Bonifacio Angius, l’anarchico alla De André

“Ovunque proteggimi è un film decisamente anarchico nello spirito dei personaggi, quell’anarchia positiva che sembra uscita da una canzone di Fabrizio De André", così il regista Bonifacio Angius


TORINO. “Ovunque proteggimi è un film decisamente anarchico nello spirito dei personaggi, quell’anarchia positiva che sembra uscita da una canzone di Fabrizio De Andrè o da una riflessione pasoliniana. Quell’anarchia vitale, che vuole mettere in discussione le regole, perché non tutto ciò che è legale è giusto”. Il sassarese Bonifacio Angius così parla della sua opera seconda, dopo Perfidia presentato al Festival di Locarno 2014 e Premio Giuria dei giovani. Ovunque proteggimi, in programma nella sezione Festa Mobile e in sala dal 29 novembre, prende il titolo da quel ciondolo religioso che pende nella macchina in cui viaggia il protagonista, Alessandro.

Un cinquantenne solitario che vive ancora con la madre e che affronta la vita e i suoi imprevisti senza difese, mostrando di avere bisogno di un po’ di protezione. Ha una bella voce e una camicia porta fortuna che lo accompagnano durante i suoi concerti di musica folk sarda davanti a uno scarso pubblico. Si arrangia a vivere, confidando nei gratta e vinci e nelle slot-machine, Soprattutto in interminabili bevute che lo portano, dopo una notte di collera distruttiva, in un ospedale. E qui il nostro ‘vinto’ incontra un’altra perdente, Francesca, a cui il tribunale ha tolto il figlio piccolo, Antonio. Si riconoscono simili, ai margini di una società moralista e poco propensa ad ascoltarli, e provano a sostenersi l’uno l’altro, a volersi bene. Il sogno di lei è di riprendersi il bambino ospitato in una struttura famiglia e scappare in nave a Barcellona. Un sogno di fuga che diventa anche quello di Alessandro che ormai non ha più nulla da perdere.

Ovunque proteggimi – prodotto da Ascent Film con Rai Cinema, con il contributo del MiBAC, della Regione Sardegna e il sostegno della Fondazione Sardegna Film Commission – è un film fatto in parte in famiglia perché la protagonista, Francesca Niedda, è la moglie del regista, e anche il bambino Antonio è suo figlio. All’inizio il personaggio di Alessandro doveva essere un cantante da piano bar, poi il regista ha preferito una figura meno stereotipata, quella di un cantante del folk sassarese e si è ispirato in particolare a Ginetto Ruzzetta.

“Lavoro in maniera molto istintiva, sono partito dal film precedente Perfidia ma non volevo rifare lo stesso film. Così ho cercato dei personaggi che avessero delle caratteristiche opposte a quelle di Angelino dominato dalla passività, dalla remissività”, afferma il regista. L’impulsività di Alessandro e la timidezza di Angelino fanno parte anche del temperamento di Angius e il suo modo di costruire i personaggi è quello di partire da se stesso, cioè prendere delle sue caratteristiche e portarle all’estremo e costruire su queste esagerazioni dei personaggi. “Più li descrivi e più hai la sensazione di sapere tutto di loro, quasi diventi loro. Mi è accaduto sia per il personaggio maschile che per quello femminile di Ovunque proteggimi”.

“Il mio personaggio è stato costruito in famiglia, è cresciuto in casa, ma non ci sono stati provini – aggiunge Francesca Niedda – E’ stato cucito sulla mia persona che si è rivelata adatta al ruolo. C’è stato un rapporto di simbiosi con il personaggio di Francesca che si è andato via via costruendo. Tutto è stato molto spontaneo”. L’altro protagonista, Alessandro Gazale, racconta che il lavoro per il film è cominciato due anni prima delle riprese, Dopo la lettura della sceneggiatura, sono iniziati gli incontri con Bonifacio, e la sceneggiatura per fortuna era molto descrittiva. Bonifacio disegna molto bene i personaggi, i luoghi, le situazioni, e così si è fatto da subito l’idea di chi fosse Alessandro.

“La forza di Perfidia era l’ambiguità del personaggio, qui invece Alessandro e Francesca, essendo totalmente impulsivi, un libro aperto danno la possibilità di essere più arioso, forse più ironico perché i personaggi affrontano il mondo in modo più diretto. Non ho mai trattato questi personaggi come dei ‘matti’, non li ho visti come dei ‘folli’, mi interessa invece la reazione che un essere umano può avere in base alle esperienze che vive”, conclude Angius.

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