Blandini/Siae e Paolillo/Confindustria cultura: bene equo compenso

Entrambi contestano le dichiarazioni di Elio Catania, presidente di Confindustria Digitale, e sottolineano che l'adeguamento è una misura applicata in tutti i principali paesi europei


“Sembra piuttosto chiaro che Confindustria digitale non reputi la cultura una priorità del nostro sistema economico”. Così Gaetano Blandini, DG di SIAE, commenta le dichiarazioni di Elio Catania, presidente di Confindustria Digitale. “Lo si deduce dal fatto che il presidente Catania continua a sostenere che la copia privata sia ingiustificata e soprattutto che rappresenti interessi unilaterali: o Catania non sa bene come funziona l’economia, oppure è in malafede e vuole vendere l’Italia alle grandi multinazionali tecnologiche che pagano le tasse in altri Paesi e che non contribuiscono allo sviluppo del nostro. Sostenere la creatività italiana, invece, significa tutelare un settore produttivo dell’Italia che traina tutta l’economia nazionale, e che fornisce contenuti per le nuove tecnologie, senza i quali le multinazionali, che Catania difende, non guadagnerebbero un euro”. 

“Il provvedimento – prosegue Blandini – è una misura riconosciuta in tutti i principali paesi europei: basti pensare che in Francia, dove il compenso di copia privata per uno smartphone, ad esempio, va dagli 8 ai 16 euro (contro i 4,00/5,20 euro dell’Italia), il mercato è cresciuto del 35%. Inoltre – conclude Blandini – la creatività del nostro Paese e le migliaia di donne e di uomini che lavorano nell’industria culturale italiana, nomi noti e non noti, che si sono espressi a favore della copia privata, penso meritino più rispetto e considerazione di quanto il disprezzo di Confrindustria digitale stia dimostrando”.

Anche Marco Polillo, presidente di Confindustria Cultura difende il decreto del Governo che ha adeguato i compensi per le riproduzioni ad uso personale di musica e film su device come smartphone e tablet. “E’ una falsa rappresentazione quella che vede l’equo compenso come una tassa sull’innovazione e nemica dei giovani consumatori di tecnologie digitali.L’adeguamento del compenso è un processo in atto in molti Stati membri. Prima dell’Italia hanno adattato il compenso a smartphone e tablet, Francia, Germania, Austria, Olanda, Belgio e Svezia”.

Una delle critiche mosse al provvedimento del ministro Franceschini sarebbe di non aver tenuto conto dell’evoluzione tecnologica che favorirebbe un consumo prevalente in streaming: “La Svezia, mercato leader nello streaming musicale, con il 70% del mercato che genera ricavi da questo segmento (IFPI 2013), – sottolinea Polillo all’ANSA – lo scorso anno ha approvato una revisione della norma che include smartphone e tablet nel compenso per copia privata. Nella stessa Francia i consumatori che utilizzano lo streaming sono il 36% (Ipsos) e nel 2013 anche qui sono state elevate le tariffe su smartphone e tablet, molto al di sopra della media italiana. Insomma non è vero. Come non è vero il fatto che questo compenso frenerebbe lo sviluppo digitale in Italia: è smentito dai dati sul mercato dei device di altri Paesi dove già si può misurarne l’impatto”. “E’ evidente – precisa Polillo – che l’applicazione del compenso non ha alcun effetto depressivo del mercato e in ogni caso tutti i device sono utilizzati per archiviare contenuti protetti da copyright”.

Confindustria Cultura Italia nega anche che il “compenso possa andare a rimpinguare il bilancio della SIAE. La società ha solo un mandato per legge di incassare tale compenso ma l’intera somma viene poi ripartita agli aventi diritto: autori, editori, artisti e imprese del settore”.

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