Born into brothels


Born into brothelsSiamo nell’impenetrabile quartiere a luci rosse di Calcutta, in un intrico di stradine buie, vicoli maleodoranti, gradini scivolosi, immondizia abbandonata: una città proibita dove almeno 7.000 donne si prostituiscono giorno e notte, mentre si beve alcol illegale e si gioca d’azzardo. In quell’India tanto lontana dagli stereotipi new age, tutt’altro che spirituale, vivono anche bambini e bambine. Sono nati là dentro (Born into Brothels) e difficilmente, in una società  condizionata dalle caste, ne usciranno: anche solo per andare a scuola avrebbero bisogno di una marea di certificati, tra cui quello di “buona condotta” dei genitori. Solo due di loro, alla fine del film, riescono ad affrancarsi dalla loro condizione per proseguire un’istruzione e coltivare lo straordinario talento che hanno mostrato, gli altri, nonostante tutti gli sforzi, resteranno prigionieri del bordello. Quasi sempre sono le stesse madri che hanno scelto di riportarli indietro verso un destino purtroppo già segnato. Tuttavia Avijit ha avuto la possibilità di partecipare al World Press Photo Foundation ad Amsterdam, ha frequentato una delle migliori scuole di Calcutta e ora studia cinema al Sundance Institute; mentre Tapasi vive in un collegio femminile e sogna di diventare insegnante.

Questa straordinaria storia altrimenti totalmente ignorata ce la racconta Zana Briski, una fotografa inglese, che ha Born into brothelscombattuto per mostrare a tutti le fotografie dei ragazzi, in mostra a New York, utilizzate per un calendario da Amnesty International, esposte in un sito internet (Kids with Cameras) infine con questo documentario realizzato insieme al filmaker Ross Kauffman. Un documentario che fatto il giro del mondo prima di vincere un Oscar e una valanga di altri premi, che ora esce in Italia con Fandango. Zia Zana, come la chiamano i ragazzi, ha vissuto nel bordello a partire dal ’98 mettendo in piedi un corso di fotografia che ha portato a risultati insperati. Gli scatti dei piccoli allievi, tutti tra i dieci e i quattordici anni, hanno saputo documentare l’umanità e la tragedia di quell’universo chiuso, riuscendo a portare l’obiettivo in un ambiente dove le riprese non sono tollerate e suscitano spesso reazioni violente: i bambini con passione e sfrontatezza non si sono fatti spaventare, elaborando tra l’altro un’estetica che il film restituisce benissimo con il suo impasto di colori e forme.

Oggi Zana Briski sta lavorando a un progetto fotografico sulla mantide religiosa, ma non esclude di fare un secondo film sul commercio illegale degli animali selvatici; mentre Kids with Cameras continua a raccogliere fondi (attraverso la vendita del portfolio) per creare una casa famiglia dove ospitare i figli delle prostitute, ma nel frattempo il progetto si è allargato ad altri paesi: Haiti, con le bambine utilizzate come lavoratrici domestiche, Gerusalemme, con sei bambini israeliani e sei palestinesi, e Il Cairo, con i bambini che vivono raccogliendo la spazzatura nei vicoli della città. “Sono nati progetti legati alla fotografia, all’arte, alla musica, sono arrivate anche richieste di adozione. Abbiamo usato l’esperienza con i bambini di Calcutta come modello da applicare in altre parti del mondo”, ha spiegato Zana.

autore
11 Ottobre 2006

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