di film: Oggi c’è uno studio da cui dipende tutto, la Disney. Saranno loro a decidere tutto. È il futuro del cinema americano. E questo fa un po’ paura”.
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