Il culto di un’altra generazione di spettatori s’era felicemente concluso – dopo tre stagioni e un film – ma proprio l’avvento delle piattaforme ha fatto conoscere a quelli più giovani la serie-mito Boris e “per l’attesa, i rischi, la voglia di preservare l’esperienza, prevaleva sempre la voglia di non ri-partire; poi sono successe cose vere che ci hanno fatto pensare che il momento fosse tornato: con le piattaforme era riesploso il fenomeno di Boris, poi c’è stata la mancanza di Mattia Torre, e così la voglia di farlo, per noi e per lui”, spiega Lorenzo Mieli, produttore per The Apartment.
La piattaforma non solo distribuisce (nella realtà) ma si fa essa stessa soggetto della serie, infatti, continua Mieli: “L’originale prendeva in giro la tv generalista ma Disney+ non ci ha creato censure: la sfida era essere graffianti e fare satira dentro lo stesso contenitore che stavi graffiando. Disney ha creduto nella bontà della satira”.
La scrittura e la regia sono di Giacomo Ciarrapico e Luca Vendruscolo, ormai orfani del sodale Mattia Torre, che però – per un’intuizione di Mieli – “c’è”: “Con Mattia abbiamo lavorato su Boris, in tre, per oltre 22 ore di prodotto, sinonimo di un infinito cazzeggio, quindi anche qui c’era un istinto a tre teste. C’è mancato il suo stupirci ma per il resto c’era… e speriamo si capisca…” riferiscono i due compagni di scrittura e regia, alludendo anche a quanto si possa ritrovare nella messa in scena.
La chiave di Boris 4 si conferma la stessa, quella a cui il pubblico s’è affezionato nel tempo, ridendo di cuore dell’ironia e della satira rivolte al mondo del “fuori campo” della televisione e della produzione – fortemente realistico, seppur spesso possa essere apparso, per i non addetti ai lavori, come una sarcastica trovata narrativa dal colpo geniale. C’è però evoluzione in questa quarta stagione, infatti, se sono confermati (quasi) tutti i personaggi – il tempo, sin dalla prima puntata, si fa anche tiranno nei confronti della vita reale/finzionale -, il “progresso” temporale, ma anche quello tecnologico, digitale, ha permesso di ricollocare le vicende nell’attualità: “conclusa” l’esperienza de Gli occhi del cuore, capofila di Boris 4 è sempre il regista René Ferretti (Francesco Pannofino) per cui: “L’intelligenza della piattaforma Disney+ anzitutto sta nel farsi prendere in giro: se Boris non graffia non è Boris”.
Con lui, le due star nostrane – Corinna “la cagna maledetta” (Carolina Crescentini) e Stanis La Rochelle (Pietro Sermonti), che da interpreti sono diventati, nel frattempo, anche produttori, con la loro casa di produzione, la SNIP (So Not Italian Production), complice anche quella di Lopez (Antonio Catania), nottetempo anche lui assurto nel ruolo, con l’altrettanto rassicurante… QQQ (Qualità, Qualità, Qualità). L’impresa, questa volta, è mitologica, epica: produrre e girare – a Cinecittà, sede del set della serie – la Vita di Gesù, scritta dagli sceneggiatori interpretati da Valerio Aprea, Andrea Sartoretti e Massimo Di Lorenzo, e naturalmente interpretata da… Stanis! “C’è una citazione dottissima, per cui i nuovi storici sostengono che Gesù sia morto a 50 anni e naturalmente Stanis ci crede”, commenta l’attore; “Ci siamo ritrovati a prendere in giro quelle situazioni dove le cose vengono fatte così… alla cazzo di cane”, continua Catania citando un refrain proprio della serie storica; “Il tentativo è stato cambiare tutto senza cambiare niente: Alessandro Tiberi ha un ruolo differente ma continua a essere schiavo, in un altro posto ma sempre uno schiavo; così Corinna e Stanis si sono sposati ma continuano a odiarsi”, spiega Ciarrapico; beh ma “Stanis e Corinna si sono imposti da soli, in quanto produttori!”, ribatte un serio/faceto René. Sintetizza Vendruscolo: “Essendo un gruppo di personaggi legati alla realtà dovevano aver nel frattempo abitato questo mondo, intanto che quello della tv era radicalmente cambiato: quindi, dovevamo un po’ cambiare la ricetta e Boris non poteva sottrarsi dal parlare del contenuto, diverso dalla televisione di un tempo. Noi siamo anche venditori di risate e se vediamo che c’è un contenitore abbastanza grande per far arrivare cose facendo ridere, scrivere ha ancora un senso”.
La piattaforma, dunque, sinonimo del presente, dell’evoluzione di un mondo, ma soprattutto lo spunto per ironizzare sugli aspetti che della stessa prestano il fianco per cercare delle chiavi di sorriso, non raramente “di pancia”, se – come dice il suo interprete, Paolo Calabresi – “Biascica pensa che le piattaforme siano figure geometriche”.
C’è un grande senso di tenerezza e della malinconia sana in questo progetto e, come racconta Caterina Guzzanti – condividendo il sentire di molti spettatori della prima ora – a Boris “mi sono riappassionate da fan, rivedendolo tutto insieme durante la quarantena, quindi conoscendo anche meglio i personaggi: sono dei boomer che arrancano, prima erano gran maestri della merda e adesso è molto divertente il confronto… con la tecnologia”.
Boris 4, in anteprima – i primi due episodi – per gli accreditati della Festa del Cinema di Roma, in collaborazione con Alice nella Città, è disponibile – 8 episodi da 30 minuti – dal 26 ottobre su Disney+.
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